In un futuro distopico e postapocalittico, tra le strade di una metropoli massacrata dal terzo conflitto mondiale, il Male ha il volto di un bambino. Tokyo è una città alienante ed anarchica, guidata in qualche modo da politici corrotti, appoggiati, più per interesse che per convinzione, dal braccio violento di un ordine militare assolutista, cui si contrappongono segrete organizzazioni ribelli che non disdegnano di ricorrere al terrorismo per inseguire un vago sogno di democrazia, bande di teppisti motorizzati in eterna lotta tra loro, e sette religiose che invocano il ritorno del leggendario Akira: “Questa città è un frutto troppo maturo che sta per cadere nelle nostre mani, e il vento che soffierà si chiamerà Akira”.
Una bianca figura si staglia all’improvviso sulla strada buia. Tetsuo, alla testa di una gang di motociclisti, è costretto a una brusca frenata: la sua moto sbanda e si ferma, e con essa la sua stessa vita. La figura, avvolta in una luce, si avvicina: ha il numero 26 inciso sul palmo della mano, un volto da vecchio in un corpo da bambino. Un istante, e Tetsuo viene catapultato sull’asfalto; la sua moto esplode, mentre la misteriosa figura scompare sotto gli occhi attoniti di Kaneda, il leader della banda.
Questo è l’incalzante incipit di un’opera seminale, visionaria e rivoluzionaria, che ha segnato in maniera indelebile la storia dell’animazione. Tratto dall’omonimo manga, la cui pubblicazione è iniziata nel 1982 sulla rivista Yangu Magajin, edita dalla Kodansha, l'anime è divenuto un vero e proprio cult negli anni Ottanta. Sceneggiatura e disegni sono di Katsuhiro Otomo, che si occupa anche della regia, degli storyboards e della supervisione generale del film, uscito nelle sale nel 1988.
Otomo illustra, con un disegno pulito e minuzioso, un’adolescenza sporca e violenta, trascinata tra droghe e scontri in moto, improvvisamente sconvolta dall’irruzione di capacità psicotelecinetiche, che trasformano dei disadattati borderliners di una società corrotta, in folli divinità.
Il kolossal animato, realizzato con cura maniacale unica che sfida il perfezionismo delle tavole del manga, ottenne un successo planetario, ma non mancarono le critiche, dovute soprattutto ai diversi tagli e alle consistenti e cruciali differenze narrative rispetto alla storia raccontata nel monumentale fumetto, che era ancora in corso di pubblicazione quando uscì l’opera cinematografica e che fu concluso anni dopo. Alcuni fans non gradirono lo scarsissimo spazio dedicato a personaggi cardine come Lady Miyako e il Clown, e il notevole ridimensionamento subito dalle storie di Roy, Kaori e dello stesso Akira. Ma si tratta degli inevitabili compromessi imposti dal tentativo di racchiudere in un paio d’ore di trasposizione cinematografica un’opera mastodontica in quantità, densità e qualità, come quella realizzata su carta da Otomo; saggiamente, il lavoro realizzato dal Maestro nipponico per il grande schermo è stato più una libera rielaborazione che una vera e propria riduzione dell’opera originale.
Insieme a Tetsuo: The Iron Man di Tsukamoto Shinya, Akira rappresenta l’esempio più rappresentativo del cyberpunk nipponico, caratterizzato dalla presenza di temi come la realtà postnucleare e il rapporto simbiotico fra uomo e macchina, luoghi ossessivi dell’immaginario giapponese, da Tetsuwan Atom di Osamu Tezuka fino ai robot giganti ideati da Go Nagai, o a quelli che popolano la saga di Evangelion. Il manga-movie di Otomo centrifuga miriadi di influenze, fonde elementi di 2001: Odissea nello spazio, I guerrieri della notte, Blade Runner e Il pianeta proibito, pur mantenendo una sua purezza e autonomia filmica e intellettuale. Più che un film, è una vera e propria ricerca filosofica, volta a sperimentare nuove vie di purificazione, attraverso le quali il Male e il Bene si presentano così confusi tra loro che ogni personaggio, anche il più controverso, contiene in sé le due essenze e non riesce mai a scinderle completamente.
Ultra-nichilismo, violenza e visionarietà in una sintesi di cultura cyberpunk, fantascienza e misticismo, accompagnate dalle note di una colonna sonora memorabile affidata a Geinoh Yamashiro, il quale, tra ritmi tribali e sintetizzatori, ricorda allo spettatore che “Akira vive nei nostri cuori”. E lo schermo, ancora una volta, si illumina di luce propria.
Mariangela Sansone
Sezione di riferimento: Animazione
Scheda tecnica
Titolo originale: Akira
Anno: 1988
Regia: Katsuhiro Otomo
Sceneggiatura: Katsuhiro Otomo
Fotografia: Katsuji Misawa
Musiche: Shoji Yamashiro
Durata: 124’
Uscita in Italia: Dvd maggio 2002, al cinema il 29-05-2013