Con la grazia e la sensibilità che da sempre contraddistinguono il suo sguardo, Hirokazu Kore-Eda sembra non riuscire ad affrancarsi mai del tutto dalle sue opere, impronte residuali di un inconscio affollato da fantasmi, sospesi in uno stato perenne di presenza/assenza. Già nel toccante e rarefatto After Life, tra le tante anime in attesa di compiere l'ultimo passo, si distingueva un eccentrico vecchietto, instancabile seduttore, immerso nei ricordi di una vita trascorsa tra piaceri del cibo e incessanti avventure amorose.
Questa particolare figura di non protagonista ritorna in Our Little Sister, ultimo film dell'autore giapponese, storia declinata tutta al femminile di tre sorelle (Sachi, Yoshino, Chika), lasciate dal padre quindici anni prima per iniziare una nuova convivenza. In occasione del suo funerale, le ragazze fanno la conoscenza della sorellastra adolescente Suzu, che accetta volentieri l'invito di andare a vivere con loro nella cittadina di Kamakura.
All'interno di uno schema narrativo lineare e scorrevole, Kore-Eda disegna un roseo ritratto familiare, dove però alla voracità dei momenti felici (molti dei quali legati alla quotidianità del cibo) si contrappongono l'ombra di un passato irrisolto e i conflitti interiori che inevitabilmente affiorano nel tempo. Gli uomini, quando presenti, alleviano con fatica i tormenti delle giovani protagoniste: nell'intimità di una notte trascorsa insieme, o tra i tavoli di un bar in riva al mare, ma sempre e volutamente tenuti a distanza, come l'occhio di chi li riprende. Intorno a questo microcosmo c'è un paese fedele a tradizioni secolari, caldo e accogliente verso Suzu, che riesce a colmare così i vuoti emotivi, incantata dalla bellezza effimera dei sakura, con una punta di tristezza e commozione, richiamo alla caducità stessa dei fiori; un modo dolce per ricordare che ogni vita è destinata a finire. Sachi, la maggiore, si sforza invece nel tentativo di tenere saldo un equilibrio instabile, minacciato dal timore dell'abbandono e dalla morte, con cui ha a che fare ogni giorno in ospedale.
In Our Little Sister il dramma di fondo e i risentimenti arrivano a palesarsi negli attimi in cui il confronto svela la vera natura dei sentimenti; laddove il dolore è un grido celato dal sorriso di Suzu, capace di riemergere dall'ebrezza di un'accidentale ubriacatura, da quel liquore di prugne invecchiato, diverso nel suo aspetto, ma che conserva ancora qualcosa di immutato. Come il legame tra Sachi e sua madre, tornata per l'occasione, anch'essa figura assente, restaurato proprio grazie all'alcolico donatole alla sua ripartenza.
Anche se sacrificato sul piano registico, il film mette in scena un corpus di significati profondi, impressi nello splendore primaverile dei ciliegi, simbolo di rinascita e forza rigeneratrice di quei rapporti che, infine, bandiscono le sofferenze per ritrovare una dimensione felice, in cui l'amore è una ricchezza da custodire, l'eredità di un padre che in fondo continua a vivere nella memoria e nello spirito.
Tratto dallo josei manga Unimachi Diary (titolo letterale, Diario di una città di mare) di Akimi Yoshida, Our Little Sister mantiene l'impostazione della graphic novel, ampliando tuttavia lo spettro della sua riflessione, circoscrivendo e includendo nel racconto le trasformazioni dei suoi abitanti e delle loro abitudini. Ripescando significazioni già mostrate nella sua filmografia, e restando in linea con temi cari al cinema giapponese, Kore-Eda, al pari del precedente Like Father Like Son, ribadisce l'importanza degli affetti più forti di qualsiasi parentela di sangue, rendendo palpabile sullo schermo un sogno ad occhi aperti. Un abbraccio malinconico, delicato, come una brezza.
Vincenzo Verderame
Sezione di riferimento: Cannes 68
Scheda tecnica
Titolo originale: Unimachi Diary
Anno: 2015
Durata: 128'
Regia: Hirokazu Kore-Eda
Soggetto: Akimi Yoshida
Sceneggiatura: Hirokazu Kore-Eda
Fotografia: Mikiya Takimodo
Musiche: Yôko Kanno
Attori principali: Haruka Ayase, Masami Nagasawa, Suzu Hirose, Kaho, Shinobu Otake, Lili Franky, Shinichi Tsutsumi
Questa particolare figura di non protagonista ritorna in Our Little Sister, ultimo film dell'autore giapponese, storia declinata tutta al femminile di tre sorelle (Sachi, Yoshino, Chika), lasciate dal padre quindici anni prima per iniziare una nuova convivenza. In occasione del suo funerale, le ragazze fanno la conoscenza della sorellastra adolescente Suzu, che accetta volentieri l'invito di andare a vivere con loro nella cittadina di Kamakura.
All'interno di uno schema narrativo lineare e scorrevole, Kore-Eda disegna un roseo ritratto familiare, dove però alla voracità dei momenti felici (molti dei quali legati alla quotidianità del cibo) si contrappongono l'ombra di un passato irrisolto e i conflitti interiori che inevitabilmente affiorano nel tempo. Gli uomini, quando presenti, alleviano con fatica i tormenti delle giovani protagoniste: nell'intimità di una notte trascorsa insieme, o tra i tavoli di un bar in riva al mare, ma sempre e volutamente tenuti a distanza, come l'occhio di chi li riprende. Intorno a questo microcosmo c'è un paese fedele a tradizioni secolari, caldo e accogliente verso Suzu, che riesce a colmare così i vuoti emotivi, incantata dalla bellezza effimera dei sakura, con una punta di tristezza e commozione, richiamo alla caducità stessa dei fiori; un modo dolce per ricordare che ogni vita è destinata a finire. Sachi, la maggiore, si sforza invece nel tentativo di tenere saldo un equilibrio instabile, minacciato dal timore dell'abbandono e dalla morte, con cui ha a che fare ogni giorno in ospedale.
In Our Little Sister il dramma di fondo e i risentimenti arrivano a palesarsi negli attimi in cui il confronto svela la vera natura dei sentimenti; laddove il dolore è un grido celato dal sorriso di Suzu, capace di riemergere dall'ebrezza di un'accidentale ubriacatura, da quel liquore di prugne invecchiato, diverso nel suo aspetto, ma che conserva ancora qualcosa di immutato. Come il legame tra Sachi e sua madre, tornata per l'occasione, anch'essa figura assente, restaurato proprio grazie all'alcolico donatole alla sua ripartenza.
Anche se sacrificato sul piano registico, il film mette in scena un corpus di significati profondi, impressi nello splendore primaverile dei ciliegi, simbolo di rinascita e forza rigeneratrice di quei rapporti che, infine, bandiscono le sofferenze per ritrovare una dimensione felice, in cui l'amore è una ricchezza da custodire, l'eredità di un padre che in fondo continua a vivere nella memoria e nello spirito.
Tratto dallo josei manga Unimachi Diary (titolo letterale, Diario di una città di mare) di Akimi Yoshida, Our Little Sister mantiene l'impostazione della graphic novel, ampliando tuttavia lo spettro della sua riflessione, circoscrivendo e includendo nel racconto le trasformazioni dei suoi abitanti e delle loro abitudini. Ripescando significazioni già mostrate nella sua filmografia, e restando in linea con temi cari al cinema giapponese, Kore-Eda, al pari del precedente Like Father Like Son, ribadisce l'importanza degli affetti più forti di qualsiasi parentela di sangue, rendendo palpabile sullo schermo un sogno ad occhi aperti. Un abbraccio malinconico, delicato, come una brezza.
Vincenzo Verderame
Sezione di riferimento: Cannes 68
Scheda tecnica
Titolo originale: Unimachi Diary
Anno: 2015
Durata: 128'
Regia: Hirokazu Kore-Eda
Soggetto: Akimi Yoshida
Sceneggiatura: Hirokazu Kore-Eda
Fotografia: Mikiya Takimodo
Musiche: Yôko Kanno
Attori principali: Haruka Ayase, Masami Nagasawa, Suzu Hirose, Kaho, Shinobu Otake, Lili Franky, Shinichi Tsutsumi