
Ci sono dolori che restano. Impressi nella mente e nel cuore. Pronti a bussare alla porta della coscienza, come feroci fantasmi mai sazi. Spettri di una malinconia che nessuna gioia può sconfiggere. Indistruttibili nemici in una battaglia destinata a proseguire per sempre, senza alcuna possibilità di definitiva redenzione. Tormenti crudeli che prima o poi rischiano di deflagrare, annullando le ultime barriere per conquistare definitivamente il trono della sofferenza.
La famiglia Leblanc subisce un duro stravolgimento nel momento in cui, all'improvviso, il padre Guy muore, apparentemente per un attacco cardiaco. La verità è però un'altra, ben più difficile da accettare. Una realtà che per tanti anni viene taciuta a David, uno dei cinque figli, il più fragile e sensibile.
Il tempo passa, lo shock per la tragedia pare essere superato, la vita prosegue. David eredita dal padre l'attività di casa, un laboratorio artigianale di ideazione e realizzazione di marionette. A sua volta mette in piedi una nuova famiglia sposando Marie, che gli regala due figli, Laurence e Frédéric. Il giorno in cui David scopre finalmente le vere modalità della morte del padre, la sua già labile forza mentale vacilla. Altri anni passano ma l'uomo, dietro ai sorrisi di circostanza, continua a soffrire pene incolmabili, pervaso da una profonda angoscia esistenziale che non conosce soluzione. Forse soltanto seguendo le orme del padre, fino in fondo, egli potrà trovare la pace.
La sezione Cineasti del Presente si è rivelata uno dei fiori all'occhiello dell'edizione 2015 di Locarno, regalando al pubblico tante opere di notevole qualità, tanto da porsi sullo stesso livello del concorso internazionale. Oltre all'intrigante The Waiting Room e ad altre pellicole di ampio interesse come il Dom Juan di Vincent Macaigne e Le grand jeu di Nicolas Pariser, ha ottenuto evidenti e meritati consensi, tra gli altri, anche Les Êtres chers, secondo lungometraggio dell'autrice canadese Anne Émond, classe 1982.
La regista scrive e dirige un melodramma compatto, denso, struggente, solido e concreto, confermando ancora una volta l'ottimo stato di forma del cinema canadese di stampo francofono; non a caso proprio Locarno, due anni fa, fu teatro della scoperta dello splendido Gabrielle, di Louise Archambault, con cui peraltro Les Êtres chers condivide il direttore della fotografia, Mathieu Laverdière. La Émond espande la sua narrazione in un arco di tempo di oltre vent'anni, focalizzandosi su una piccola saga familiare che inizia nel 1978 e prosegue sino all'alba del nuovo millennio. Aiutata da un cast ordinato ed efficace, a partire dal bravo protagonista Maxim Gaudette, la regista pennella un nostalgico e delicato quadro in cui osserva con il giusto pudore un “male di vivere” destinato purtroppo a non spegnersi mai.
Il concetto chiave alla base della storia è l'unione familiare, decisa e incorruttibile; David, sconvolto per la morte del padre e basito nell'attimo in cui, tempo dopo, scopre la verità nascosta, trova un'unica valvola di benessere nell'atto di fondare a sua volta un nuovo nucleo a cui dedicare ogni particella della sua energia, cercando di coinvolgere i propri cari in un legame forte e indissolubile, similmente a ciò che lui aveva edificato nei confronti di genitori e fratelli. La scena in cui David lavora nel suo laboratorio di marionette, insieme alla moglie e ai figli, tutti impegnati a dare una mano, e afferma quanto sia bello e commovente essere lì, insieme, condividendo un momento e un obiettivo, è la perfetta raffigurazione con cui affermare l'importanza capitale di avere un nido intimo in cui ritrovare ogni giorno sorrisi e certezze, nonostante le saltuarie e inevitabili incomprensioni che talvolta si creano.
Nella genuina e quasi infantile felicità di David nel vedere all'opera la propria famiglia si attua al contempo una disperata richiesta di aiuto, urlata a se stesso da un uomo in bilico sulla pericolosa fune di un tedio da cui invano cerca e cercherà di sottrarsi. I sorrisi, i baci, il calore del focolare domestico, per quanto unici e meravigliosi, non sono infatti sufficienti per eliminare le tracce sanguinanti di un dolore senza nome, troppo forte per poter essere in qualsiasi modo mondato e annullato. David è una creatura inadatta a questa vita, un'anima debole ricoperta da un manto di perenne inquietudine, una foglia che cerca disperatamente di restare attaccata al proprio ramo ma rischia di volare via in qualsiasi istante. Gli resta così un'unica missione, un'unica via di parziale salvezza: donare alla moglie, alla madre e ai figli tutto l'amore di cui dispone, prima che il vento lo porti lontano.
Il film della Émond suscita emozione per come sa rappresentare la melancolia senza mai risultare invasivo. La messinscena dell'autrice canadese è sempre sussurrata, controllata, e sa far esplodere significati decisivi dalla tristezza di uno sguardo, dall'ombra nascosta in un sorriso, dotandosi inoltre di bellissimi raccordi visivi che lasciano espandere la vicenda lungo gli anni scivolando da un periodo all'altro senza che quasi ce ne si accorga. Una fluidità di manovra che abbraccia un racconto soffuso e toccante, al termine del quale resta solo una cosa da fare: guardare avanti, per “veder crescere le persone che amiamo” e onorare così la memoria di chi ci ha voluto bene.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Festival Locarno
Scheda tecnica
Regista: Anne Émond
Interpreti: Maxim Gaudette, Mickaël Gouin, Valérie Cadieux, Karelle Tremblay
Fotografia: Mathieu Laverdière
Musiche: Martin Léon
Sceneggiatura: Anne Émond
Montaggio: Mathieu Bouchard-Malo
Anno: 2015
Durata: 102'
La famiglia Leblanc subisce un duro stravolgimento nel momento in cui, all'improvviso, il padre Guy muore, apparentemente per un attacco cardiaco. La verità è però un'altra, ben più difficile da accettare. Una realtà che per tanti anni viene taciuta a David, uno dei cinque figli, il più fragile e sensibile.
Il tempo passa, lo shock per la tragedia pare essere superato, la vita prosegue. David eredita dal padre l'attività di casa, un laboratorio artigianale di ideazione e realizzazione di marionette. A sua volta mette in piedi una nuova famiglia sposando Marie, che gli regala due figli, Laurence e Frédéric. Il giorno in cui David scopre finalmente le vere modalità della morte del padre, la sua già labile forza mentale vacilla. Altri anni passano ma l'uomo, dietro ai sorrisi di circostanza, continua a soffrire pene incolmabili, pervaso da una profonda angoscia esistenziale che non conosce soluzione. Forse soltanto seguendo le orme del padre, fino in fondo, egli potrà trovare la pace.
La sezione Cineasti del Presente si è rivelata uno dei fiori all'occhiello dell'edizione 2015 di Locarno, regalando al pubblico tante opere di notevole qualità, tanto da porsi sullo stesso livello del concorso internazionale. Oltre all'intrigante The Waiting Room e ad altre pellicole di ampio interesse come il Dom Juan di Vincent Macaigne e Le grand jeu di Nicolas Pariser, ha ottenuto evidenti e meritati consensi, tra gli altri, anche Les Êtres chers, secondo lungometraggio dell'autrice canadese Anne Émond, classe 1982.
La regista scrive e dirige un melodramma compatto, denso, struggente, solido e concreto, confermando ancora una volta l'ottimo stato di forma del cinema canadese di stampo francofono; non a caso proprio Locarno, due anni fa, fu teatro della scoperta dello splendido Gabrielle, di Louise Archambault, con cui peraltro Les Êtres chers condivide il direttore della fotografia, Mathieu Laverdière. La Émond espande la sua narrazione in un arco di tempo di oltre vent'anni, focalizzandosi su una piccola saga familiare che inizia nel 1978 e prosegue sino all'alba del nuovo millennio. Aiutata da un cast ordinato ed efficace, a partire dal bravo protagonista Maxim Gaudette, la regista pennella un nostalgico e delicato quadro in cui osserva con il giusto pudore un “male di vivere” destinato purtroppo a non spegnersi mai.
Il concetto chiave alla base della storia è l'unione familiare, decisa e incorruttibile; David, sconvolto per la morte del padre e basito nell'attimo in cui, tempo dopo, scopre la verità nascosta, trova un'unica valvola di benessere nell'atto di fondare a sua volta un nuovo nucleo a cui dedicare ogni particella della sua energia, cercando di coinvolgere i propri cari in un legame forte e indissolubile, similmente a ciò che lui aveva edificato nei confronti di genitori e fratelli. La scena in cui David lavora nel suo laboratorio di marionette, insieme alla moglie e ai figli, tutti impegnati a dare una mano, e afferma quanto sia bello e commovente essere lì, insieme, condividendo un momento e un obiettivo, è la perfetta raffigurazione con cui affermare l'importanza capitale di avere un nido intimo in cui ritrovare ogni giorno sorrisi e certezze, nonostante le saltuarie e inevitabili incomprensioni che talvolta si creano.
Nella genuina e quasi infantile felicità di David nel vedere all'opera la propria famiglia si attua al contempo una disperata richiesta di aiuto, urlata a se stesso da un uomo in bilico sulla pericolosa fune di un tedio da cui invano cerca e cercherà di sottrarsi. I sorrisi, i baci, il calore del focolare domestico, per quanto unici e meravigliosi, non sono infatti sufficienti per eliminare le tracce sanguinanti di un dolore senza nome, troppo forte per poter essere in qualsiasi modo mondato e annullato. David è una creatura inadatta a questa vita, un'anima debole ricoperta da un manto di perenne inquietudine, una foglia che cerca disperatamente di restare attaccata al proprio ramo ma rischia di volare via in qualsiasi istante. Gli resta così un'unica missione, un'unica via di parziale salvezza: donare alla moglie, alla madre e ai figli tutto l'amore di cui dispone, prima che il vento lo porti lontano.
Il film della Émond suscita emozione per come sa rappresentare la melancolia senza mai risultare invasivo. La messinscena dell'autrice canadese è sempre sussurrata, controllata, e sa far esplodere significati decisivi dalla tristezza di uno sguardo, dall'ombra nascosta in un sorriso, dotandosi inoltre di bellissimi raccordi visivi che lasciano espandere la vicenda lungo gli anni scivolando da un periodo all'altro senza che quasi ce ne si accorga. Una fluidità di manovra che abbraccia un racconto soffuso e toccante, al termine del quale resta solo una cosa da fare: guardare avanti, per “veder crescere le persone che amiamo” e onorare così la memoria di chi ci ha voluto bene.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Festival Locarno
Scheda tecnica
Regista: Anne Émond
Interpreti: Maxim Gaudette, Mickaël Gouin, Valérie Cadieux, Karelle Tremblay
Fotografia: Mathieu Laverdière
Musiche: Martin Léon
Sceneggiatura: Anne Émond
Montaggio: Mathieu Bouchard-Malo
Anno: 2015
Durata: 102'