Serge Tanneur è un celebre (ex) attore di cinema e teatro che conduce una vita appartata e solitaria all'Ile de Ré. Da anni si è ritirato dalle scene, stanco della falsità e della cattiveria insita in un mondo zeppo di approfittatori e meschinità. Il collega e vecchio amico Gauthier Valence si reca presso di lui, e gli propone di tornare a lavorare per interpretate Alceste in una nuova rappresentazione del Misantropo di Molière. All'inizio Serge appare molto dubbioso, ma quando i due iniziano a provare insieme le battute della pièce, la fiamma dell'Arte si riaccende in lui, poco alla volta. Tra lunghe passeggiate in bicicletta e accesi confronti in cui si mescolano finzione scenica e vita reale, i due si mordono a vicenda in reiterate schermaglie dialettiche a causa delle quali tentano di sopravanzarsi uno con l'altro, lasciando esplodere i lati peggiori delle proprie personalità.
Fuori i secondi, che il match abbia inizio: non è permesso gettare la spugna, né cadere al tappeto. Bisogna vincere, perché l'orgoglio lo impone. L'Arte si insinua nella vita, e viceversa, permettendo alla parola di divenire essenziale ed esiziale strumento di scherno, gioco e vendetta. La recitazione altro non è se non lo specchio riflesso dei buchi neri che dilaniano la nostra coscienza. Si può barare all'infinito, ma all'atto conclusivo la verità non può che uscire allo scoperto. Nel mezzo, c'è spazio per dispetti, invidie e falsità, in una sciarada che frulla attimi di malcelata stima e pozzi di odio profondo. L'uomo, in fondo, è un animale crudele, pronto a perdere perfino la dignità, per intavolare battaglie clandestine che non potranno che generare sconfitte irreparabili, acuendo la convinzione di come la solitudine sia l'unica vera fonte di salvezza.
Descritto così, Molière in bicicletta, presentato fuori concorso al Torino Film Festival e uscito nelle sale italiane il 12 dicembre, pare un film ebbro di delusione e malinconia. Lo è, infatti, nelle sue precipue soluzioni logistiche e narrative. Ma quella che poteva limitarsi a essere un'amara riflessione sulla grettezza umana, si rivela invece nelle mani di Philippe Le Guay un elegantissimo e intelligente esempio di cineteatro, condotto con assoluta saldezza attraverso gli sguardi dei suoi sublimi protagonisti, uno scatenato Lambert Wilson e il solito, meraviglioso Fabrice Luchini; due attori di livello eccelso, pronti a dare il meglio gettandosi in folgoranti sequenze in cui si scornano impazziti mordendosi l'un l'altro, accompagnati da una messinscena che sa alternare con pieno costrutto registri comici e sguardi indagatori, ficcanti ironie e pepate riflessioni.
Wilson contro Luchini, faccia a faccia, voce a voce, in un continuo duello irto di pugnalate a tradimento; tra di loro una donna disillusa che cerca di guardare al futuro (la bravissima Maya Sansa), una ragazza che cerca di intraprendere una carriera da attrice di film porno, e le piccole macchiette di un microcosmo chiuso in se stesso, in cui non è semplice trovare uno spazio autonomo. Eppure è proprio lì, all'Ile de Ré, teatro a cielo aperto contornato di spiagge e sentieri nel verde, che si consuma questa appassionante e grottesca pièce in cui i protagonisti provano a lungo le scene di Molière, interrotti da odiosi cellulari che suonano in continuazione e da battibecchi che li pongono al livello di ingenui bimbi a caccia di un improbabile trionfo ai danni dell'avversario.
Già autore dell'ottimo Le donne del sesto piano, Le Guay conferma la sua capacità di lavorare su più generi, compattando una sceneggiatura fresca (nata da un'idea dello stesso Luchini) che in pochissimi momenti cala d'intensità e fervore. Conscio dell'eccezionalità degli attori con cui ha a che fare, il regista riesce a non imbrigliarli, lasciandoli liberi di esaltarsi in scene strepitose, il cui elenco si spreca: lo sfogo di Luchini contro i sopracitati cellulari, il suo goffo tentativo di parlare in italiano per pareggiare l'acerrimo rivale, il morettiano canto in macchina sulle note de "Il Mondo" di Jimmy Fontana, il mezzo affogamento di Wilson nella Jacuzzi, l'inserimento di battute indimenticabili (“Lei vuole fare i film porno. ha già provato, dice che le piace. L'unica scocciatura sono gli orari delle riprese. Già, in effetti una doppia penetrazione alle otto del mattino è una cosa complicata; alle dieci invece è più semplice... viviamo in un'epoca straordinaria”).
Senza eccessivi scollamenti, con un piglio mai compiaciuto e un epilogo tutto sommato inatteso, Molière in bicicletta risulta così un'operazione colta e affascinante, che ha entusiasmato il pubblico francese generando ottimi incassi. D'altronde, per usare le parole pronunciate da Le Guay in conferenza stampa, "in Francia abbiamo il miglior pubblico del mondo. Ci sono dei bravi cineasti, ma abbiamo anche tutta una serie di leggi che tutelano l'industria cinematografica. E soprattutto ci sono ancora tante sale con la gente pronta a riempirle. I francesi vanno tanto al cinema: siamo sempre pronti a discutere del film quando usciamo dalla sala. Ci sono perfino dialoghi accesi tra coniugi o semplicemente tra spettatori che la pensano diversamente su un film. Non si tratta solo di una forma di intrattenimento; la nostra cultura si nutre di cinema, un'arte che fa davvero parte della vita".
Vogliamo fare un confronto con l'imbarazzate situazione italica? No, per carità, lasciamo stare. Limitiamoci a dire che Molière in bicicletta è un film seducente, fresco e delizioso; un gioiello da vedere e godere, possibilmente in lingua originale.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Torino 31
Scheda tecnica
Titolo originale: Alceste à bicyclette
Regia: Philippe Le Guay
Sceneggiatura: Fabrice Luchini, Philippe Le Guay
Attori: Fabrice Luchini, Lambert Wilson, Maya Sansa
Anno: 2013
Durata: 105'
Fuori i secondi, che il match abbia inizio: non è permesso gettare la spugna, né cadere al tappeto. Bisogna vincere, perché l'orgoglio lo impone. L'Arte si insinua nella vita, e viceversa, permettendo alla parola di divenire essenziale ed esiziale strumento di scherno, gioco e vendetta. La recitazione altro non è se non lo specchio riflesso dei buchi neri che dilaniano la nostra coscienza. Si può barare all'infinito, ma all'atto conclusivo la verità non può che uscire allo scoperto. Nel mezzo, c'è spazio per dispetti, invidie e falsità, in una sciarada che frulla attimi di malcelata stima e pozzi di odio profondo. L'uomo, in fondo, è un animale crudele, pronto a perdere perfino la dignità, per intavolare battaglie clandestine che non potranno che generare sconfitte irreparabili, acuendo la convinzione di come la solitudine sia l'unica vera fonte di salvezza.
Descritto così, Molière in bicicletta, presentato fuori concorso al Torino Film Festival e uscito nelle sale italiane il 12 dicembre, pare un film ebbro di delusione e malinconia. Lo è, infatti, nelle sue precipue soluzioni logistiche e narrative. Ma quella che poteva limitarsi a essere un'amara riflessione sulla grettezza umana, si rivela invece nelle mani di Philippe Le Guay un elegantissimo e intelligente esempio di cineteatro, condotto con assoluta saldezza attraverso gli sguardi dei suoi sublimi protagonisti, uno scatenato Lambert Wilson e il solito, meraviglioso Fabrice Luchini; due attori di livello eccelso, pronti a dare il meglio gettandosi in folgoranti sequenze in cui si scornano impazziti mordendosi l'un l'altro, accompagnati da una messinscena che sa alternare con pieno costrutto registri comici e sguardi indagatori, ficcanti ironie e pepate riflessioni.
Wilson contro Luchini, faccia a faccia, voce a voce, in un continuo duello irto di pugnalate a tradimento; tra di loro una donna disillusa che cerca di guardare al futuro (la bravissima Maya Sansa), una ragazza che cerca di intraprendere una carriera da attrice di film porno, e le piccole macchiette di un microcosmo chiuso in se stesso, in cui non è semplice trovare uno spazio autonomo. Eppure è proprio lì, all'Ile de Ré, teatro a cielo aperto contornato di spiagge e sentieri nel verde, che si consuma questa appassionante e grottesca pièce in cui i protagonisti provano a lungo le scene di Molière, interrotti da odiosi cellulari che suonano in continuazione e da battibecchi che li pongono al livello di ingenui bimbi a caccia di un improbabile trionfo ai danni dell'avversario.
Già autore dell'ottimo Le donne del sesto piano, Le Guay conferma la sua capacità di lavorare su più generi, compattando una sceneggiatura fresca (nata da un'idea dello stesso Luchini) che in pochissimi momenti cala d'intensità e fervore. Conscio dell'eccezionalità degli attori con cui ha a che fare, il regista riesce a non imbrigliarli, lasciandoli liberi di esaltarsi in scene strepitose, il cui elenco si spreca: lo sfogo di Luchini contro i sopracitati cellulari, il suo goffo tentativo di parlare in italiano per pareggiare l'acerrimo rivale, il morettiano canto in macchina sulle note de "Il Mondo" di Jimmy Fontana, il mezzo affogamento di Wilson nella Jacuzzi, l'inserimento di battute indimenticabili (“Lei vuole fare i film porno. ha già provato, dice che le piace. L'unica scocciatura sono gli orari delle riprese. Già, in effetti una doppia penetrazione alle otto del mattino è una cosa complicata; alle dieci invece è più semplice... viviamo in un'epoca straordinaria”).
Senza eccessivi scollamenti, con un piglio mai compiaciuto e un epilogo tutto sommato inatteso, Molière in bicicletta risulta così un'operazione colta e affascinante, che ha entusiasmato il pubblico francese generando ottimi incassi. D'altronde, per usare le parole pronunciate da Le Guay in conferenza stampa, "in Francia abbiamo il miglior pubblico del mondo. Ci sono dei bravi cineasti, ma abbiamo anche tutta una serie di leggi che tutelano l'industria cinematografica. E soprattutto ci sono ancora tante sale con la gente pronta a riempirle. I francesi vanno tanto al cinema: siamo sempre pronti a discutere del film quando usciamo dalla sala. Ci sono perfino dialoghi accesi tra coniugi o semplicemente tra spettatori che la pensano diversamente su un film. Non si tratta solo di una forma di intrattenimento; la nostra cultura si nutre di cinema, un'arte che fa davvero parte della vita".
Vogliamo fare un confronto con l'imbarazzate situazione italica? No, per carità, lasciamo stare. Limitiamoci a dire che Molière in bicicletta è un film seducente, fresco e delizioso; un gioiello da vedere e godere, possibilmente in lingua originale.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Torino 31
Scheda tecnica
Titolo originale: Alceste à bicyclette
Regia: Philippe Le Guay
Sceneggiatura: Fabrice Luchini, Philippe Le Guay
Attori: Fabrice Luchini, Lambert Wilson, Maya Sansa
Anno: 2013
Durata: 105'
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