Ispirato a Taketori monogatari (Il racconto di un tagliabambù), uno dei racconti giapponesi più antichi e popolari risalente al X° secolo, il film ruota attorno alla figura di Kaguya, minuscola creatura dalle sembianze di una principessa ritrovata all’interno di una canna di bambù da Okina, un anziano taglialegna. Una volta arrivato a casa la piccola creatura si trasforma improvvisamente in una neonata davanti agli occhi di Okina e di sua moglie; i due decidono quindi di tenerla e di allevarla come fosse figlia loro, scoprendo presto che Kaguya cresce con una rapidità davvero incredibile e sorprendente, tanto da essere soprannominata "Gemma di bambù" dai ragazzi del villaggio. Qualche tempo dopo Okina trova nel bosco, sempre all’interno di una canna di bambù, vesti preziose e regali insieme a una considerevole quantità d’oro, con cui si convince della natura divina della bimba. L’uomo decide quindi di farle costruire un palazzo in città e di trasferirvisi in modo da introdurla alla vita di società, affinché possa conoscere pretendenti di un certo lignaggio, degni di lei. Per Kaguya, strappata dall’amata e semplice vita di montagna, è l’inizio di un percorso difficile e doloroso in cui si imbatterà in uomini nobili e potenti ma arroganti e poveri di spirito.
La storia della principessa splendente, progetto inseguito a lungo da Takahata, ha richiesto ben otto anni di lavorazione, con un incredibile sforzo produttivo (pari a cinque miliardi di yen) che purtroppo non è stato premiato dal pubblico, nemmeno nel paese del Sol Levante dove l’ultima opera di Miyazaki aveva registrato incassi stellari. Un destino triste e beffardo per quello che rischia seriamente di essere l’ultimo film d’animazione del cofondatore dello Studio Ghibli, che il prossimo ottobre compirà ottant’anni.
In questo suo nuovo lavoro il maestro giapponese adotta uno stile in parte già sperimentato nel precedente My Neighbors the Yamadas, tuttora inedito in Italia sebbene siano già passati quindici anni dalla sua realizzazione. Il tratto del disegno è grezzo ed essenziale, i contorni sembrano fatti a carboncino mentre per i colori si fa ricorso agli acquerelli. Una scelta stilistica lontana dalla maggior parte dei lavori dello Studio Ghibli, in grado di conferire grande fluidità, dinamicità e plasticità alle immagini e di rendere al meglio i cambi d’umore della protagonista. A tal proposito è impossibile non citare l’incredibile scena della fuga – immaginaria – di Kaguya dal banchetto di nominazione, organizzato per festeggiare il suo ingresso in società, resa attraverso un brusco cambio del tratto di matita che diviene secco e nervoso, a sottolineare il repentino cambio di stato d’animo della giovane principessa, sconvolta e rattristata dai commenti stupidi e volgari di alcuni uomini presenti alla festa.
L’incanto e la magia di un’antica fiaba emergono con forza dai disegni di Takahata, che descrive il passare delle stagioni con un tocco unico e sorprendente; la tavolozza cromatica, con i suoi colori intensi e luminosi ma al contempo lievi e delicati, rende al meglio l’arrivo della primavera in uno scenario puro, semplice e incontaminato che fa da sfondo ai primi anni di vita della principessa splendente, costretta poi ad abbandonare la vita di montagna per quella di città, scandita da regole rigide e complesse.
Istruita alle buone maniere, alla calligrafia e all’arte della musica, chiusa in una sorta di gabbia dorata dal padre adottivo che sogna per lei una vita da nobildonna, Kaguya si rinchiude in se stessa, diviene sempre più silenziosa e solitaria, avvinta e sacrificata a una vita che non ha scelto. Nel frattempo la sua fama si estende, la sua bellezza diviene leggendaria e i pretendenti aumentano a dismisura, così come cresce il rimpianto e la nostalgia per la vita di un tempo, passata in compagnia dei ragazzi della montagna. Solo il meraviglioso spettacolo della natura, elemento da sempre ricorrente e caro allo Studio Ghibli, sinonimo di vita, gioia e serenità, nel suo mutare, fiorire e sbocciare può mitigare la tristezza della principessa, che si ritrova suo malgrado a essere circondata e desiderata da uomini ottusi, subdoli e lascivi. Un mondo a lei estraneo, lontano dal suo animo puro, nobile e dolente, che anela a una felicità perduta e ormai lontana.
Nel finale, poetico e fiabesco, si raggiungono vette sublimi esaltate dalle note soavi composte dal maestro Joe Hisaishi, che alla sua prima collaborazione con Takahata realizza una partitura incantevole e ispiratissima. Immagini evocative, di una bellezza abbacinante, per un epilogo lirico e straziante come raramente capita di vedere di questi tempi.
Boris Schumacher
Sezione di riferimento: Animazione
Scheda tecnica
Titolo originale: Kaguyahime no monogatar
Anno: 2013
Regia: Isao Takahata
Sceneggiatura: Isao Takahata, Riko Sakaguchi
Musiche: Joe Hisaishi
Durata: 137’
Uscita italiana: 3 novembre 2014
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