Certe volte il coraggio non viene premiato. È quanto accaduto ad esempio a Une autre vie, il nuovo film di Emmanuel Mouret, presentato in prima mondiale a Locarno 66 e accolto da ululati di disapprovazione e grasse risate di scherno da parte di una fetta di pubblico. A costo di sembrare impopolari, noi queste cose le condanniamo e sempre le condanneremo, perché se da un lato i fischi ai titoli di coda sono parte integrante della sacrosanta libertà di pensiero, dall'altro le risate sguaiate e le canzonature durante la proiezione sono segno di ignoranza, inciviltà e mancanza di rispetto nei confronti sia degli autori del film, sia della restante parte della platea, che avrebbe tutto il diritto di potersi godere la pellicola in santa pace.
Coraggio, si diceva. Sì perché all'alba del 2013 ci vuole una certa temerarietà per concepire e realizzare un'opera come Une autre vie. In un'epoca in cui domina la corsa sfrenata alla sperimentazione, all'aggressione visiva e sonora, alla velocità, all'esasperazione dei toni, Mouret sceglie una strada opposta, proponendo un melodramma raffinato, elegiaco, elegante, pervaso da un classicismo perfino estremizzato.
Pare di tornare all'epoca d'oro di Douglas Sirk nel seguire la vicenda di Aurore, celebre pianista di fama internazionale che a un certo punto, stanca della pressione, dei viaggi, dei concerti, smette di suonare e perde interesse nei confronti di tutto ciò che le accade intorno. Una scintilla si rianima nel suo cuore nel momento in cui incontra Jean, un elettricista con cui scocca la danza dell'amore. L'uomo è però da tanti anni legato a Dolorès, bellissima e fedele compagna sin dai tempi dell'adolescenza. Così nasce e cresce un triangolo sentimentale imbevuto di lirismo, contrappunti, passione, dubbi e inganni.
Il racconto di Mouret non ha paura di inerpicarsi nelle strade tortuose del romanticismo più soffuso, e si incastra a perfezione nel contrasto fisico e caratteriale delle due protagoniste: la timida e ordinata Aurore, espressione di un senso di colpa latente nei confronti di un sentimento sbagliato ma insopprimibile, e Dolorès, ammaliatrice disposta a tutto pur di non dover cedere l'uomo a cui ha affidato la sua stessa vita. In questo dualismo sussurrato nei toni ma devastato dall'essenza stessa dell'irrazionalità l'amore canta una melodia sanguigna, adesa allo sviluppo narrativo e in sostanziale antinomia con la rarefazione dei toni espressivi.
Non si può negare come la sceneggiatura di Une Autre Vie inciampi in un paio di svolte frettolose e sin troppo ardite (l'incidente, l'improvvisa sparizione di Dolorès); eppure la sfida di Mouret, fuori dal tempo e dalle mode, fa della sobrietà un punto di forza, e risulta non priva di un cupo fascino intriso di languide suggestioni. Una storia di chiara matrice letteraria, oscillante tra lacerazioni interiori e lotte dell'anima, destinata inevitabilmente a una conclusione buia segnata dai volti di un inaspettato tris d'attori: Jasmine Trinca, Joey Starr e Virginie Ledoyen.
La Trinca, reduce dal successo del notevole Miele di Valeria Golino, si destreggia con discreti risultati con la lingua francese e conferma una maturazione artistica ormai netta e definitiva; Starr, conosciuto in Italia soprattutto per il recente Polisse, non appare del tutto convincente in un ruolo senz'altro ostico per i suoi ritmi abituali; la Ledoyen, ex promessa del cinema francese forse non del tutto mantenuta, incarna con successo le fattezze erotiche e perverse di una bellezza dirompente ma erosa dalle ferite della sconfitta. Con loro ritroviamo inoltre, con assoluto piacere, la magnifica Ariane Ascaride, sorta di narratrice onniscente della vicenda.
A conti fatti, oltre alle sopracitate nefandezze del pubblico, anche dal punto di vista critico può risultare facile stroncare questo film, e di certo molti lo faranno. La nostra verità però risiede altrove, nel profumo di un cinema lontano che (per fortuna) ancora può esistere.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno
Scheda tecnica
Regia: Emmanuel Mouret
Attori: Joey Starr, Virginie Ledoyen, Jasmine Trinca, Ariane Ascaride
Fotografia: Laurent Desmet
Musiche: Grégoire Hetzel
Costumi: Carine Sarfati
Sceneggiatura: Emmanuel Mouret
Anno: 2013
Durata: 95'
Coraggio, si diceva. Sì perché all'alba del 2013 ci vuole una certa temerarietà per concepire e realizzare un'opera come Une autre vie. In un'epoca in cui domina la corsa sfrenata alla sperimentazione, all'aggressione visiva e sonora, alla velocità, all'esasperazione dei toni, Mouret sceglie una strada opposta, proponendo un melodramma raffinato, elegiaco, elegante, pervaso da un classicismo perfino estremizzato.
Pare di tornare all'epoca d'oro di Douglas Sirk nel seguire la vicenda di Aurore, celebre pianista di fama internazionale che a un certo punto, stanca della pressione, dei viaggi, dei concerti, smette di suonare e perde interesse nei confronti di tutto ciò che le accade intorno. Una scintilla si rianima nel suo cuore nel momento in cui incontra Jean, un elettricista con cui scocca la danza dell'amore. L'uomo è però da tanti anni legato a Dolorès, bellissima e fedele compagna sin dai tempi dell'adolescenza. Così nasce e cresce un triangolo sentimentale imbevuto di lirismo, contrappunti, passione, dubbi e inganni.
Il racconto di Mouret non ha paura di inerpicarsi nelle strade tortuose del romanticismo più soffuso, e si incastra a perfezione nel contrasto fisico e caratteriale delle due protagoniste: la timida e ordinata Aurore, espressione di un senso di colpa latente nei confronti di un sentimento sbagliato ma insopprimibile, e Dolorès, ammaliatrice disposta a tutto pur di non dover cedere l'uomo a cui ha affidato la sua stessa vita. In questo dualismo sussurrato nei toni ma devastato dall'essenza stessa dell'irrazionalità l'amore canta una melodia sanguigna, adesa allo sviluppo narrativo e in sostanziale antinomia con la rarefazione dei toni espressivi.
Non si può negare come la sceneggiatura di Une Autre Vie inciampi in un paio di svolte frettolose e sin troppo ardite (l'incidente, l'improvvisa sparizione di Dolorès); eppure la sfida di Mouret, fuori dal tempo e dalle mode, fa della sobrietà un punto di forza, e risulta non priva di un cupo fascino intriso di languide suggestioni. Una storia di chiara matrice letteraria, oscillante tra lacerazioni interiori e lotte dell'anima, destinata inevitabilmente a una conclusione buia segnata dai volti di un inaspettato tris d'attori: Jasmine Trinca, Joey Starr e Virginie Ledoyen.
La Trinca, reduce dal successo del notevole Miele di Valeria Golino, si destreggia con discreti risultati con la lingua francese e conferma una maturazione artistica ormai netta e definitiva; Starr, conosciuto in Italia soprattutto per il recente Polisse, non appare del tutto convincente in un ruolo senz'altro ostico per i suoi ritmi abituali; la Ledoyen, ex promessa del cinema francese forse non del tutto mantenuta, incarna con successo le fattezze erotiche e perverse di una bellezza dirompente ma erosa dalle ferite della sconfitta. Con loro ritroviamo inoltre, con assoluto piacere, la magnifica Ariane Ascaride, sorta di narratrice onniscente della vicenda.
A conti fatti, oltre alle sopracitate nefandezze del pubblico, anche dal punto di vista critico può risultare facile stroncare questo film, e di certo molti lo faranno. La nostra verità però risiede altrove, nel profumo di un cinema lontano che (per fortuna) ancora può esistere.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno
Scheda tecnica
Regia: Emmanuel Mouret
Attori: Joey Starr, Virginie Ledoyen, Jasmine Trinca, Ariane Ascaride
Fotografia: Laurent Desmet
Musiche: Grégoire Hetzel
Costumi: Carine Sarfati
Sceneggiatura: Emmanuel Mouret
Anno: 2013
Durata: 95'