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TORINO 31 - Noche, di Leonardo Brzezicki

27/11/2013

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Miguel è morto. Miguel si è suicidato, in una grande casa di campagna in mezzo ai boschi. Prima di farlo ha registrato con un microfono i suoi pensieri, il suono della natura e quello degli oggetti di uso quotidiano intorno a lui. Ora sei tra i suoi migliori amici sono là, in quella abitazione lontana dal resto del mondo (lontana dai vivi), per ascoltare le sue parole di quegli ultimi giorni, e per mettere a posto gli oggetti abbandonati tra mura che non ospiteranno più nessuno. 
Dall’Argentina arriva a Torino il magnifico Noche, opera prima di Leonardo Brzezicki, e basta un attimo per essere catapultati in un altro mondo, immateriale e lontano. Perché Noche è un ponte diretto con l’aldilà, con chi non è più tra noi. Il cinema di Brzezicki si inserisce perfettamente all’interno della nuova cinematografia sudamericana, la stessa dei vari Pablo Larrain e Lisandro Alonso, giovani cineasti coraggiosi che cercano di fare i conti con le storie recenti dei propri paesi, utilizzando il cinema come arma di distruzione e resistenza. Elaborando il passato per cercare di venire a patti con il presente, attraverso le immagini. E anche i suoni, nel caso di Noche. Un’opera assolutamente astratta e priva di una logica consequenziale, dove allo spettatore viene chiesto di compiere un percorso attraverso un’esperienza estremamente ipnotica ed affascinante. 
Tramite quella necessaria ambizione scriteriata che è propria solamente degli esordienti, Brzezicki guarda a modelli alti: a Tarkovskij, per esempio. A Sokurov, a Lynch; persino a Il grande freddo di Kasdan, se si vuole. Ma è un’ambizione che va inseguita e accettata, perché dietro la fascinazione delle basi comunicative (immagine e suono), Noche conferma uno sguardo vero e doloroso sulla realtà; si parla di morte, certo, ma il risultato è sorprendentemente vivo. Perché è un film sulla percezione di ciò che è stato e che non si ripeterà, e che riguarda tutti, indistintamente. Lavorando sul contrasto tra immagine (il presente) e suoni (il passato), il cineasta argentino cerca di afferrare l’invisibile e l’imponderabile. E se ci riesce è appunto perché sappiamo tutti quanto sia impossibile: ascoltando continuamente le registrazioni dell’amico defunto, e ripetendole a loro volta, i protagonisti tentano disperatamente di ricostruire un passato che non esiste più.  Per sconfiggere la morte, o per cercare quantomeno di attribuirgli quel senso che invece non ha. 
Immerso in una natura selvaggia ed estranea, Noche è uno sguardo alieno su un mondo in disfacimento, un film di fantascienza popolato da fantasmi che non si possono vedere. Gli elementi primordiali (l’acqua del fiume, il fuoco appiccato per bruciare gli oggetti di Miguel) contraddistinguono questo luogo concreto e materiale, mentre è da altrove che provengono quelle voci e quei suoni attraverso i quali si deve tentare di capire, di vedere, di accettare. Anche non riuscendoci, anche abbandonandosi ai propri istinti primordiali e brutali. E così, in un lento susseguirsi di dissolvenze e suggestioni ipnotiche, chi è sopravvissuto non può far altro che prendere coscienza dell’arrivo della notte. Dopo, sarà solo silenzio. 

Giacomo Calzoni

Sezione di riferimento: Torino 31


Scheda tecnica

Regia: Leonardo Brzezicki
Sceneggiatura: Leonardo Brzezicki
Fotografia: Max Ruggieri
Montaggio: Robert Dalva
Attori: Flavia Noguera, Jair Toledo, Marìa Soldi, Gaston Re, Pablo Matias Vega
Anno: 2013
Durata: 85’

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TORINO 31 - Il programma ufficiale

6/11/2013

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Sì, adesso lo possiamo dire: il Torino Film Festival conserva la sua identità. A essere sinceri, qualche lieve timore nei mesi scorsi si era palesato, nel momento in cui il neodirettore Paolo Virzì aveva espresso il desiderio di dare vita a un evento più popolare, dando maggiore spazio ai gusti del pubblico. Studiando però il programma completo, ufficializzato dopo la conferenza stampa di presentazione, è facile notare come lo spirito unico e irresistibile del festival torinese, improntato sulla qualità e la sostanza, sia rimasto pressoché inalterato.
Virzì è stato di parola: sono aumentati i titoli ad ampio consumo, così come è cresciuta la presenza del cinema italiano. Ma questo non ha impedito allo staff guidato da Emanuela Martini di costruire un cartellone di alto livello, con numerosissime pellicole d'autore e proposte adatte a ogni tipo di spettatore, in continuità con le edizioni (e le gestioni) precedenti. 185 film, molti dei quali in anteprima mondiale; sezioni confermate e altre rinnovate; un programma leggermente snellito rispetto agli ultimi anni ma sempre densissimo; tanto spazio per la ricerca, la diversità di linguaggi e l'originalità.
Il Concorso Ufficiale prevede 14 pellicole (non più 16), con le quali indagare tra dramma e sorrisi tra le pieghe sociali e culturali della contemporaneità: ben tre i film francesi presenti (tra cui 2 Automnes 3 Hivers di Betbeder), due italiani (La mafia uccide solo d'estate di Pif e Il treno va a Mosca di Ferrone/Manzolini), e rappresentanze sparse dal resto del mondo, con titoli sulla carta intriganti come il venezuelano Pelo Malo (vincitore a San Sebastian), l'americano Blue Ruin e il "pugno nello stomaco" giapponese A Woman and War. 
La sezione Festa Mobile, un pochino meno espansa rispetto al passato, è come sempre un contenitore debordante in cui trova spazio un po' di tutto, con titoli di primissimo piano tra cui non si possono non citare All is Lost di J.C. Chandor, Frances Ha di Noah Baumbach (passato con grande successo a Berlino), Ida di Pawel Pawlikowski (autore qualche anno fa del bellissimo My Summer of Love), Inside Llewyn Davis dei fratelli Coen (applaudito a Cannes 2013) e il vampirico Only Lovers Left Alive di Jim Jarmusch (imperdibile). Tra loro poi anche Prince Avalanche di David Gordon Green (remake dell'islandese Either Way, vincitore proprio al TFF due anni fa), il francese Suzanne (con Sarah Forestier), e il cupissimo film indiano Ugly.
La sezione Onde non manca di riconfermare la sua essenza rivolta al puro cinema di qualità: a un primo sguardo spiccano l'omaggio alla vitalità del cinema portoghese e all'autore hongkonghese Yu Likwai e il controverso Historia de la Meva Mort di Albert Serra (vincitore quest'estate a Locarno 66). La prima parte della cospicua retrospettiva dedicata alla New Hollywood farà la felicità dei “nostalgici”, con la possibilità di rivedere su grande schermo capolavori come Easy Rider, Five Easy Pieces, The Last Picture Show di Bogdanovich, Boxcar Bertha di Scorsese e Pat Garrett & Billy The Kid di Peckinpah. Le novità invece riguardano le mini-sezioni intitolate “E intanto in Italia”, “Big Bang Tv” (con anteprime di episodi di serie televisive diretti da David Fincher e Jane Campion) ed “EuroPop”, mélange dedicato a titoli che hanno ottenuto grande successo in questi mesi in Europa: tra i titoli presenti appare indispensabile il francese Alceste à Bicyclette, sfida dialettica tra Lambert Wilson e il grandissimo Fabrice Luchini.
Ulteriore nuova sezione, senz'altro la più stimolante, è After Hours, in cui trova spazio il cinema “altro”, in un curioso minestrone di horror, thriller, commedie nere e stranezze assortite da gustare in tarda serata (ma con repliche anche al pomeriggio): tra le pellicole più significative Big Bad Wolves, nuovo lavoro della coppia israeliana Keshales/Papushado (già autori dell'ottimo e sorprendente Kalevet), Blutgletscher di Marvin Kren (regista dell'interessante zombi movie Rammbock), il canadese The Conspiracy (definito un horror “politico e satanista”), il grottesco e autobiografico La danza de la realidad di Jodorowsky, l'ancor più grottesco Wrong Cops di Quentin Dupieux (già passato a Locarno), l'horror a episodi V/H/S 2 (nella speranza che sia meglio del primo, alquanto mediocre) e l'assoluto cult italiano L'etrusco uccide ancora di Armando Crispino.
Tantissimo spazio, come di consueto, sarà dedicato ai documentari, per un vero e proprio festival nel festival. Tra una visione e l'altra, ci sarà infine posto anche per immersioni nella storia del cinema nostrano (8 ½ di Fellini in versione restaurata) e per proiezioni che emozioneranno i cinefili (l'acclamatissimo A Turin Horse di Béla Tarr, preceduto da un doc dedicato allo stesso regista). Il film di chiusura, come già annunciato, sarà Grand Piano, con Elijah Wood.
In conclusione, anche nel 2013 niente tappeti rossi, per fortuna: quelli li lasciamo volentieri ad altri “lidi”. Qualche difetto ancora c'è, soprattutto sul piano della logistica (la nuova ubicazione della Press Room in Piazza Castello e la probabile mancata reintroduzione delle indispensabili navette renderanno ancora più complicati gli spostamenti), ma sul piano strettamente contenutistico i motivi di fascino non mancano affatto, la concorrenza con Roma non spaventa (più), e l'integrità del festival appare conservata; a Torino c'è e ci sarà ancora il cinema, nella sua accezione più completa e solida.
Appuntamento sotto la Mole dal 22 al 30 novembre e in parallelo qui su Orizzonti di Gloria, con le recensioni di alcuni dei film più significativi a cui assisteremo.

Programma completo sul sito ufficiale

Alessio Gradogna


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