Francia, ospedale geriatrico Charles Foix d'Ivry. La vita dei malati di Alzheimer del centro viene scandita da ritmi abitudinari e costanti, e variata da attività con cui il personale cerca di intrattenerli. Un uomo varca la soglia del reparto, si accosta ai pazienti in punta di piedi e a passi leggeri, di danza, sulle note di una musica ancora inudibile ma che colpisce subito dritto al cuore.
Gestualità, linguaggio del corpo, sguardi carichi di una grande forza e presenza empatica, protesi in ricezione di una risposta e di sintonia: ogni movimento si imprime con pienezza prorompente e spontanea nella sensibilità e nella memoria (quella dell'anima e non soltanto della mente) di chi di fronte a lui, come dall'altra parte dello schermo, osserva e si fa coinvolgere dal crearsi di un incanto, che mette in scena una magia di emozioni.
È questo il modo in cui Thierry Thieu Niang, coreografo di fama mondiale, dà vita ai suoi atelier, utilizzando l'improvvisazione artistica e il calore umano per fare, della danza e della musica, strumenti e mezzi privilegiati di comunicazione e relazione profonda con “l'altro”, sfruttandone i valori sempre eterni di linguaggio universale. In questo senso, più che come Arte-terapia, questo concetto è tradotto come un risveglio alla vita, di esseri umani ossidati dal tempo, dalle ruggini dei ricordi in oblio e dalle ragnatele che avvolgono la mente. Persone per certi versi dimenticate e che si sono loro malgrado dimenticate di se stesse; persone che, per come è loro possibile a causa della ragguardevole età e dei problemi fisici, mentre danzano con Thierry si lasciano trasportare (sia in senso corporeo che emozionale) con sguardo rapito e reso ingenuo dalla malattia, ma felice di vivere quei momenti, quasi a poterlo raffrontare con quello di un bambino.
La grande forza alla base dei laboratori del coreografo vietnamita-francese è proprio una delicata e straordinaria capacità di interscambio e comunicazione, presa nella sua accezione più nuda ed essenziale: comunicare, dal latino communicare, cioé “mettere in comune”. Sentimenti, idee, ricordi, ideali, intenti: attraverso una fortissima empatia le emozioni passano dagli occhi di Thierry a quelli degli anziani pazienti, e viceversa, annullando i confini dell'individualismo e dell'identificazione solo con se stessi.
Quegli occhi sono accoglienti nidi in cui perdersi, per poi ritrovarsi e riconoscersi. È ciò che succede a Blanche, una novantaduenne che durante le sessioni si innamora di lui. Il suo amore, reso “puro” dalla malattia, più che per una persona fisica può essere visto come amore per la vita, e per ciò che l'agire del coreografo rappresenta idealmente.
L'opera di Valeria Bruni Tedeschi (alle prese con un documentario per la prima volta) e Yann Coridian, presentata in anteprima mondiale fuori concorso a Locarno e accolta da grandi applausi, scorre limpida e scivola fluida, senza intoppi, lasciando spazio alle immagini, ai volti dei protagonisti e alle palpitazioni che trapelano dai loro sguardi, facendo sì che esse parlino da sole, senza dare necessariamente delle spiegazioni a riprese delicate, malinconiche e commoventi.
Seguendo i passi di Thierry, entriamo in un mondo di ricordi. La sua arte è come una metafora, una danza che fa ballare il corpo e cantare l'anima, di una gioia senza senso ma innata e insita dello spirito. Per sentirsi vivi, di nuovo, ora. Perché l'emozione non ha età.
Amanda Crevola
Sezione di riferimento: Locarno 69
Scheda tecnica
Regia: Valeria Bruni Tedeschi, Yann Coridian
Produzione: Marie Balducchi
Fotografia: Hélène Louvart
Montaggio: Anne Weil
Suono: Francois Waledisch
Durata: 85'
Anno: 2016
Gestualità, linguaggio del corpo, sguardi carichi di una grande forza e presenza empatica, protesi in ricezione di una risposta e di sintonia: ogni movimento si imprime con pienezza prorompente e spontanea nella sensibilità e nella memoria (quella dell'anima e non soltanto della mente) di chi di fronte a lui, come dall'altra parte dello schermo, osserva e si fa coinvolgere dal crearsi di un incanto, che mette in scena una magia di emozioni.
È questo il modo in cui Thierry Thieu Niang, coreografo di fama mondiale, dà vita ai suoi atelier, utilizzando l'improvvisazione artistica e il calore umano per fare, della danza e della musica, strumenti e mezzi privilegiati di comunicazione e relazione profonda con “l'altro”, sfruttandone i valori sempre eterni di linguaggio universale. In questo senso, più che come Arte-terapia, questo concetto è tradotto come un risveglio alla vita, di esseri umani ossidati dal tempo, dalle ruggini dei ricordi in oblio e dalle ragnatele che avvolgono la mente. Persone per certi versi dimenticate e che si sono loro malgrado dimenticate di se stesse; persone che, per come è loro possibile a causa della ragguardevole età e dei problemi fisici, mentre danzano con Thierry si lasciano trasportare (sia in senso corporeo che emozionale) con sguardo rapito e reso ingenuo dalla malattia, ma felice di vivere quei momenti, quasi a poterlo raffrontare con quello di un bambino.
La grande forza alla base dei laboratori del coreografo vietnamita-francese è proprio una delicata e straordinaria capacità di interscambio e comunicazione, presa nella sua accezione più nuda ed essenziale: comunicare, dal latino communicare, cioé “mettere in comune”. Sentimenti, idee, ricordi, ideali, intenti: attraverso una fortissima empatia le emozioni passano dagli occhi di Thierry a quelli degli anziani pazienti, e viceversa, annullando i confini dell'individualismo e dell'identificazione solo con se stessi.
Quegli occhi sono accoglienti nidi in cui perdersi, per poi ritrovarsi e riconoscersi. È ciò che succede a Blanche, una novantaduenne che durante le sessioni si innamora di lui. Il suo amore, reso “puro” dalla malattia, più che per una persona fisica può essere visto come amore per la vita, e per ciò che l'agire del coreografo rappresenta idealmente.
L'opera di Valeria Bruni Tedeschi (alle prese con un documentario per la prima volta) e Yann Coridian, presentata in anteprima mondiale fuori concorso a Locarno e accolta da grandi applausi, scorre limpida e scivola fluida, senza intoppi, lasciando spazio alle immagini, ai volti dei protagonisti e alle palpitazioni che trapelano dai loro sguardi, facendo sì che esse parlino da sole, senza dare necessariamente delle spiegazioni a riprese delicate, malinconiche e commoventi.
Seguendo i passi di Thierry, entriamo in un mondo di ricordi. La sua arte è come una metafora, una danza che fa ballare il corpo e cantare l'anima, di una gioia senza senso ma innata e insita dello spirito. Per sentirsi vivi, di nuovo, ora. Perché l'emozione non ha età.
Amanda Crevola
Sezione di riferimento: Locarno 69
Scheda tecnica
Regia: Valeria Bruni Tedeschi, Yann Coridian
Produzione: Marie Balducchi
Fotografia: Hélène Louvart
Montaggio: Anne Weil
Suono: Francois Waledisch
Durata: 85'
Anno: 2016