In occasione della decima edizione del Treviso Comic Book Festival è stato presentato Arrugas, film d'animazione 2D distribuito in Italia da EXIT Media. Il regista Ignacio Ferreras ha risposto alle domande di Orizzonti di Gloria.
Cosa pensi della situazione attuale del cinema di animazione in Europa?
Quel che è certo è che personalmente non intendo la cosa in questi termini. Quando penso al cinema mi riferisco a film e a registi “concreti”, non a Paesi o all'Europa. E la verità è che non sono molto sicuro che si possa parlare di cinema europeo in quanto tale o di Europa come unità in questo senso; credo che le differenze culturali ed economiche che esistono tra i diversi Paesi dell'Unione Europea siano troppo grandi per generalizzare. Si dovrebbe analizzare la realtà di ogni singolo Paese. Così, per esempio, direi che la situazione in Spagna, che non è molto positiva, è ben diversa da quella che troviamo in Francia, che è migliore, anche se non senza difficoltà. E confesso che la situazione della cinematografia di animazione in Italia mi è del tutto sconosciuta.
Potresti descrivere in che modo hai affrontato l'adattamento del fumetto di Paco Roca?
Credo che in Arrugas, come in ogni adattamento, la cosa più importante sia trovare il giusto equilibrio tra la fedeltà all'opera originale e i cambiamenti necessari per trarre il maggior vantaggio possibile dal mezzo filmico. Arrugas nasce da un fumetto che è già di per sé molto cinematografico. Se da un lato ciò rappresenta un grande vantaggio, dall'altro diventa un limite perché, sebbene questa peculiarità ti fornisca molto materiale utilizzabile praticamente così com'è, corri anche il rischio di perdere di vista il film e di limitarti a seguire il fumetto. Credo che sia facile cadere in questa trappola e realizzare un film piatto e poco interessante dato che, benché il cinema e il fumetto siano mezzi di comunicazione con elementi comuni, ne presentano ovviamente anche di differenti; non tutto ciò che funziona bene nell'uno funziona pure nell'altro. Per questo è stata una grande fortuna poter contare su Paco Roca, che ha capito molto bene sin dall'inizio la differenza tra i due mezzi. È sempre una preoccupazione comprendere che tipo di rapporto si instaurerà tra il regista e l'autore dell'opera originale, però nel caso di Arrugas, si è trattato di un ottimo incontro, molto produttivo.
Il processo di adattamento è stato fortemente visivo sin dall'inizio: abbiamo lavorato soprattutto allo storyboard e all'animazione per riuscire a realizzare il film nella sua forma finale. Durante questo processo credo che sia stato davvero importante il ruolo svolto da Rosanna Cecchini, che non aveva letto il fumetto (e non lo ha letto finché non abbiamo completato l'animazione). Così ha potuto guardare al nostro lavoro non come un adattamento bensì come un'opera originale, particolare che considero rilevante. Ritengo che nel corso del processo di adattamento sia importante che venga coinvolta una persona che non conosca l'opera da cui è tratto il film e che veda il materiale con occhi “puliti”.
Emilio e Miguel sono dei personaggi estremamente realisti e autentici. È stato difficile affrontare le problematiche legate alla malattia e alla vecchiaia?
Sarebbe presuntuoso e di fatto ridicolo dire di sì, perché ovviamente non ho affrontato personalmente né la vecchiaia né la malattia, di certo non una malattia come il morbo di Alzheimer. Per quanto cerchi di mettermi al posto dei personaggi, la mia visione come regista è pur sempre un approccio “dall'esterno”, l'approccio di qualcuno che racconta il vissuto di altre persone. La posizione del regista di un film è quella di qualcuno che osserva lo sviluppo della battaglia da lontano; è una posizione comoda, distante e persino superficiale. Credo che ogni forma d'arte autentica cerchi sempre di riflettere con veridicità la realtà di una situazione, però inevitabilmente non ne è mai all'altezza; anche l'arte più eccelsa non fa che grattare la superficie della realtà.
Quel che è pressoché certo è che un giorno anch'io, come la maggior parte di noi, sperimenterò di persona la vecchiaia e la malattia; solo allora potrò dire di aver davvero affrontato queste condizioni. Ma in quel momento non sarò di sicuro capace di realizzare un film al riguardo.
Serena Casagrande
Sezione di riferimento: Interviste
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Cosa pensi della situazione attuale del cinema di animazione in Europa?
Quel che è certo è che personalmente non intendo la cosa in questi termini. Quando penso al cinema mi riferisco a film e a registi “concreti”, non a Paesi o all'Europa. E la verità è che non sono molto sicuro che si possa parlare di cinema europeo in quanto tale o di Europa come unità in questo senso; credo che le differenze culturali ed economiche che esistono tra i diversi Paesi dell'Unione Europea siano troppo grandi per generalizzare. Si dovrebbe analizzare la realtà di ogni singolo Paese. Così, per esempio, direi che la situazione in Spagna, che non è molto positiva, è ben diversa da quella che troviamo in Francia, che è migliore, anche se non senza difficoltà. E confesso che la situazione della cinematografia di animazione in Italia mi è del tutto sconosciuta.
Potresti descrivere in che modo hai affrontato l'adattamento del fumetto di Paco Roca?
Credo che in Arrugas, come in ogni adattamento, la cosa più importante sia trovare il giusto equilibrio tra la fedeltà all'opera originale e i cambiamenti necessari per trarre il maggior vantaggio possibile dal mezzo filmico. Arrugas nasce da un fumetto che è già di per sé molto cinematografico. Se da un lato ciò rappresenta un grande vantaggio, dall'altro diventa un limite perché, sebbene questa peculiarità ti fornisca molto materiale utilizzabile praticamente così com'è, corri anche il rischio di perdere di vista il film e di limitarti a seguire il fumetto. Credo che sia facile cadere in questa trappola e realizzare un film piatto e poco interessante dato che, benché il cinema e il fumetto siano mezzi di comunicazione con elementi comuni, ne presentano ovviamente anche di differenti; non tutto ciò che funziona bene nell'uno funziona pure nell'altro. Per questo è stata una grande fortuna poter contare su Paco Roca, che ha capito molto bene sin dall'inizio la differenza tra i due mezzi. È sempre una preoccupazione comprendere che tipo di rapporto si instaurerà tra il regista e l'autore dell'opera originale, però nel caso di Arrugas, si è trattato di un ottimo incontro, molto produttivo.
Il processo di adattamento è stato fortemente visivo sin dall'inizio: abbiamo lavorato soprattutto allo storyboard e all'animazione per riuscire a realizzare il film nella sua forma finale. Durante questo processo credo che sia stato davvero importante il ruolo svolto da Rosanna Cecchini, che non aveva letto il fumetto (e non lo ha letto finché non abbiamo completato l'animazione). Così ha potuto guardare al nostro lavoro non come un adattamento bensì come un'opera originale, particolare che considero rilevante. Ritengo che nel corso del processo di adattamento sia importante che venga coinvolta una persona che non conosca l'opera da cui è tratto il film e che veda il materiale con occhi “puliti”.
Emilio e Miguel sono dei personaggi estremamente realisti e autentici. È stato difficile affrontare le problematiche legate alla malattia e alla vecchiaia?
Sarebbe presuntuoso e di fatto ridicolo dire di sì, perché ovviamente non ho affrontato personalmente né la vecchiaia né la malattia, di certo non una malattia come il morbo di Alzheimer. Per quanto cerchi di mettermi al posto dei personaggi, la mia visione come regista è pur sempre un approccio “dall'esterno”, l'approccio di qualcuno che racconta il vissuto di altre persone. La posizione del regista di un film è quella di qualcuno che osserva lo sviluppo della battaglia da lontano; è una posizione comoda, distante e persino superficiale. Credo che ogni forma d'arte autentica cerchi sempre di riflettere con veridicità la realtà di una situazione, però inevitabilmente non ne è mai all'altezza; anche l'arte più eccelsa non fa che grattare la superficie della realtà.
Quel che è pressoché certo è che un giorno anch'io, come la maggior parte di noi, sperimenterò di persona la vecchiaia e la malattia; solo allora potrò dire di aver davvero affrontato queste condizioni. Ma in quel momento non sarò di sicuro capace di realizzare un film al riguardo.
Serena Casagrande
Sezione di riferimento: Interviste
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