Bulgaria, oggi. Tsanko Petrov è un operaio delle ferrovie. Barbuto e solitario, vive in una piccola e disadorna casetta insieme ai suoi affezionati conigli. Soffre di balbuzie, problema che gli causa notevoli difficoltà nella comunicazione con le persone, anche se poi, a livello pratico, i suoi scambi dialettici sono comunque ridotti al minimo. Uno dei compiti principali di Tsanko, nella quotidiana vita lavorativa, è camminare lungo le rotaie per controllare il corretto avvitamento dei bulloni.
Un giorno, durante una di queste ricognizioni, l'uomo trova un'ingente quantità di denaro, di provenienza sconosciuta, abbandonata sui binari. Intorno non c'è nessuno, nessuno potrebbe mai sapere nulla; Tsanko potrebbe tranquillamente intascare i soldi e far finta di niente. L'operaio invece chiama subito la polizia per segnalare il ritrovamento. Da quel momento, per l'opinione pubblica, Tsanko Petrov diventa un eroe; Julia Staikova, responsabile ufficio stampa del Ministero dei Trasporti, organizza subito una premiazione in pompa magna.
Durante la cerimonia, però, per una serie di circostanze indipendenti dalla sua volontà, Tsanko smarrisce il suo vecchio orologio, ricordo del padre defunto e oggetto in assoluto più caro che egli possieda. Da lì inizia per lui una terribile battaglia contro la Staikova e contro l'indifferenza e il menefreghismo degli impiegati del Ministero; una lunga odissea volta al recupero dell'orologio smarrito e, al contempo, al ripristino della propria dignità di uomo.
Diretto da Kristina Grozeva e Petar Valchanov, al secondo lungometraggio insieme dopo The Lesson (finalista dell’ultima edizione del Premio LUX del Parlamento Europeo), Slava, insieme al polacco The Last Family, si è imposto senza dubbio come uno dei titoli più belli e significativi visti nel concorso internazionale di Locarno 69.
Secondo capitolo della cosiddetta “trilogia dei ritagli di giornale”, ispirata a veri fatti di cronaca, Slava (Glory per il mercato internazionale) persegue un obiettivo comune a tanta attuale cinematografia dell'Est Europeo, ovvero la rappresentazione il più possibile concreta e veritiera di storie quotidiane in cui uomini semplici si trovano a dover combattere contro i poteri forti dello Stato, la corruzione dilagante e l'incuria delle istituzioni (basti pensare in tal senso al recentissimo e splendido Bacalaureat di Mungiu), uscendone quasi sempre bastonati e sconfitti.
In questo panorama si inserisce perfettamente lo straziante racconto di un operaio tanto burbero all'apparenza quanto umile e onesto nella sostanza, un bravo cittadino catapultato suo malgrado nelle volte diaboliche di una spirale in cui il successo politico, l'arrivismo estremo e la salvaguardia delle apparenze gettano a mare ogni forma di rispetto nei confronti dell'essere umano in quanto tale.
Tutto il film, scritto e diretto con invidiabile controllo, si sviluppa seguendo la dicotomia caratteriale che oppone il solingo Petrov (interpretato dal bravissimo Stefan Denolyubov), per il quale il vecchio orologio e i conigli valgono più di qualsiasi effimera comodità materiale, e la Staikova (Margita Gosheva, una delle più famose attrici bulgare), alle prese con il complesso avvio dell'iter necessario per portare a termine una gravidanza artificiale, ma soprattutto donna che concentra tutte le sue forze ed energie sul lavoro, al punto di rischiare più volte di mettere a repentaglio la gravidanza stessa.
Tsanko non sa nemmeno usare un telefono cellulare, Julia ha nella borsa due telefoni che squillano ininterrottamente in qualsiasi istante e situazione; Tsanko non parla quasi mai con nessuno, Julia è inglobata ogni giorno in una sarabanda organizzativa che non le lascia nemmeno il tempo di farsi una puntura; Tsanko darebbe l'anima per riavere il suo orologio, Julia non ha neanche un secondo da perdere dietro a un tizio balbuziente e squinternato che la cerca in continuazione per avere notizie di un inutile oggetto perduto durante una cerimonia di premiazione.
In questo confronto, talvolta ravvicinato ma più spesso schermato da segreterie, appelli ignorati e situazioni grottesche, si attua lo svolgimento di una rappresentazione filmica devastante, una tragi (molto) commedia (poco) in cui il protagonista viene sballottato in realtà a lui sconosciute, viene usato da Ministri e giornalisti di opposte fazioni per scopi che esulano totalmente dal vero obiettivo della sua ricerca, e viene soprattutto privato di ogni minima forma di onorabilità, subendo violenze psicologiche e fisiche per colpe che non gli appartengono.
Appassionante, beffardo, disperato, perfetto per tempi e registri utilizzati (compreso un finale da applausi), Slava (per fortuna acquistato da I Wonder Pictures per una futura distribuzione in Italia) è un lavoro di assoluto pregio, che scava nello spettatore e gli resta dentro, ed è il lucidissimo e spietato ritratto di un mondo becero in cui l'onestà e la semplicità sono diventati, purtroppo, debiti da pagare a una società dominata dallo zannuto mostro della sopraffazione.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno 69
Scheda tecnica
Titolo originale: Slava
Regia: Kristina Grozeva , Petar Valchanov
Attori: Stefan Denolyubov , Margita Gosheva
Musiche: Hristo Namliev
Sceneggiatura: Kristina Grozeva, Petar Valchanov, Decho Taralezhkov
Montaggio: Petar Valchanov
Anno: 2016
Durata: 101'
Un giorno, durante una di queste ricognizioni, l'uomo trova un'ingente quantità di denaro, di provenienza sconosciuta, abbandonata sui binari. Intorno non c'è nessuno, nessuno potrebbe mai sapere nulla; Tsanko potrebbe tranquillamente intascare i soldi e far finta di niente. L'operaio invece chiama subito la polizia per segnalare il ritrovamento. Da quel momento, per l'opinione pubblica, Tsanko Petrov diventa un eroe; Julia Staikova, responsabile ufficio stampa del Ministero dei Trasporti, organizza subito una premiazione in pompa magna.
Durante la cerimonia, però, per una serie di circostanze indipendenti dalla sua volontà, Tsanko smarrisce il suo vecchio orologio, ricordo del padre defunto e oggetto in assoluto più caro che egli possieda. Da lì inizia per lui una terribile battaglia contro la Staikova e contro l'indifferenza e il menefreghismo degli impiegati del Ministero; una lunga odissea volta al recupero dell'orologio smarrito e, al contempo, al ripristino della propria dignità di uomo.
Diretto da Kristina Grozeva e Petar Valchanov, al secondo lungometraggio insieme dopo The Lesson (finalista dell’ultima edizione del Premio LUX del Parlamento Europeo), Slava, insieme al polacco The Last Family, si è imposto senza dubbio come uno dei titoli più belli e significativi visti nel concorso internazionale di Locarno 69.
Secondo capitolo della cosiddetta “trilogia dei ritagli di giornale”, ispirata a veri fatti di cronaca, Slava (Glory per il mercato internazionale) persegue un obiettivo comune a tanta attuale cinematografia dell'Est Europeo, ovvero la rappresentazione il più possibile concreta e veritiera di storie quotidiane in cui uomini semplici si trovano a dover combattere contro i poteri forti dello Stato, la corruzione dilagante e l'incuria delle istituzioni (basti pensare in tal senso al recentissimo e splendido Bacalaureat di Mungiu), uscendone quasi sempre bastonati e sconfitti.
In questo panorama si inserisce perfettamente lo straziante racconto di un operaio tanto burbero all'apparenza quanto umile e onesto nella sostanza, un bravo cittadino catapultato suo malgrado nelle volte diaboliche di una spirale in cui il successo politico, l'arrivismo estremo e la salvaguardia delle apparenze gettano a mare ogni forma di rispetto nei confronti dell'essere umano in quanto tale.
Tutto il film, scritto e diretto con invidiabile controllo, si sviluppa seguendo la dicotomia caratteriale che oppone il solingo Petrov (interpretato dal bravissimo Stefan Denolyubov), per il quale il vecchio orologio e i conigli valgono più di qualsiasi effimera comodità materiale, e la Staikova (Margita Gosheva, una delle più famose attrici bulgare), alle prese con il complesso avvio dell'iter necessario per portare a termine una gravidanza artificiale, ma soprattutto donna che concentra tutte le sue forze ed energie sul lavoro, al punto di rischiare più volte di mettere a repentaglio la gravidanza stessa.
Tsanko non sa nemmeno usare un telefono cellulare, Julia ha nella borsa due telefoni che squillano ininterrottamente in qualsiasi istante e situazione; Tsanko non parla quasi mai con nessuno, Julia è inglobata ogni giorno in una sarabanda organizzativa che non le lascia nemmeno il tempo di farsi una puntura; Tsanko darebbe l'anima per riavere il suo orologio, Julia non ha neanche un secondo da perdere dietro a un tizio balbuziente e squinternato che la cerca in continuazione per avere notizie di un inutile oggetto perduto durante una cerimonia di premiazione.
In questo confronto, talvolta ravvicinato ma più spesso schermato da segreterie, appelli ignorati e situazioni grottesche, si attua lo svolgimento di una rappresentazione filmica devastante, una tragi (molto) commedia (poco) in cui il protagonista viene sballottato in realtà a lui sconosciute, viene usato da Ministri e giornalisti di opposte fazioni per scopi che esulano totalmente dal vero obiettivo della sua ricerca, e viene soprattutto privato di ogni minima forma di onorabilità, subendo violenze psicologiche e fisiche per colpe che non gli appartengono.
Appassionante, beffardo, disperato, perfetto per tempi e registri utilizzati (compreso un finale da applausi), Slava (per fortuna acquistato da I Wonder Pictures per una futura distribuzione in Italia) è un lavoro di assoluto pregio, che scava nello spettatore e gli resta dentro, ed è il lucidissimo e spietato ritratto di un mondo becero in cui l'onestà e la semplicità sono diventati, purtroppo, debiti da pagare a una società dominata dallo zannuto mostro della sopraffazione.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno 69
Scheda tecnica
Titolo originale: Slava
Regia: Kristina Grozeva , Petar Valchanov
Attori: Stefan Denolyubov , Margita Gosheva
Musiche: Hristo Namliev
Sceneggiatura: Kristina Grozeva, Petar Valchanov, Decho Taralezhkov
Montaggio: Petar Valchanov
Anno: 2016
Durata: 101'