«Robin è un maschio o una femmina?»
Con questa domanda, destinata a non trovare definitiva risposta, inizia Before I Change My Mind, lungometraggio d’esordio del regista canadese Trevor Anderson, già autore di corti selezionati in importanti festival e qui all’opera prima sulla lunga distanza. Il film, collocato nella sezione Cineasti del Presente e proiettato in anteprima mondiale a Locarno 2022, pone un interrogativo di per sé atavico, perlomeno sulla carta, su cui si fonda la base di un lavoro che cerca però di andare oltre l’identità di genere, mettendo il concetto stesso di persona su un piano superiore rispetto alla connotazione sessuale.
L’adolescenza è protagonista di tanti lodevoli titoli di questa edizione locarnese. Dai francesi Stella est amoureuse, Petites e Astrakan, fino alla pellicola qui in oggetto, il processo di crescita, conoscenza e affermazione di sé risulta preponderante in un folto numero di visioni, contraddistinte da acume e brillantezza in fase sia di scrittura che di direzione attoriale. In tale mosaico si inserisce molto bene il lavoro di Anderson, al cui centro troviamo appunto Robin, ragazzo (o ragazza?) tredicenne appena trasferito/a dagli States alla cittadina canadese di Alberta, insieme al padre. La sceneggiatura descrive l’arrivo nella nuova scuola, la complessità dell’ambientamento, i dileggi e le umiliazioni da parte dei coetanei, confusi di fronte a questa sorta di "caso alieno" che non riescono a identificare, a catalogare.
In Robin, nonostante le derisioni, scatta invece l’attrazione verso Carter, bulletto della classe; i due stringono una particolare amicizia, durante la quale i veri sentimenti di Robin vengono gelosamente mantenuti sottotraccia, salvo poi mordere la luce quando il duetto diventa un triangolo, per l’inserimento dell’affascinante compagna Isabelle. Gradualmente si sviluppa allora una giostra di turbamenti che più o meno tutti noi abbiamo provato a quell’età: risate innocenti, cocenti delusioni, parole non dette, timidi baci, reazioni inconsulte, gesti pericolosi e biasimevoli compiuti per impressionare e/o sentirsi parte di qualcosa, attimi di dolcezza, singulti di rabbia. Al quadro si aggiungono inoltre isolate immagini in flashback in cui ci viene suggerito un passato di dolore e probabile abbandono.
Tutto questo accade senza mai svelare il segreto, ovvero senza confessare l’appartenenza di genere relativa a Robin. La questione resta sospesa nell’aria, poiché lo scopo del regista è allontanare da giudizi morali incentrati sulla ristretta gabbia maschio/femmina, affinché lo spettatore possa accettare (o perché no anche rifiutare) le azioni del/della protagonista senza influssi contaminati. Ciò che viene mostrato accantona dunque la soluzione al dubbio per innalzare la sopracitata idea di persona, solo in quanto tale e come tale da valutare, amare, apprezzare o respingere. Ne consegue un racconto stratificato che rifugge la mera classificazione per farsi materia narrativa libera.
Before I Change My Mind, non privo di riferimenti autobiografici, colpisce nel segno sotto ogni aspetto. Lo fa con invidiabile brillantezza, lasciandosi cullare dall’ottima intuizione di posizionare il film nei fiammeggianti anni Ottanta, di cui ricostruisce e sfrutta (benissimo) spazi, musiche, sensazioni, tanto che a tratti pare di assistere quasi a uno spin-off di Stranger Things (senza l’elemento horror).
Riviste sconce rubacchiate qua e là da leggere di nascosto dai genitori nella casa sull’albero, computer con i floppy disk, biciclette, calzette bianche, bolle di sapone: Anderson ci immerge senza fatica in quel mondo, in quell’epoca, regalandoci un’ora e mezza sempre coinvolgente durante la quale intelligenti riflessioni umane e umanistiche si accompagnano a scene di irresistibile ilarità, dal grottesco musical religioso (con 99 esilaranti frustrate) alle signore sole che invitano un uomo a cena e si ubriacano senza ritegno, dalla folgorante scoperta del punk, con immediato stravolgimento del look a improbabili splatter gore in VHS che provocano ai ragazzi un gran sonno invece di spaventarli.
Il clima resta quindi leggero, ammiccante, nel senso però migliore del termine, perché in Before I Change My Mind la complicità tra regista e pubblico non diminuisce affatto la sostanza, incarnata da un nugolo di efficaci giovani interpreti tra i quali spiccano la luminosa Lacey Oake e Vaughan Murrae, nella realtà attore non binario (soggetto che al di là del sesso attribuito alla nascita non si riconosce nel tradizionale schema maschio/femmina). Un legame forte tra personaggio e vita vera, perfetto per donare ancora più credibilità a un’opera che risalta per acume, spontaneità e freschezza.
Senza bisogno di alcun "genere" precostituito.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno 75
Scheda tecnica
Regia: Trevor Anderson
Sceneggiatura: Trevor Anderson, Fish Griwkowsky
Anno: 2002
Durata: 89’
Musiche: Lyle Bell
Fotografia: Wes Miron
Montaggio: Justin Lachance
Attori: Vaughan Murrae, Dominic Lippa, Lacey Oake, Matthew Rankin
QUI IL TRAILER
Con questa domanda, destinata a non trovare definitiva risposta, inizia Before I Change My Mind, lungometraggio d’esordio del regista canadese Trevor Anderson, già autore di corti selezionati in importanti festival e qui all’opera prima sulla lunga distanza. Il film, collocato nella sezione Cineasti del Presente e proiettato in anteprima mondiale a Locarno 2022, pone un interrogativo di per sé atavico, perlomeno sulla carta, su cui si fonda la base di un lavoro che cerca però di andare oltre l’identità di genere, mettendo il concetto stesso di persona su un piano superiore rispetto alla connotazione sessuale.
L’adolescenza è protagonista di tanti lodevoli titoli di questa edizione locarnese. Dai francesi Stella est amoureuse, Petites e Astrakan, fino alla pellicola qui in oggetto, il processo di crescita, conoscenza e affermazione di sé risulta preponderante in un folto numero di visioni, contraddistinte da acume e brillantezza in fase sia di scrittura che di direzione attoriale. In tale mosaico si inserisce molto bene il lavoro di Anderson, al cui centro troviamo appunto Robin, ragazzo (o ragazza?) tredicenne appena trasferito/a dagli States alla cittadina canadese di Alberta, insieme al padre. La sceneggiatura descrive l’arrivo nella nuova scuola, la complessità dell’ambientamento, i dileggi e le umiliazioni da parte dei coetanei, confusi di fronte a questa sorta di "caso alieno" che non riescono a identificare, a catalogare.
In Robin, nonostante le derisioni, scatta invece l’attrazione verso Carter, bulletto della classe; i due stringono una particolare amicizia, durante la quale i veri sentimenti di Robin vengono gelosamente mantenuti sottotraccia, salvo poi mordere la luce quando il duetto diventa un triangolo, per l’inserimento dell’affascinante compagna Isabelle. Gradualmente si sviluppa allora una giostra di turbamenti che più o meno tutti noi abbiamo provato a quell’età: risate innocenti, cocenti delusioni, parole non dette, timidi baci, reazioni inconsulte, gesti pericolosi e biasimevoli compiuti per impressionare e/o sentirsi parte di qualcosa, attimi di dolcezza, singulti di rabbia. Al quadro si aggiungono inoltre isolate immagini in flashback in cui ci viene suggerito un passato di dolore e probabile abbandono.
Tutto questo accade senza mai svelare il segreto, ovvero senza confessare l’appartenenza di genere relativa a Robin. La questione resta sospesa nell’aria, poiché lo scopo del regista è allontanare da giudizi morali incentrati sulla ristretta gabbia maschio/femmina, affinché lo spettatore possa accettare (o perché no anche rifiutare) le azioni del/della protagonista senza influssi contaminati. Ciò che viene mostrato accantona dunque la soluzione al dubbio per innalzare la sopracitata idea di persona, solo in quanto tale e come tale da valutare, amare, apprezzare o respingere. Ne consegue un racconto stratificato che rifugge la mera classificazione per farsi materia narrativa libera.
Before I Change My Mind, non privo di riferimenti autobiografici, colpisce nel segno sotto ogni aspetto. Lo fa con invidiabile brillantezza, lasciandosi cullare dall’ottima intuizione di posizionare il film nei fiammeggianti anni Ottanta, di cui ricostruisce e sfrutta (benissimo) spazi, musiche, sensazioni, tanto che a tratti pare di assistere quasi a uno spin-off di Stranger Things (senza l’elemento horror).
Riviste sconce rubacchiate qua e là da leggere di nascosto dai genitori nella casa sull’albero, computer con i floppy disk, biciclette, calzette bianche, bolle di sapone: Anderson ci immerge senza fatica in quel mondo, in quell’epoca, regalandoci un’ora e mezza sempre coinvolgente durante la quale intelligenti riflessioni umane e umanistiche si accompagnano a scene di irresistibile ilarità, dal grottesco musical religioso (con 99 esilaranti frustrate) alle signore sole che invitano un uomo a cena e si ubriacano senza ritegno, dalla folgorante scoperta del punk, con immediato stravolgimento del look a improbabili splatter gore in VHS che provocano ai ragazzi un gran sonno invece di spaventarli.
Il clima resta quindi leggero, ammiccante, nel senso però migliore del termine, perché in Before I Change My Mind la complicità tra regista e pubblico non diminuisce affatto la sostanza, incarnata da un nugolo di efficaci giovani interpreti tra i quali spiccano la luminosa Lacey Oake e Vaughan Murrae, nella realtà attore non binario (soggetto che al di là del sesso attribuito alla nascita non si riconosce nel tradizionale schema maschio/femmina). Un legame forte tra personaggio e vita vera, perfetto per donare ancora più credibilità a un’opera che risalta per acume, spontaneità e freschezza.
Senza bisogno di alcun "genere" precostituito.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno 75
Scheda tecnica
Regia: Trevor Anderson
Sceneggiatura: Trevor Anderson, Fish Griwkowsky
Anno: 2002
Durata: 89’
Musiche: Lyle Bell
Fotografia: Wes Miron
Montaggio: Justin Lachance
Attori: Vaughan Murrae, Dominic Lippa, Lacey Oake, Matthew Rankin
QUI IL TRAILER