Maria Roveran nasce a Venezia nel 1988. Trasferitasi a Roma, frequenta il corso di recitazione del Centro Sperimentale di Cinematografia e, nel 2011, la Shanghai Theatre Academy. Alle esperienze teatrali e cinematografiche affianca la passione per la musica, che compone e interpreta. Nel 2013 è la protagonista del film di Alessandro Rossetto, Piccola Patria, di cui cura anche la colonna sonora. Grazie a questa interpretazione vince il premio come miglior attrice a Bimbi Belli, la manifestazione organizzata da Nanni Moretti al cinema Sacher. Nel 2014 è nel cast de La foresta di ghiaccio di Claudio Noce.
Si ringrazia Maria Roveran, che pur convalescente ha rilasciato a Orizzonti di Gloria l’intervista di seguito riportata.
SC - In Piccola Patria si crea una sorta di identificazione tra il territorio e i suoi abitanti, uniti da un legame che definirei fisico. Il tuo personaggio, Luisa, è tra i più genuini appunto perché gioca con la propria fisicità. Condividi questa chiave di lettura?
MR - Esatto. Lavorare al film Piccola Patria è stata per me un’importante occasione di studio e di formazione, proprio perché per avvicinarmi di più all’anima del mio personaggio e alle dinamiche relazionali ed interpretative ho affrontato un percorso di ricerca che mi ha portato a lavorare molto fisicamente, oltre che a tavolino insieme ai miei colleghi e all’acting coach Nicoletta Maragno. Lavorare con il corpo mi ha permesso di cercare di avvicinarmi all’ambiente, al territorio e agli altri interpreti nella maniera più istintiva e animale possibile. Questa è stata un’esperienza che mi ha arricchito molto, sia dal punto di vista interpretativo e formativo che umanamente.
SC - Nel film alcuni scambi di battute sembrano saltar fuori da una commedia goldoniana. Qual è la differenza tra recitare a teatro e davanti alla macchina da presa? L'esperienza teatrale ti ha aiutato nell'interpretazione di Luisa, così esuberante e sfacciata?
MR - Io credo che ogni esperienza nella vita non vada isolata e vissuta in maniera a sé stante. Le piccole e grandi esperienze che abbiamo la fortuna di vivere possono aiutarci a comprendere meglio le differenti piccole o grandi esperienze che verranno. Il teatro mi insegna sempre molto, mi fa aprire gli occhi anche su dettagli che altrimenti non riuscirei ad indagare e lo stesso avviene davanti alla macchina da presa. Ogni realtà pone luce su qualcosa, il compito più difficile è quello di mantenerci vigili e cercare di cogliere tante più cose vengano illuminate. Non è mai facile ma si tratta di una ricerca continua, il tentativo di comprendere cosa le varie circostanze ed esperienze ci stiano cercando di dire.
SC - Le protagoniste di Piccola Patria sono due giovani annoiate. Ma, tutto sommato, fanno poco per combattere la monotonia, sono apatiche. Luisa però ha un'arma in più rispetto a Renata (Roberta Da Soller): è curiosa. Quale futuro immagini per Luisa? E per Renata?
MR - Le immagino in giro per il mondo, in luoghi forse lontani e forse le immagino distanti tra loro. Non nego però il mio desiderio di rivederle faccia a faccia ancora una volta e ancora una volta vicine.
SC - Per la colonna sonora del film hai composto e interpretato due brani, Piccola Patria e Va (Assime star). Quand'è nata l'idea di scrivere i pezzi di tuo pugno?
MR - È nata nel corso delle riprese del film e non è stato un processo semplice per me che, per quanto amassi cantare e scrivere, me ne vergognavo talmente tanto da cominciare a piangere ogni qual volta dovessi canticchiare in pubblico. Ho preso tutto questo come una sfida. C’era qualcosa che dovevo risolvere o almeno dovevo provarci… mi sentivo troppo stupida e in trappola! Per il percorso che ho iniziato a fare devo ringraziare Rossetto per avermi messo a nudo nella parte più inesplorata di me e per avermi fatto vedere le cose come stavano. Così ho scritto un paio di pezzi in dialetto proprio come se a scrivere fosse Luisa. Mentre lo facevo non sapevo che poi avrebbero fatto parte della colonna sonora del film.
SC - Esiste il film che ti ha cambiato la vita spingendoti a intraprendere la carriera cinematografica? E un’attrice a cui ti sei ispirata?
MR - No. Purtroppo non ho mai amato il cinema e non mi ha mai appassionato fino all’età di ventun anni, quando ho iniziato a frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia. Dico tutto ciò con amarezza perché purtroppo in alcune realtà di paese, come quella nella quale sono cresciuta, il cinema, il documentario, l’audiovisivo e le materie considerate “più artistiche” non vengono mai prese sul serio e per me è stato praticamente impensabile potermici avvicinare, poiché non facevano parte del sottobosco culturale che alimentava la società all’interno della quale sono cresciuta. Ancora oggi le cose non sono molto cambiate. Ho intrapreso questo percorso per caso e per egoismo ed è forse stata la scelta più complessa che abbia fatto nei confronti della mia vita e della vita delle persone a me care.
Tuttavia esistono tantissimi film grandiosi e tantissimi attori ed attrici che ammiro e che prendo come esempio. Io qui vorrei ricordare persone che per me sono figure guida come Alessandra Panelli e Costanza Castracane, mie ex docenti del CSC.
SC - Domanda di rito: progetti per il futuro?
MR - Sì. Ahahah… Poter rimanere in salute almeno per due settimane di fila.
A cura di Serena Casagrande
Articoli correlati: Recensione Piccola Patria
Si ringrazia Maria Roveran, che pur convalescente ha rilasciato a Orizzonti di Gloria l’intervista di seguito riportata.
SC - In Piccola Patria si crea una sorta di identificazione tra il territorio e i suoi abitanti, uniti da un legame che definirei fisico. Il tuo personaggio, Luisa, è tra i più genuini appunto perché gioca con la propria fisicità. Condividi questa chiave di lettura?
MR - Esatto. Lavorare al film Piccola Patria è stata per me un’importante occasione di studio e di formazione, proprio perché per avvicinarmi di più all’anima del mio personaggio e alle dinamiche relazionali ed interpretative ho affrontato un percorso di ricerca che mi ha portato a lavorare molto fisicamente, oltre che a tavolino insieme ai miei colleghi e all’acting coach Nicoletta Maragno. Lavorare con il corpo mi ha permesso di cercare di avvicinarmi all’ambiente, al territorio e agli altri interpreti nella maniera più istintiva e animale possibile. Questa è stata un’esperienza che mi ha arricchito molto, sia dal punto di vista interpretativo e formativo che umanamente.
SC - Nel film alcuni scambi di battute sembrano saltar fuori da una commedia goldoniana. Qual è la differenza tra recitare a teatro e davanti alla macchina da presa? L'esperienza teatrale ti ha aiutato nell'interpretazione di Luisa, così esuberante e sfacciata?
MR - Io credo che ogni esperienza nella vita non vada isolata e vissuta in maniera a sé stante. Le piccole e grandi esperienze che abbiamo la fortuna di vivere possono aiutarci a comprendere meglio le differenti piccole o grandi esperienze che verranno. Il teatro mi insegna sempre molto, mi fa aprire gli occhi anche su dettagli che altrimenti non riuscirei ad indagare e lo stesso avviene davanti alla macchina da presa. Ogni realtà pone luce su qualcosa, il compito più difficile è quello di mantenerci vigili e cercare di cogliere tante più cose vengano illuminate. Non è mai facile ma si tratta di una ricerca continua, il tentativo di comprendere cosa le varie circostanze ed esperienze ci stiano cercando di dire.
SC - Le protagoniste di Piccola Patria sono due giovani annoiate. Ma, tutto sommato, fanno poco per combattere la monotonia, sono apatiche. Luisa però ha un'arma in più rispetto a Renata (Roberta Da Soller): è curiosa. Quale futuro immagini per Luisa? E per Renata?
MR - Le immagino in giro per il mondo, in luoghi forse lontani e forse le immagino distanti tra loro. Non nego però il mio desiderio di rivederle faccia a faccia ancora una volta e ancora una volta vicine.
SC - Per la colonna sonora del film hai composto e interpretato due brani, Piccola Patria e Va (Assime star). Quand'è nata l'idea di scrivere i pezzi di tuo pugno?
MR - È nata nel corso delle riprese del film e non è stato un processo semplice per me che, per quanto amassi cantare e scrivere, me ne vergognavo talmente tanto da cominciare a piangere ogni qual volta dovessi canticchiare in pubblico. Ho preso tutto questo come una sfida. C’era qualcosa che dovevo risolvere o almeno dovevo provarci… mi sentivo troppo stupida e in trappola! Per il percorso che ho iniziato a fare devo ringraziare Rossetto per avermi messo a nudo nella parte più inesplorata di me e per avermi fatto vedere le cose come stavano. Così ho scritto un paio di pezzi in dialetto proprio come se a scrivere fosse Luisa. Mentre lo facevo non sapevo che poi avrebbero fatto parte della colonna sonora del film.
SC - Esiste il film che ti ha cambiato la vita spingendoti a intraprendere la carriera cinematografica? E un’attrice a cui ti sei ispirata?
MR - No. Purtroppo non ho mai amato il cinema e non mi ha mai appassionato fino all’età di ventun anni, quando ho iniziato a frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia. Dico tutto ciò con amarezza perché purtroppo in alcune realtà di paese, come quella nella quale sono cresciuta, il cinema, il documentario, l’audiovisivo e le materie considerate “più artistiche” non vengono mai prese sul serio e per me è stato praticamente impensabile potermici avvicinare, poiché non facevano parte del sottobosco culturale che alimentava la società all’interno della quale sono cresciuta. Ancora oggi le cose non sono molto cambiate. Ho intrapreso questo percorso per caso e per egoismo ed è forse stata la scelta più complessa che abbia fatto nei confronti della mia vita e della vita delle persone a me care.
Tuttavia esistono tantissimi film grandiosi e tantissimi attori ed attrici che ammiro e che prendo come esempio. Io qui vorrei ricordare persone che per me sono figure guida come Alessandra Panelli e Costanza Castracane, mie ex docenti del CSC.
SC - Domanda di rito: progetti per il futuro?
MR - Sì. Ahahah… Poter rimanere in salute almeno per due settimane di fila.
A cura di Serena Casagrande
Articoli correlati: Recensione Piccola Patria