Charles ama Mathilde, è preoccupato per i suoi problemi con il cibo, ma soprattutto è irresistibilmente attratto dalla possibilità di filmare qualsiasi gesto e azione che la riguardi. Mathilde lo lascia fare, anche se in certi momenti inizia a essere stufa di questo occhio meccanico che la fissa in ogni istante. I due si trasferiscono in California, dove Mathilde trova un importante lavoro come prima ballerina; per lei finalmente arrivano il successo e una certa fama, cosa che accresce ulteriormente la “dipendenza” di Charles. Tra loro aumentano le incomprensioni e si acuisce un certo distacco; lei trova un amante e lascia momentaneamente Charles. Lui continua a spiarla anche da lontano. La fissazione scivola verso il masochismo.
Presentato nella sezione Visti da Vicino, riservata ai documentari, La Californie è senza dubbio uno dei titoli più originali e interessanti selezionati in questa edizione del Bergamo Film Meeting. A realizzarlo e interpretarlo Charles Redon, classe 1984, insieme alla fidanzata Mathilde Froustey, complice di un lavoro durante il quale finzione e realtà sanno trovare un felice punto di incontro. Se infatti nella parte iniziale sembra di assistere a un doc incentrato sul complesso rapporto affettivo tra due persone, nel corso nella narrazione l'opera cambia pelle, mutando in un vero e proprio film nel quale si racconta una storia, con tanto di svolte, colpi di scena e variazioni di prospettiva.
L'ossessione di Charles nei confronti di Mathilde annulla i confini del pudore, infilandosi in un campo aperto dove nulla ci viene nascosto: il ragazzo riprende la compagna in ogni istante, sul lavoro e tra le pareti di casa, per le vie della città e in ospedale, ma anche nei momenti più intimi, mentre ne esplora il sesso con le dita, mentre la penetra, sfidando ogni eventuale interrogativo morale. In principio viene infatti da chiedersi se sia giusto filmare una persona con tale morbosità, e mostrarne pubblicamente pregi e difetti, problematiche e fragilità; il dubbio peraltro svanisce quando ci si rende conto che Mathilde ha dato il pieno assenso a inserire nel film ogni scena a cui abbiamo assistito, cosa infatti confermata dallo stesso Redon dopo la proiezione.
Eliminate dunque le eventuali perplessità di cui sopra, va dato atto a Redon di aver assemblato, tassello per tassello, un notevole disegno artistico in cui la struttura portante del documentario si fa altro da sé, percorrendo strade prima parallele e poi convergenti, lungo le quali si compie un viaggio che esplora le fisime di due persone che si spogliano di ogni maschera per scendere in profondità nei meandri di se stesse.
Mathilde si scontra con il cibo e le frustrazioni del mestiere; Charles cerca a tutti i costi la qualità dell'immagine e la rappresentazione del corpo della compagna; tra i due l'amore muta in battaglia, ci si allontana e riavvicina, si prova affetto ma anche vivo disgusto, attrazione e odio, voglia di imporsi e desiderio di punirsi, in un saliscendi emotivo che tocca picchi inattesi (l'incontro di Charles con una Mistress) e finisce per appassionare come se si stesse assistendo a un film di pura invenzione, sino a giungere a un epilogo forse sorprendente, che non sveliamo nel caso in cui un distributore coraggioso decidesse di portare La Californie in Italia (cosa peraltro improbabile).
Nell'incontro con il pubblico post-visione Redon, presente in sala e assai loquace, si è reso disponibile per soddisfare le curiosità degli spettatori. A un certo punto gli è stato chiesto “ma lei, in questo film, ci ha detto la verità o ci ha mentito dall'inizio alla fine?”. La risposta è stata molto significativa: “il film è tutta una bugia. O meglio, è una «sovrabugia», perché in tutto quello che avete visto c'è un insieme di realtà e finzione, vita vera e costruzione scenica, immediata sincerità e scelte di montaggio. Un qualcosa che va oltre alla bugia e che allo stesso tempo va oltre alla verità”.
Proprio qui, in questa affascinante amalgama stilistica, risiede l'estremo interesse di un lavoro coraggioso e stimolante che mostra, ancora una volta, come il cinema possa travalicare qualsiasi definizione e limite.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Festival Reportage
Scheda tecnica
Regia: Charles Redon
Anno: 2015
Durata: 78'
Montaggio: Suzana Pedro
Attori: Charles Redon, Mathilde Froustey