Diane è una madre disperata. Da qualche mese ha perso il proprio figlio adolescente, investito e ucciso a Evian da una macchina i cui proprietari sono fuggiti scomparendo nel nulla. La polizia non riesce a risalire agli autori del misfatto, così Diane, per scovare i colpevoli, decide di muoversi in autonomia e assolda un investigatore privato. L'indagine di quest'ultimo fornisce dati importanti: l'automobile era un modello anni '70 color Moka, e al suo interno un testimone ha visto un uomo e una donna bionda. Con queste tracce Diane riesce apparentemente a risolvere il caso, rintracciando un istruttore di fitness che vive a Losanna insieme alla sua compagna, profumiera, meno giovane di lui. I due personaggi sembrano aderire perfettamente agli indizi. Convinta di aver trovato i responsabili della morte del figlio, Diane si insinua gradualmente nelle loro vite, senza rivelare nulla riguardo alla propria identità; il suo piano è conquistare l'amicizia e la fiducia dei due (presunti) assassini, per poi assestare un'ambita vendetta.
Presentato in prima mondiale a Locarno in Piazza Grande, Moka (uscito in Italia a novembre con il titolo Per mio figlio) è il secondo lungometraggio di Frédéric Mermoud, anche regista di alcuni episodi della prima stagione della serie Les Revenants. Protagonista del suo debutto per il grande schermo (Complices, 2008) era stata Emmanuelle Devos, non a caso nuovamente cercata da Mermoud, il quale ha dichiarato di aver concepito il film in modo che l'attrice fosse presente sulla scena in ogni momento.
Il proposito è stato raggiunto: la Devos, nei panni di Diane, appare infatti davanti alla macchina da presa praticamente in ogni inquadratura, dall'inizio alla fine, trainando su di sé ogni connotazione narrativa di un lavoro che abbraccia le tematiche basilari del revenge movie, proponendo uno stile classicheggiante, vagamente chabroliano, in cui la trama dipana le sue coordinate con fare calmo e riflessivo. La sceneggiatura di Moka non offre guizzi scioccanti, né accelerazioni inattese: il piano tattico di Mermoud accompagna lo spettatore con sguardo sinuoso e composto, affiancandolo dolcemente intorno alla faticosa elaborazione del lutto di una madre che, nel fremente desiderio di rivalsa, trova l'unica via con cui combattere la devastazione emotiva che ne accompagna il presente.
Diane, che cambia il proprio nome in Hélène nel momento in cui si trasferisce a Losanna per pedinare i due sospetti, comunica con le proprie prede usando l'arma del sorriso, respingendo la furia cieca che la accompagna; cerca di essere gentile e accomodante, partecipa a una lezione di ginnastica d'acqua con lui e si fa fare trucco e pedicure da lei. Nel contempo si fa dare una pistola da un contrabbandiere svizzero, aspettando il momento buono per rivelarsi e portare a termine la propria personale rivincita, pur consapevole che nessuna vendetta potrà mai restituirle il figlio perduto.
Il film si snoda prendendosi i tempi necessari, senza facili svolte o soluzioni estemporanee capaci di far sobbalzare il pubblico; il desiderio di Mermoud è indagare la psiche di Diane, estrarre gli spasmi di un cuore infranto, mettere a nudo il dramma di una donna e soprattutto di una madre a cui il fato ha donato la più grande delle ingiustizie e la più insopportabile delle tragedie. In questo senso l'aspetto dedicato alle linee guida del mistery/thriller diviene secondario, perfino marginale, anche se verso la fine non può mancare un obbligatorio twist, non comunque così prorompente né così sorprendente. Ma, lo ribadiamo, la sostanza di Moka risiede nell'interiorità del personaggio principale, nel confronto solo parzialmente consapevole tra inseguitrice e carnefici, nelle nebbie che accomunano l'anima della protagonista e le sponde del lago di Ginevra, cartolina scenografica di notevole impatto.
Dopo il passaggio locarnese in proiezione stampa, alcune critiche hanno seguito il film: si parla di un lavoro lento e troppo convenzionale, definizioni forse attinenti, ma non per forza equivalenti a difetti. Nella sua compostezza tipicamente francese, dunque (per fortuna) lontanissima da tante schizofreniche pellicole similari di stampo americano, Moka è un'opera efficace per come, con poco, sa creare un'atmosfera plumbea e ovattata, sfruttando i silenzi e le suddette “lentezze” attraverso un'architettura d'insieme non memorabile, certo, ma solida e adeguata.
Va da sé, poi, che un film così si debba basare, e molto, anche sulla qualità dei propri interpreti; da questo punto di vista Mermoud non poteva chiedere di meglio: Emmanuelle Devos, da tanti anni assoluto punto di riferimento attoriale per il cinema francese ed europeo, sforna un'ennesima prova di eccezionale livello, condivisa da una altrettanto magnifica (e magnetica) Nathalie Baye, tutta smancerie e trucco perfetto. Per entrambe sarebbe d'obbligo almeno una nomination ai prossimi premi César.
La prima mondiale di Moka, in Piazza Grande, è stata accolta da condizioni meteorologiche a dir poco avverse: la pioggia è infatti arrivata proprio mentre il cast era sul palco a presentare il film, e ha accompagnato gli spettatori lungo tutti i 90 minuti di durata, con tanto di tuoni e fulmini. Molti ovviamente hanno abbandonato il campo, ma alcuni coraggiosi sono rimasti fino alla fine, terminando la visione inzuppati d'acqua. L'amore per il cinema è anche questo.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno 69, Film al cinema
Scheda tecnica
Regia: Frédéric Mermoud
Soggetto: tratto da un romanzo di Tatiana De Rosnay
Attori: Emmanuelle Devos, Nathalie Baye, Diane Rouxel, Samuel Labarthe, David Clavel
Fotografia: Irina Lubtchansky
Montaggio: Sarah Anderson
Anno: 2016
Durata: 89'
Uscita italiana: 17 novembre 2016
Presentato in prima mondiale a Locarno in Piazza Grande, Moka (uscito in Italia a novembre con il titolo Per mio figlio) è il secondo lungometraggio di Frédéric Mermoud, anche regista di alcuni episodi della prima stagione della serie Les Revenants. Protagonista del suo debutto per il grande schermo (Complices, 2008) era stata Emmanuelle Devos, non a caso nuovamente cercata da Mermoud, il quale ha dichiarato di aver concepito il film in modo che l'attrice fosse presente sulla scena in ogni momento.
Il proposito è stato raggiunto: la Devos, nei panni di Diane, appare infatti davanti alla macchina da presa praticamente in ogni inquadratura, dall'inizio alla fine, trainando su di sé ogni connotazione narrativa di un lavoro che abbraccia le tematiche basilari del revenge movie, proponendo uno stile classicheggiante, vagamente chabroliano, in cui la trama dipana le sue coordinate con fare calmo e riflessivo. La sceneggiatura di Moka non offre guizzi scioccanti, né accelerazioni inattese: il piano tattico di Mermoud accompagna lo spettatore con sguardo sinuoso e composto, affiancandolo dolcemente intorno alla faticosa elaborazione del lutto di una madre che, nel fremente desiderio di rivalsa, trova l'unica via con cui combattere la devastazione emotiva che ne accompagna il presente.
Diane, che cambia il proprio nome in Hélène nel momento in cui si trasferisce a Losanna per pedinare i due sospetti, comunica con le proprie prede usando l'arma del sorriso, respingendo la furia cieca che la accompagna; cerca di essere gentile e accomodante, partecipa a una lezione di ginnastica d'acqua con lui e si fa fare trucco e pedicure da lei. Nel contempo si fa dare una pistola da un contrabbandiere svizzero, aspettando il momento buono per rivelarsi e portare a termine la propria personale rivincita, pur consapevole che nessuna vendetta potrà mai restituirle il figlio perduto.
Il film si snoda prendendosi i tempi necessari, senza facili svolte o soluzioni estemporanee capaci di far sobbalzare il pubblico; il desiderio di Mermoud è indagare la psiche di Diane, estrarre gli spasmi di un cuore infranto, mettere a nudo il dramma di una donna e soprattutto di una madre a cui il fato ha donato la più grande delle ingiustizie e la più insopportabile delle tragedie. In questo senso l'aspetto dedicato alle linee guida del mistery/thriller diviene secondario, perfino marginale, anche se verso la fine non può mancare un obbligatorio twist, non comunque così prorompente né così sorprendente. Ma, lo ribadiamo, la sostanza di Moka risiede nell'interiorità del personaggio principale, nel confronto solo parzialmente consapevole tra inseguitrice e carnefici, nelle nebbie che accomunano l'anima della protagonista e le sponde del lago di Ginevra, cartolina scenografica di notevole impatto.
Dopo il passaggio locarnese in proiezione stampa, alcune critiche hanno seguito il film: si parla di un lavoro lento e troppo convenzionale, definizioni forse attinenti, ma non per forza equivalenti a difetti. Nella sua compostezza tipicamente francese, dunque (per fortuna) lontanissima da tante schizofreniche pellicole similari di stampo americano, Moka è un'opera efficace per come, con poco, sa creare un'atmosfera plumbea e ovattata, sfruttando i silenzi e le suddette “lentezze” attraverso un'architettura d'insieme non memorabile, certo, ma solida e adeguata.
Va da sé, poi, che un film così si debba basare, e molto, anche sulla qualità dei propri interpreti; da questo punto di vista Mermoud non poteva chiedere di meglio: Emmanuelle Devos, da tanti anni assoluto punto di riferimento attoriale per il cinema francese ed europeo, sforna un'ennesima prova di eccezionale livello, condivisa da una altrettanto magnifica (e magnetica) Nathalie Baye, tutta smancerie e trucco perfetto. Per entrambe sarebbe d'obbligo almeno una nomination ai prossimi premi César.
La prima mondiale di Moka, in Piazza Grande, è stata accolta da condizioni meteorologiche a dir poco avverse: la pioggia è infatti arrivata proprio mentre il cast era sul palco a presentare il film, e ha accompagnato gli spettatori lungo tutti i 90 minuti di durata, con tanto di tuoni e fulmini. Molti ovviamente hanno abbandonato il campo, ma alcuni coraggiosi sono rimasti fino alla fine, terminando la visione inzuppati d'acqua. L'amore per il cinema è anche questo.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno 69, Film al cinema
Scheda tecnica
Regia: Frédéric Mermoud
Soggetto: tratto da un romanzo di Tatiana De Rosnay
Attori: Emmanuelle Devos, Nathalie Baye, Diane Rouxel, Samuel Labarthe, David Clavel
Fotografia: Irina Lubtchansky
Montaggio: Sarah Anderson
Anno: 2016
Durata: 89'
Uscita italiana: 17 novembre 2016