Tratto dal testo Oms en série dello scrittore francese Stefan Wul, Il pianeta selvaggio è il primo lungometraggio di René Laloux, autore che si sarebbe distinto nell’ambiente dell’animazione con altri due film a sfondo fantascientifico: Les maîtres du temps e Gandahar. L’opera, in equilibrio fra un certo surrealismo e il lavoro di Hieronymus Bosch, e caratterizzata da una tecnica di animazione “limitata” e fumettistica, è frutto della collaborazione di diverse forze creative in grado di dare alla luce un film ricchissimo dal punto di vista immaginativo, evocativo e ideologico.
Diretto da Laloux e animato da Roland Topor – illustratore, pittore, scrittore ma anche attore in film quali Nosferatu di Herzog e Ratataplan di Nichetti – negli studi di Jiří Trnka a Praga, Il pianeta selvaggio è influenzato dall’ambientazione europea che l’ha prodotto: il ’68 è da poco alle spalle, i fermenti culturali ancora caldi e gravidi, ma soprattutto il contesto francese è prepotente.
La Francia ha offerto due dei testi più importanti e interessanti appartenenti al contesto distopico-fantascientifico: il già citato Oms en série e La planète des singes (Il pianeta delle scimmie) di Pierre Boulle, entrambi contrassegnati da una forte componente anti specista. È proprio questa qualità che rende Il pianeta selvaggio un’opera di spessore, che “usa” il linguaggio della fantascienza – genere che «arriva da un bordello ma vuole fare irruzione nel palazzo in cui sono riposti i più sublimi pensieri della storia degli uomini» (Stanislav Lem) – per criticare il mondo che ci circonda.
In un luogo e in un tempo posteriore alla Terra che conosciamo, ma strettamente legato alle dinamiche che regolano la difficile relazione tra indigeni e stranieri, i Draag e gli Om (con)vivono sul pianeta Ygam, inospitale per lo più e urbanizzato per una piccola parte. Le città sono abitate dai Draag, umanoidi dalle dimensioni giganti che appartengono a una razza avanzatissima tecnologicamente ma che, allo stesso tempo, conserva dei rituali meditativi che permettono di viaggiare al di fuori dei loro corpi e di trovare unione con altri esseri a loro simili. Al di fuori delle mura del tessuto abitativo troviamo gli Om, esseri umani provenienti dal pianeta Terra, per lo più costretti a vivere allo stato brado come selvaggi, avendo dimenticato le proprie origini.
Alcuni Om sono invece addomesticati e utilizzati come giocattoli dai Draag più giovani. Tra questi vi è Terr, Om dalle grandi abilità fisiche e intellettive che capisce quanto il ruolo dell’educazione sia importante nella vita dei padroni e che, dopo aver potuto usufruire delle lezioni grazie a un cerchietto mnemonico da applicare alle tempie, decide di appropriarsi di questo potente “device” per donarlo ai suoi simili. Terr/Prometeo deruba e si oppone all’ideologia dominante e oppressiva per concedere il sapere – detenuto e tesaurizzato dai Draag – agli Om e favorirne la rivoluzione.
In concorso a Cannes durante la 26ª edizione del festival assieme a film del calibro de La grande abbuffata di Marco Ferreri, Un Amleto di meno di Carmelo Bene e Aguirre, furore di Dio di Werner Herzog (Quinzaine des Réalisateurs), Il pianeta selvaggio è esempio riuscito di creatività al di fuori delle barricate, un'opera che rovescia convenzioni tecniche e ideologiche per instaurare un discorso che non offre risposte ma fa sorgere domande. Montaggio e animazione si riducono al minimo e si limitano a distinguere emotivamente il percorso di Terr e degli Om che, dimentichi del glorioso passato del loro pianeta, vivono in un futuro selvaggio e violento che non può non essere un oscuro preambolo a un luminoso futuro fatto di prosperità e conoscenza.
Visionato a poco più di quarant’anni dalla sua uscita, il pregevole lavoro di Laloux si fa ammirare per la sua libertà artistico/espressiva, che trascendendo l’impostazione tecnica gli permette di non “litigare” con i tempi cinematografici in continua evoluzione.
Emanuel Carlo Micali
Sezione di riferimento: Animazione
Scheda tecnica
Titolo originale: La planète sauvage
Anno: 1973
Regia: René Laloux
Sceneggiatura: Stefan Wul, René Laloux, Roland Topor
Fotografia: Boris Baromykin , Lubomir Rejthar
Musica: Alain Goraguer
Durata: 72’