Tairo è un domatore di leoni. Viene da una famiglia che ha una lunga tradizione nel mondo del circo, e anche lui da tempo lavora nel medesimo ambiente. Il ragazzo subisce un momento non facile: uno degli animali con cui ha fatto il suo numero per tanto tempo è appena morto, un altro è ormai anziano e malato. Un giorno sparisce dalla sua roulotte un portafortuna a cui era molto affezionato: un pezzo di ferro che tanti anni prima era stato piegato apposta per lui dall'erculeo Arthur Robin, vincitore del premio di Mister Universo. Triste e deluso, Tairo decide di prendersi qualche giorno di pausa dagli spettacoli e intraprende un viaggio per l'Italia alla ricerca di Robin, senza peraltro sapere se l'uomo sia ancora vivo, con l'obiettivo di farsi dare un nuovo pezzo di ferro da usare come amuleto.
Unico titolo italiano selezionato per il concorso di Locarno, anche se in realtà di produzione italo-austriaca, Mister Universo è l'ultimo lavoro diretto dalla coppia formata da Tizza Covi e Rainer Frimmel, duo che già in passato aveva realizzato film ambientati nel mondo del circo, in particolare La pivellina (2009) e Der Glanz des Tages (2012), quest'ultimo premiato proprio a Locarno. Gli autori, lei bolzanina lui austriaco, tornano in competizione in Svizzera con un'interessante opera che segue una tendenza sempre più costante in questi ultimi anni, ovvero la commistione tra finzione e documentario, una sorta di nuova moda che non sempre regala risultati di rilievo, ma che in questo caso riesce a trovare un sorprendente e ottimo equilibrio.
Frimmel e la Covi decidono di mettere in scena l'ambiente circense fotografandolo dal basso, cioè concentrandosi su compagnie piccole, che lavorano nei paesi di provincia e ogni sera vanno in scena per un pubblico limitato, talvolta quasi inesistente. Il circo appare subito come una vera e propria famiglia, un mondo in miniatura governato in fondo dalle stesse leggi che guidano ogni tipo di struttura collettiva, con i suoi sinceri affetti ma anche con i rancori, le invidie, le superstizioni, le incompatibili differenze caratteriali, le incomprensioni, i dispetti, gli scatti di rabbia. Metafora della vita, il circo diventa così un luogo dove cercare se stessi, inseguire la propria felicità, ripensare al passato, governare il presente e sognare un futuro migliore.
Partendo da queste basi, il viaggio del domatore di leoni Tairo alla ricerca di Arthur Robin, suo idolo d'infanzia, si tramuta in un percorso iniziatico destinato alla ricerca di una pace interiore ormai traballante; lungo la via Tairo incontra parenti e amici, condividendo ricordi e speranze, aiutato a distanza dal casto ma intenso sentimento di chi vorrebbe stargli più vicino (la contorsionista che lavora con lui) e spinto dal desiderio di riabbracciare la propria giovinezza e trovare al contempo nuova linfa con cui ridare slancio a un entusiasmo sepolto sotto le incombenze di una quotidianità, quella circense, molto meno sfavillante di quanto dall'esterno si potrebbe credere.
Mister Universo è un'opera più che apprezzabile per come riesce a unire i due percorsi stilistici sopra citati, la finzione e il documentario, lasciandoli correre in sincrono senza che uno prenda mai il sopravvento sull'altro, sino a fonderli in un oggetto filmico originale che non offre chissà quali (inutili) sensazionalismi, ma sa donare una narrazione sincera, intima e appassionante, che scorre con incantevole fluidità facendoci comprendere appieno sia le dinamiche precipue dell'ambiente circense, sia i sentimenti del suo protagonista, bravo, come tutti gli altri “attori”, a recitare la parte di se stesso senza alcun apparente sforzo.
Nella sua impeccabile compattezza stilistica Mister Universo, dedicato “a tutte le persone che hanno perso il lavoro a causa della digitalizzazione del cinema”, risulta un film allo stesso tempo empatico e nostalgico, vero e coinvolgente, in qualche tratto anche emozionante. Un'agrodolce fiaba in movimento con cui entrare in punta di piedi negli occhi di un leone anziano ormai stanco di esibirsi, nella disperazione per la perdita di un indispensabile pezzo di ferro, nelle affascinanti storie che accompagnano clown, ballerine e giocolieri, nella serena malinconia di un ex “uomo più forte del mondo” che ormai non ricorda quasi più nessuno, nella fatica con cui smontare e rimontare ogni volta il tendone e le attrezzature per trasferirsi in un altro paese ed esibirsi magari davanti a dieci persone.
È l'altra faccia delle luci della ribalta, quella che non si vede ma che spesso fonda su di sé la mutevole essenza di tutta una vita da artista.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno 69
Scheda tecnica
Regia: Tizza Covi, Rainer Frimmel
Attori: Tairo Caroli, Wendy Weber, Arthur Robin, Lilly Robin
Fotografia: Rainer Frimmel
Sceneggiatura: Tizza Covi
Montaggio: Tizza Covi
Anno: 2016
Durata: 90'
Unico titolo italiano selezionato per il concorso di Locarno, anche se in realtà di produzione italo-austriaca, Mister Universo è l'ultimo lavoro diretto dalla coppia formata da Tizza Covi e Rainer Frimmel, duo che già in passato aveva realizzato film ambientati nel mondo del circo, in particolare La pivellina (2009) e Der Glanz des Tages (2012), quest'ultimo premiato proprio a Locarno. Gli autori, lei bolzanina lui austriaco, tornano in competizione in Svizzera con un'interessante opera che segue una tendenza sempre più costante in questi ultimi anni, ovvero la commistione tra finzione e documentario, una sorta di nuova moda che non sempre regala risultati di rilievo, ma che in questo caso riesce a trovare un sorprendente e ottimo equilibrio.
Frimmel e la Covi decidono di mettere in scena l'ambiente circense fotografandolo dal basso, cioè concentrandosi su compagnie piccole, che lavorano nei paesi di provincia e ogni sera vanno in scena per un pubblico limitato, talvolta quasi inesistente. Il circo appare subito come una vera e propria famiglia, un mondo in miniatura governato in fondo dalle stesse leggi che guidano ogni tipo di struttura collettiva, con i suoi sinceri affetti ma anche con i rancori, le invidie, le superstizioni, le incompatibili differenze caratteriali, le incomprensioni, i dispetti, gli scatti di rabbia. Metafora della vita, il circo diventa così un luogo dove cercare se stessi, inseguire la propria felicità, ripensare al passato, governare il presente e sognare un futuro migliore.
Partendo da queste basi, il viaggio del domatore di leoni Tairo alla ricerca di Arthur Robin, suo idolo d'infanzia, si tramuta in un percorso iniziatico destinato alla ricerca di una pace interiore ormai traballante; lungo la via Tairo incontra parenti e amici, condividendo ricordi e speranze, aiutato a distanza dal casto ma intenso sentimento di chi vorrebbe stargli più vicino (la contorsionista che lavora con lui) e spinto dal desiderio di riabbracciare la propria giovinezza e trovare al contempo nuova linfa con cui ridare slancio a un entusiasmo sepolto sotto le incombenze di una quotidianità, quella circense, molto meno sfavillante di quanto dall'esterno si potrebbe credere.
Mister Universo è un'opera più che apprezzabile per come riesce a unire i due percorsi stilistici sopra citati, la finzione e il documentario, lasciandoli correre in sincrono senza che uno prenda mai il sopravvento sull'altro, sino a fonderli in un oggetto filmico originale che non offre chissà quali (inutili) sensazionalismi, ma sa donare una narrazione sincera, intima e appassionante, che scorre con incantevole fluidità facendoci comprendere appieno sia le dinamiche precipue dell'ambiente circense, sia i sentimenti del suo protagonista, bravo, come tutti gli altri “attori”, a recitare la parte di se stesso senza alcun apparente sforzo.
Nella sua impeccabile compattezza stilistica Mister Universo, dedicato “a tutte le persone che hanno perso il lavoro a causa della digitalizzazione del cinema”, risulta un film allo stesso tempo empatico e nostalgico, vero e coinvolgente, in qualche tratto anche emozionante. Un'agrodolce fiaba in movimento con cui entrare in punta di piedi negli occhi di un leone anziano ormai stanco di esibirsi, nella disperazione per la perdita di un indispensabile pezzo di ferro, nelle affascinanti storie che accompagnano clown, ballerine e giocolieri, nella serena malinconia di un ex “uomo più forte del mondo” che ormai non ricorda quasi più nessuno, nella fatica con cui smontare e rimontare ogni volta il tendone e le attrezzature per trasferirsi in un altro paese ed esibirsi magari davanti a dieci persone.
È l'altra faccia delle luci della ribalta, quella che non si vede ma che spesso fonda su di sé la mutevole essenza di tutta una vita da artista.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno 69
Scheda tecnica
Regia: Tizza Covi, Rainer Frimmel
Attori: Tairo Caroli, Wendy Weber, Arthur Robin, Lilly Robin
Fotografia: Rainer Frimmel
Sceneggiatura: Tizza Covi
Montaggio: Tizza Covi
Anno: 2016
Durata: 90'