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FUOCHI D'ARTIFICIO IN PIENO GIORNO - L'ora del riscatto

2/6/2016

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Immagine
Nel 1999, nella Cina settentrionale, emergono le parti di un corpo umano in alcuni depositi di carbone, situati a parecchi chilometri di distanza l'uno dell'altro. Nel corso delle indagini, il detective Zhang (Liao Fan), che si occupa dell'insolito caso, interroga dei giovani sospetti, ma la situazione precipita quando uno dei fermati spara, ferendo Zhang e uccidendo due suoi colleghi. Una volta dimesso, all'uscita dell'ospedale il detective trova ad attenderlo l'amico/collega Wang (Yu Ailei). Assieme portano le ceneri della vittima alla moglie Wu (Gwei Lun Mei), dopodiché l'auto di Wang inforca un tunnel e, all'uscita, una coltre di neve accoglie lo spettatore. 
Siamo nel 2004. Addormentato lungo la strada c'è Zhang, di lato una moto parcheggiata. Una passante si ferma, sembra volergli prestare soccorso, ma poi scappa con la sua motocicletta. Il poliziotto non ha mai superato il trauma della sparatoria che ha causato la morte dei compagni. Perennemente ubriaco, ha lasciato le forze dell'ordine per lavorare come addetto alla sicurezza in una fabbrica. 
Un giorno incontra Wang, che gli racconta di altre due strani omicidi accaduti nella provincia. Ancora una volta sono stati rinvenuti brandelli di cadavere, arti inferiori con addosso pattini da ghiaccio. Le somiglianze con l'assassinio del 1999 non si fermano però al modus operandi. Infatti anche le due vittime più recenti avevano una relazione con Wu, la moglie del primo uomo fatto a pezzi. La donna lavora in una lavanderia e Zhang inizia a frequentare il negozio e a seguirla per scoprire in che modo sia implicata in morti tanto cruente. Ma finisce pure per innamorarsene.

Fuochi d'artificio in pieno giorno è il terzo film del regista e sceneggiatore cinese Diao Yi'nan. Per una volta il titolo italiano è stato ripreso letteralmente dall'originale Bai Ri Yan Huo e fa riferimento a un club dove si reca Zhang nel corso delle sue indagini, nonché al celebre finale. La versione inglese invece è conosciuta come Black Coal, Thin Ice, gli elementi che caratterizzano la scena del crimine. Come ha spiegato lo stesso regista, i due titoli riassumono l’essenza del suo lavoro perché il carbone e il ghiaccio appartengono alla sfera della realtà, mentre i fuochi d'artificio con la luce del giorno sono riconducibili a un mondo fantastico, di cui noi abbiamo bisogno per sfuggire alla crudeltà della realtà stessa.
Nonostante i fuochi d'artificio, risulta difficile scovare un barlume di speranza per i protagonisti di questo cupissimo noir, dove a farla da padrone è il degrado dell'umanità. Diao Yi'nan mette in scena un dramma in cui gli attori coinvolti vivono in balia degli eventi, prigionieri dell'ambiente malsano che li circonda, capaci di atti di violenza assolutamente gratuiti e del tutto indifferenti ai bisogni e alle emozioni propri e degli altri esseri umani. Viene da chiedersi quale sia il loro scopo nella vita, cosa li spinga ad alzarsi dal letto al mattino. L'inutilità dell'uomo (anche il caso non si risolve certo per i meriti della polizia) e la sua condizione di miserabile insetto che galleggia in una pozza di melma colpiscono più dei corpi smembrati. La Cina, come d'abitudine nelle produzioni dei suoi più autorevoli registi, ne esce con le ossa rotte. 
Non sono allora le foto dei piedi mutilati che calzano pattini da ghiaccio o le braccia che emergono dal carbone l’aspetto più terrificante di quest’opera, bensì i minatori che ridono perché pare sia stato ritrovato anche un seno in mezzo al carbone, o Zhang che tenta di abbracciare la sua amante e una collega di lavoro anche se le donne lo respingono con violenza (in quest'ultima occasione gli altri uomini presenti applaudono e non intervengono). E ancora: il cielo coperto da una putrescente coltre di smog, gli enormi bacini carboniferi, i quartieri anonimi e alienanti dove la presenza umana diventa quasi impercettibile, i muri all'interno degli edifici coperti da una patina stratificata di sporco e l'ingrediente “estraneo” rinvenuto in una zuppa servita in un bus arrugginito riconvertito in ristorante. 
Pur rispettando gli stilemi del genere noir, Fuochi d'artificio in pieno giorno è dunque e soprattutto un’amara riflessione sui mali della società contemporanea, premiata con l'Orso d'oro per il miglior film e l'Orso d'argento per il miglior attore a Liao Fan al Festival di Berlino nel 2014.

In onda su RaiMovie, venerdì 3 giugno, ore 23.15.

Serena Casagrande

Sezione di riferimento: Film in Tv


Scheda tecnica

Titolo originale: Bai Ri Yan Huo
Anno: 2014
Regia:  Diao Yi'nan 
Sceneggiatura:  Diao Yi'nan
Fotografia: Dong Jingsong 
Montaggio: Yang Hongyu 
Musica: Wen Zi 
Durata: 106'
Interpreti principali: Liao Fan, Gwei Lun Mei, Wang Xuebing, Wang Jingchung, Yu Ailei.

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13 ASSASSINI - Samurai, ultimo atto

18/12/2014

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Picture
Non è facile scrivere, senza risultare banali, di Takashi Miike, autore eclettico e imprevedibile tra i più talentuosi del cinema contemporaneo. La sua produzione filmica, sterminata se non ipertrofica, spazia dall'horror allo splatter, dal thriller allo “yakuza film”, dal western alla trasposizione cinematografica di manga. Rainy Dog (1997), Audition (1999), Dead or Alive (1999), Visitor Q (2001), Ichi The Killer (2001), Gozu (2003) e Izo (2004) sono solo alcuni tra i titoli più significativi del regista giapponese.
Con 13 Assassini (2010), remake dell'omonima pellicola diretta da Eiichi Kudo nel 1963, Miike dà vita a un capolavoro complesso e raffinato, dove la ricerca estetica e la cura del particolare si notano in ogni inquadratura. Il cineasta si spinge fino alla perfezione per realizzare il suo personalissimo “cappa e spada” (Jidai geki in giapponese), restando però fedele alla tradizione del genere.
Giappone, 1844: Naritsugu, fratellastro dello shogun, è un signore feudale spietato, privo di umanità. Per porre fine alle sue nefandezze, lo shogun in persona convoca il nobile samurai Shinzaemon Shimada e gli ordina di uccidere il fratello. Shinzaemon arruola quindi un manipolo di valorosi guerrieri e organizza un'imboscata ai danni dell'esercito del feudatario, attirando i militari in un isolato villaggio di montagna. Il piano purtroppo fallisce miseramente a causa della superiorità numerica dei duecento uomini comandati dal perfido Hanbei, nemico di vecchia data di Shimada. Per i tredici samurai, caduti in una trappola micidiale, esiste un'unica soluzione: avventurarsi in una missione suicida. Ma la morte sopraggiungerà soltanto al termine di un'estenuante battaglia.
Le vicende narrate si svolgono durante il periodo Tokugawa (altrimenti conosciuto come periodo Edo, 1603-1868). A breve, le trasformazioni in atto nel Paese del Sol Levante proietteranno i Giapponesi dal medioevo alla modernità; un cambiamento inevitabile e traumatico. 13 Assassini è un omaggio alla figura del samurai, o meglio, alla sua inesorabile decadenza. Nell'inutile carneficina finale, il combattente senza macchia, che preferisce perdere la vita che l'onore, non può far altro che andare incontro alla morte. È il canto del cigno del guerriero puro, che perde così la propria funzione nella società, sostituito da un esercito regolare durante la Restaurazione Meiji (ciò nonostante il Bushidō, il codice etico dei samurai, gioca ancora un ruolo importante nel Giappone odierno). Rispetto a Sukiyaki Western Django (2007), dove prevale il gusto per il pulp, in 13 Assassini Miike smorza in parte i toni per mettere in scena un'opera epica, il poetico addio a un eroe romantico entrato oramai nella leggenda.
Ottimi gli attori, con una menzione speciale a Kōji Yakusho, splendido Shinzaemon, e a Koyata (Yūsuke Iseya), il tredicesimo “assassino”, che non è un autentico ronin, ma un vagabondo che si unisce in seguito al gruppo. Più scemo del villaggio che soldato, è l'elemento comico della tragedia, protagonista principale degli episodi in cui più emerge il caratteristico humour nero di Miike.
A giudizio di chi scrive, uno tra i più riusciti film di samurai, in ideale compagnia di classici come Rashomon (1950) di Akira Kurosawa e Seppuku (1962) di Masaki Kobayashi.

In onda su Rai 4, lunedì 22 dicembre alle 00.45.

Serena Casagrande

Sezione di riferimento: Film in Tv


Scheda tecnica

Titolo originale: Jûsan-nin no shikaku
Anno: 2010
Regia: Takashi Miike
Sceneggiatura: Kaneo Ikegami, Daisuke Tengan.
Fotografia: Nobuyasu Kita
Durata: 141'
Interpreti principali: Kōji Yakusho, Hiroki Matsukata, Takayuki Yamada, Kazuki Namioka, Tsuyoshi Ihara.

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