Qualche volta si ha la fortuna di vedere un film praticamente perfetto. Un meccanismo calibrato sino alle più nascoste sfumature, dove ogni tessera del mosaico s'incastra nel tessuto generale con incantevole facilità. Un lavoro oliato con magistrale sapienza in ogni sua singola componente. Un racconto che avviluppa e ipnotizza, protetto dalle certezze di una messinscena da manuale. Accade raramente, certo, e in fondo è giusto che sia così; in caso contrario l'evento perderebbe la sua eccezionalità. Ma quando succede, non si può fare altro che restare in silenzio, rapiti e muti, ad ammirare la qualità e la compattezza delle immagini che transitano sullo schermo.
Con pochi film all'attivo Cristian Mungiu ha già conquistato un posto di assoluto rilievo nel panorama del cinema europeo e mondiale. Il suo primo lungometraggio, Occident (2002) gli ha permesso di farsi conoscere in ambito festivaliero. Con il secondo lavoro, 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni (2007) ha vinto la Palma d'Oro a Cannes. La terza opera, Oltre le colline (2012), ne ha riconfermato il talento e gli ha fruttato sulla Croisette il premio per la migliore sceneggiatura. La nuova creatura, Bacalaureat, ha invece quest'anno portato a casa un (meritatissimo) riconoscimento per la miglior regia, ex aequo con Olivier Assayas.
Il cinema di Mungiu è uno straordinario esempio di come ben rappresentare una realtà fosca ed ebbra di contraddizioni, quella di un paese, la Romania, dove le speranze di cambiamento sono state affossate per lasciare campo libero a un coacervo di disillusioni, connivenze, ricatti, povertà, favori sottobanco, plasmando un panorama desolante in cui ci si arrangia come si può, senza badare più di tanto all'onestà e alla rettitudine morale, e dove i tentativi di condurre una vita pulita sono spesso affossati da una realtà crudele che quasi non ammette la via della correttezza.
Bacalaureat disegna, con sopraffina lucidità, l'odissea di un padre di famiglia, Romeo, medico in una piccola cittadina, che cerca disperatamente di aiutare la figlia Eliza a ottenere la maturità con una media voto uguale e superiore al 9, fattore determinante affinché la ragazza possa ottenere la borsa di studio per frequentare l'università di Cambridge. Romeo ha da tempo pianificato il futuro della figlia: sogna per lei un avvenire di successo e soprattutto lontano dalle storture sociali della Romania, e in lei vede l'unica speranza per una via di fuga dalla corruzione dilagante, nonché l'unica possibilità per ottenere, pur indirettamente, ciò che lui e la moglie Magda non sono riusciti a realizzare, quando dopo un periodo di lontananza sono tornati in Romania con l'obiettivo di cambiare le cose, senza invece riuscire a cambiare un bel niente.
Eliza (Maria-Victoria Dragus) vuole molto bene al padre, ma al contempo ne è in qualche modo succube; non è convinta di volersi davvero trasferire in Inghilterra, preferirebbe andare a studiare a Cluj e restare vicina al fidanzato e agli amici; per Romeo, però, iscrivere la figlia in un'università prestigiosa e lontana dai confini rumeni è uno scopo primario, intoccabile e immodificabile, un bisogno impellente da perseguire con ogni mezzo. Le cose si complicano nel momento in cui, il giorno prima dell'inizio degli esami, la ragazza viene aggredita da un delinquente e si ritrova con un braccio ingessato, impedimento che non le può consentire di affrontare le prove scritte nello stato mentale e fisico giusto.
Il rischio di un fallimento, o anche soltanto di un esito finale con voti non sufficienti per ottenere la borsa di studio, conduce Romeo (un ottimo Adrian Titieni) nei vicoli oscuri di una spirale senza uscita: l'uomo mette da parte le sue convinzioni morali, inizia a chiedere aiuto ad amici che lavorano in polizia, a politici di sua conoscenza, al preside della scuola; le persone contattate parlano tra loro, mettono in piedi uno squallido teatrino fatto di favori reciproci, deviano verso un balletto di compiacenze che poco alla volta scavalca i limiti della legalità. In loro si specchia la fisionomia di tutta la Romania, paese allo sfascio dove un dottore non ha uno stipendio sufficiente per mandare la figlia a studiare all'estero, dove le ragazze sono aggredite per strada con irrisoria facilità, dove gli appalti per i cantieri vengono vinti semplicemente “da chi li deve vincere”, dove i cani vagano senza controllo per le strade e le mazzette transitano da una mano all'altra come caramelle.
La battaglia di Romeo cozza con le difficoltà relazionali già insite nella sua vita; il rapporto con la moglie Magda è logoro e forse irrimediabilmente distrutto, tanto che l'uomo, da tempo, conduce una relazione fedifraga con una delle insegnanti di Eliza. Il protagonista del duro racconto di Mungiu è un cuore infelice, aggredito dai singulti della solitudine, appesantito da un passato che non gli ha dato ciò che avrebbe voluto e da un presente non in grado di offrire alcuna certezza. La lotta disperata per la figlia si trasforma in uno scontro, perdente, con la propria integrità spirituale, con il mantenimento di principi su cui si è interiormente lavorato per anni, con le perfide tentazioni di una società che nella glorificazione della disonestà ingrassa le proprie regole.
In Bacalaureat nessuno è senza peccato. Non ci sono eroi né antieroi. Non esistono buoni e cattivi. Esiste soltanto la realtà, degenerata e marcia, tirannica e malevola.
Cristian Mungiu ci racconta una storia in fondo simile a tante altre. Ma lo fa con una padronanza del mezzo esemplare, edificando un palazzo solidissimo sin dalle sue fondamenta. Nessun elemento è mai fuori posto, nessuna sovrastruttura appesantisce la trama, nessun dialogo è impostato con toni sopra le righe. La direzione degli attori risulta impeccabile, la regia utilizza elementi simbolici (i flou) con la dovuta parsimonia, la scrittura è da manuale. Eppure, nella sua eccellenza, il film non risulta mai patinato o beato di sé. Al contrario: l'impeccabilità dell'insieme si pone al servizio della concretezza, generando un flusso poetico di primaria caratura, davanti al quale, per tornare alle parole di cui sopra, non si può che restare in muta ammirazione, accompagnando Romeo nel suo inclemente viaggio tra le paludi della Romania contemporanea.
Nota a margine: alle proiezioni in anteprima in alcune città, all'ingresso in sala è stato fornito a tutti gli spettatori un questionario, da restituire all'uscita, in cui si chiedeva di scegliere il titolo italiano del film, in vista della futura distribuzione, indicando la propria preferenza tra alcune opzioni possibili. I titoli proposti, tanto per cambiare, erano tutti banalissimi e fuorvianti. Uno di quelli (Un padre, una figlia) ha evidentemente raccolto il più alto numero di voti.
Per l'ennesima volta, ormai rassegnati, ci torna così alla mente la solita considerazione di sempre: non è proprio possibile iniziare finalmente a distribuire i film rispettando semplicemente il loro titolo originale, o perlomeno evitare di alternarne il reale significato? A quanto pare, purtroppo, no.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Cannes 69, Film al cinema
Scheda tecnica
Titolo originale: Bacalaureat
Anno: 2016
Regia: Cristian Mungiu
Attori: Vlad Ivanov, Maria-Victoria Dragus, Ioachim Ciobanu, Adrian Titieni
Sceneggiatura: Cristian Mungiu
Montaggio: Mircea Olteanu
Durata: 128'
Uscita italiana: 30 agosto 2016
Con pochi film all'attivo Cristian Mungiu ha già conquistato un posto di assoluto rilievo nel panorama del cinema europeo e mondiale. Il suo primo lungometraggio, Occident (2002) gli ha permesso di farsi conoscere in ambito festivaliero. Con il secondo lavoro, 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni (2007) ha vinto la Palma d'Oro a Cannes. La terza opera, Oltre le colline (2012), ne ha riconfermato il talento e gli ha fruttato sulla Croisette il premio per la migliore sceneggiatura. La nuova creatura, Bacalaureat, ha invece quest'anno portato a casa un (meritatissimo) riconoscimento per la miglior regia, ex aequo con Olivier Assayas.
Il cinema di Mungiu è uno straordinario esempio di come ben rappresentare una realtà fosca ed ebbra di contraddizioni, quella di un paese, la Romania, dove le speranze di cambiamento sono state affossate per lasciare campo libero a un coacervo di disillusioni, connivenze, ricatti, povertà, favori sottobanco, plasmando un panorama desolante in cui ci si arrangia come si può, senza badare più di tanto all'onestà e alla rettitudine morale, e dove i tentativi di condurre una vita pulita sono spesso affossati da una realtà crudele che quasi non ammette la via della correttezza.
Bacalaureat disegna, con sopraffina lucidità, l'odissea di un padre di famiglia, Romeo, medico in una piccola cittadina, che cerca disperatamente di aiutare la figlia Eliza a ottenere la maturità con una media voto uguale e superiore al 9, fattore determinante affinché la ragazza possa ottenere la borsa di studio per frequentare l'università di Cambridge. Romeo ha da tempo pianificato il futuro della figlia: sogna per lei un avvenire di successo e soprattutto lontano dalle storture sociali della Romania, e in lei vede l'unica speranza per una via di fuga dalla corruzione dilagante, nonché l'unica possibilità per ottenere, pur indirettamente, ciò che lui e la moglie Magda non sono riusciti a realizzare, quando dopo un periodo di lontananza sono tornati in Romania con l'obiettivo di cambiare le cose, senza invece riuscire a cambiare un bel niente.
Eliza (Maria-Victoria Dragus) vuole molto bene al padre, ma al contempo ne è in qualche modo succube; non è convinta di volersi davvero trasferire in Inghilterra, preferirebbe andare a studiare a Cluj e restare vicina al fidanzato e agli amici; per Romeo, però, iscrivere la figlia in un'università prestigiosa e lontana dai confini rumeni è uno scopo primario, intoccabile e immodificabile, un bisogno impellente da perseguire con ogni mezzo. Le cose si complicano nel momento in cui, il giorno prima dell'inizio degli esami, la ragazza viene aggredita da un delinquente e si ritrova con un braccio ingessato, impedimento che non le può consentire di affrontare le prove scritte nello stato mentale e fisico giusto.
Il rischio di un fallimento, o anche soltanto di un esito finale con voti non sufficienti per ottenere la borsa di studio, conduce Romeo (un ottimo Adrian Titieni) nei vicoli oscuri di una spirale senza uscita: l'uomo mette da parte le sue convinzioni morali, inizia a chiedere aiuto ad amici che lavorano in polizia, a politici di sua conoscenza, al preside della scuola; le persone contattate parlano tra loro, mettono in piedi uno squallido teatrino fatto di favori reciproci, deviano verso un balletto di compiacenze che poco alla volta scavalca i limiti della legalità. In loro si specchia la fisionomia di tutta la Romania, paese allo sfascio dove un dottore non ha uno stipendio sufficiente per mandare la figlia a studiare all'estero, dove le ragazze sono aggredite per strada con irrisoria facilità, dove gli appalti per i cantieri vengono vinti semplicemente “da chi li deve vincere”, dove i cani vagano senza controllo per le strade e le mazzette transitano da una mano all'altra come caramelle.
La battaglia di Romeo cozza con le difficoltà relazionali già insite nella sua vita; il rapporto con la moglie Magda è logoro e forse irrimediabilmente distrutto, tanto che l'uomo, da tempo, conduce una relazione fedifraga con una delle insegnanti di Eliza. Il protagonista del duro racconto di Mungiu è un cuore infelice, aggredito dai singulti della solitudine, appesantito da un passato che non gli ha dato ciò che avrebbe voluto e da un presente non in grado di offrire alcuna certezza. La lotta disperata per la figlia si trasforma in uno scontro, perdente, con la propria integrità spirituale, con il mantenimento di principi su cui si è interiormente lavorato per anni, con le perfide tentazioni di una società che nella glorificazione della disonestà ingrassa le proprie regole.
In Bacalaureat nessuno è senza peccato. Non ci sono eroi né antieroi. Non esistono buoni e cattivi. Esiste soltanto la realtà, degenerata e marcia, tirannica e malevola.
Cristian Mungiu ci racconta una storia in fondo simile a tante altre. Ma lo fa con una padronanza del mezzo esemplare, edificando un palazzo solidissimo sin dalle sue fondamenta. Nessun elemento è mai fuori posto, nessuna sovrastruttura appesantisce la trama, nessun dialogo è impostato con toni sopra le righe. La direzione degli attori risulta impeccabile, la regia utilizza elementi simbolici (i flou) con la dovuta parsimonia, la scrittura è da manuale. Eppure, nella sua eccellenza, il film non risulta mai patinato o beato di sé. Al contrario: l'impeccabilità dell'insieme si pone al servizio della concretezza, generando un flusso poetico di primaria caratura, davanti al quale, per tornare alle parole di cui sopra, non si può che restare in muta ammirazione, accompagnando Romeo nel suo inclemente viaggio tra le paludi della Romania contemporanea.
Nota a margine: alle proiezioni in anteprima in alcune città, all'ingresso in sala è stato fornito a tutti gli spettatori un questionario, da restituire all'uscita, in cui si chiedeva di scegliere il titolo italiano del film, in vista della futura distribuzione, indicando la propria preferenza tra alcune opzioni possibili. I titoli proposti, tanto per cambiare, erano tutti banalissimi e fuorvianti. Uno di quelli (Un padre, una figlia) ha evidentemente raccolto il più alto numero di voti.
Per l'ennesima volta, ormai rassegnati, ci torna così alla mente la solita considerazione di sempre: non è proprio possibile iniziare finalmente a distribuire i film rispettando semplicemente il loro titolo originale, o perlomeno evitare di alternarne il reale significato? A quanto pare, purtroppo, no.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Cannes 69, Film al cinema
Scheda tecnica
Titolo originale: Bacalaureat
Anno: 2016
Regia: Cristian Mungiu
Attori: Vlad Ivanov, Maria-Victoria Dragus, Ioachim Ciobanu, Adrian Titieni
Sceneggiatura: Cristian Mungiu
Montaggio: Mircea Olteanu
Durata: 128'
Uscita italiana: 30 agosto 2016