I ghiacciai si sciolgono. Troppo in fretta. Il mondo si sfalda senza più controllo. La scienza ha esaurito le sue risorse. I danni compiuti dall'uomo hanno raggiunto dimensioni incalcolabili. La natura inizia a vendicarsi, com'è giusto che sia.
Alcuni studiosi vivono in una stazione meteorologica sperduta tra le Alpi, per condurre ricerche riferite ai recenti cambiamenti climatici. All'improvviso alcuni blocchi di ghiaccio assumono un inquietante colore rossastro. Qualcosa di nuovo, di diverso e orribile, nasce e prende forma. Mutazioni genetiche, incroci impensabili, creature mutanti capaci di evolversi senza alcun limite. È il momento dell'assedio. Ne fanno le spese gli studiosi stessi, e un gruppo che accompagna un ministro in visita. Il biancore del paesaggio scivola nel nero della paura, generando inqualificabili mostruosità che non hanno pazienza né pietà. Non c'è il tempo di porre un rimedio. È troppo tardi, la resa dei conti è finalmente giunta.
L'austriaco Marvin Kren, classe 1980, aveva già destato un certo interesse tra gli appassionati di cinema di genere un paio d'anni fa, con il convincente esordio intitolato Rammbock, un piccolo zombi movie claustrofobico e ricco di idee non disprezzabili. Per il suo secondo lungometraggio il regista cambia totalmente scenario, immergendo i suoi disgraziati protagonisti tra le fauci crudeli di un paesaggio naturale immenso e ingovernabile. Una varazione repentina, sulla carta, ma non così netta nella sostanza: anche nella maestosità di scenografie naturali i cui confini risultano impossibili da raggiungere per l'occhio umano, Kren riesce infatti a creare microcosmi disturbanti, raccogliendo in più occasioni i suoi attori entro limiti angusti (le grotte, il laboratorio), che ben contrastano l'ineffabile spazio circostante.
Dipanando non senza confusione una sceneggiatura che spesso muta di tono faticando a mantenere le giuste coordinate, l'autore pone comunque in gioco, ancora una volta, soluzioni non banali, insinuando con buona tecnica significazioni narrative di stampo quasi lovecraftiano (l'ibridazione illimitata), per scatenare un orrore dalle fattezze non del tutto definite. Eco-vengeance, beast movie, creature feature: lo si può definire come si vuole, ma Blutgletscher (The Station) è un prodotto valido per la sua capacità di fondere una lunga tradizione di riferimento (da Mimic a The Mist, ma ci sarebbero mille altri titoli inerenti) commutandola con il peso collettivo di una colpa che travalica la dimensione aliena, per farsi universale e concreto discorso avente come punto focale la rovina della civilizzazione. Siamo tutti colpevoli, in fondo; non ci sono eroi, né speranze, né salvacondotti. Lo scatenamento della bestialità immonda è la logica conseguenza di una scriteriata caccia allo sfruttamento, e l'urlo represso della Madre Terra si può infine espandere dalle profondità del creato per annullare ogni possibilità di cura.
Squinternato, traballante, disequilibrato ma anche molto coraggioso, The Station si nutre dei suoi stessi difetti, scivolando in soluzioni davvero troppo azzardate (la “mutazione finale”) ma riuscendo a intrattenere con buone dosi di ironia, vampate splatter di jacksoniana memoria e momenti di sostenuta e dolente malinconia, per ricordarci che al di là delle facili risate il pericolo esiste davvero, lassù sulle montagne e anche quaggiù, tutto intorno a noi.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Torino 31
Scheda tecnica
Titolo originale: Blutgletscher
Regia: Marvin Kren
Sceneggiatura: Benjamin Hessler
Fotografia: Moritz Schultheiss
Musiche: Stefan Will, Marco Dreckkötter
Attori: Gerhard Liebmann, Edita Malovcic, Hille Beseler, Peter Knaack, Brigitte Kren
Anno: 2013
Durata: 93'
Alcuni studiosi vivono in una stazione meteorologica sperduta tra le Alpi, per condurre ricerche riferite ai recenti cambiamenti climatici. All'improvviso alcuni blocchi di ghiaccio assumono un inquietante colore rossastro. Qualcosa di nuovo, di diverso e orribile, nasce e prende forma. Mutazioni genetiche, incroci impensabili, creature mutanti capaci di evolversi senza alcun limite. È il momento dell'assedio. Ne fanno le spese gli studiosi stessi, e un gruppo che accompagna un ministro in visita. Il biancore del paesaggio scivola nel nero della paura, generando inqualificabili mostruosità che non hanno pazienza né pietà. Non c'è il tempo di porre un rimedio. È troppo tardi, la resa dei conti è finalmente giunta.
L'austriaco Marvin Kren, classe 1980, aveva già destato un certo interesse tra gli appassionati di cinema di genere un paio d'anni fa, con il convincente esordio intitolato Rammbock, un piccolo zombi movie claustrofobico e ricco di idee non disprezzabili. Per il suo secondo lungometraggio il regista cambia totalmente scenario, immergendo i suoi disgraziati protagonisti tra le fauci crudeli di un paesaggio naturale immenso e ingovernabile. Una varazione repentina, sulla carta, ma non così netta nella sostanza: anche nella maestosità di scenografie naturali i cui confini risultano impossibili da raggiungere per l'occhio umano, Kren riesce infatti a creare microcosmi disturbanti, raccogliendo in più occasioni i suoi attori entro limiti angusti (le grotte, il laboratorio), che ben contrastano l'ineffabile spazio circostante.
Dipanando non senza confusione una sceneggiatura che spesso muta di tono faticando a mantenere le giuste coordinate, l'autore pone comunque in gioco, ancora una volta, soluzioni non banali, insinuando con buona tecnica significazioni narrative di stampo quasi lovecraftiano (l'ibridazione illimitata), per scatenare un orrore dalle fattezze non del tutto definite. Eco-vengeance, beast movie, creature feature: lo si può definire come si vuole, ma Blutgletscher (The Station) è un prodotto valido per la sua capacità di fondere una lunga tradizione di riferimento (da Mimic a The Mist, ma ci sarebbero mille altri titoli inerenti) commutandola con il peso collettivo di una colpa che travalica la dimensione aliena, per farsi universale e concreto discorso avente come punto focale la rovina della civilizzazione. Siamo tutti colpevoli, in fondo; non ci sono eroi, né speranze, né salvacondotti. Lo scatenamento della bestialità immonda è la logica conseguenza di una scriteriata caccia allo sfruttamento, e l'urlo represso della Madre Terra si può infine espandere dalle profondità del creato per annullare ogni possibilità di cura.
Squinternato, traballante, disequilibrato ma anche molto coraggioso, The Station si nutre dei suoi stessi difetti, scivolando in soluzioni davvero troppo azzardate (la “mutazione finale”) ma riuscendo a intrattenere con buone dosi di ironia, vampate splatter di jacksoniana memoria e momenti di sostenuta e dolente malinconia, per ricordarci che al di là delle facili risate il pericolo esiste davvero, lassù sulle montagne e anche quaggiù, tutto intorno a noi.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Torino 31
Scheda tecnica
Titolo originale: Blutgletscher
Regia: Marvin Kren
Sceneggiatura: Benjamin Hessler
Fotografia: Moritz Schultheiss
Musiche: Stefan Will, Marco Dreckkötter
Attori: Gerhard Liebmann, Edita Malovcic, Hille Beseler, Peter Knaack, Brigitte Kren
Anno: 2013
Durata: 93'