A Locarno si parla d’amore. Sfruttando il cinema come potente strumento per analizzarne le dinamiche, attraverso forme tanto differenti quanto efficaci. Esempio pregnante Olivia & Las Nubes, film d’animazione proveniente dalla Repubblica Dominicana e diretto da Tomás Pichardo-Espaillat, autore assai noto nel suo paese con numerosi lavori già alle spalle.
Da un lato lo stile, dall’altro il racconto. La prima faccia della medaglia ci regala un’opera in cui la creatività domina la scena in ogni istante, grazie a un caleidoscopio di linee, spirali, segmenti e colori in grado di ammaliare lo sguardo attimo dopo attimo. Senza sosta si passa da tratti semplici, stilizzati, persino "infantili" (termine tutt’altro che limitativo) a figure più complesse, da inserti metaforici a invenzioni visive in perenne movimento che transitano da un soggetto e da un materiale all’altro. Il regista e i collaboratori non si risparmiano, amalgamano l’animazione classica con stop motion e immagini live action di stampo documentaristico, dividono spesso lo schermo in quadretti e danno vita a un mondo magico, poetico, surreale, ricchissimo di stimoli per l’occhio oltreché per l’udito.
Poi c’è la scrittura, aspetto non certo secondario, estesa in più storie che si intersecano. Abbiamo Olivia, prigioniera di un vecchio amante perduto che vive sotto il suo letto e si nutre di fiori ricambiando con nuvole di pioggia; Barbara, trattata male dall’uomo che vorrebbe al suo fianco; Mauricio, avvolto dalla tristezza fino a sperare di essere ingoiato dalla terra; Ramon, sbalordito di fronte a una pianta che assume le fattezze di una donna innamorata (e parecchio gelosa). Temi dunque adulti, sviluppati nel segno di una riflessione sui traumi del sentimento, il dolore della lontananza, i rimorsi non curabili, i ricordi che non se ne vanno e sopravvivono alla corrosione del tempo, come marionette in valigia.
L’unione di idee e sostanza è di prima qualità. Una scatola da cui fuoriescono matite, pastelli, nastri e infiniti coriandoli di seta, talmente stipata da rendere quasi impossibile l’eventualità di riuscire a coglierne tutti i dettagli. C’è davvero molta bellezza in Olivia & Las Nubes, lavoro onirico, maturo, eclettico e prezioso.
Maturo, nonostante l’età acerba dei suoi interpreti; aggettivo che ben si presta per introdurre Der Fleck, del tedesco Willy Hans, inserito (come il titolo precedente) nella sezione Cineasti del presente, a conti fatti, un po’ come tutti gli anni, la più interessante del festival. Dagli eventi dell’età adulta passiamo alla dimensione complessa dell’adolescenza. Al centro della scena Simon, annoiato ragazzo che un giorno raggiunge un gruppo di coetanei per una giornata di "relax" al fiume. Minuti e ore scorrono nella placida noia; effusioni tra partner, giochi di rapida dissoluzione, sigarette, scherzi, piccoli imbarazzi. Un languido dolce far niente da cui Simon si sente escluso. Sempre in disparte, a incrociare con timidezza e vergogna gli sguardi altrui ed essere più volte sul punto di andarsene. La situazione di stallo muta però all’arrivo di Maria, ragazza dall’apparente scudo forte sotto il quale però si percepisce una certa fragilità e tenerezza. Simon e Maria si allontanano dagli altri, trovando senza bisogno di parole o di chissà quali gesti una spontanea complicità che li porta ad avventurarsi nel bosco. Ha inizio un viaggio incantato, durante il quale i due ragazzi si fondono con gli alberi, le pietre, l’acqua, limitandosi a minimi approcci fisici tra loro ma vivendo un’esperienza speciale che probabilmente rimarrà impressa nella memoria.
Il paradosso di Der Fleck è la sostanziale immobilità, in contrasto con una sorta di ipnosi che ammanta lo spettatore senza sforzo. Non accade quasi nulla, nella prima parte e pure nella seconda. Nonostante ciò la mano dell’autore ci trasporta in una realtà sospesa, rarefatta, in cui sembra non esserci né un prima né un dopo. Siamo dentro le viscere di una bolla panica che elimina le maschere, gli obblighi della scuola, le pressioni sociali, i sogni del futuro. Siamo nell’attimo, lì e ora, un attimo da consumare con lentezza, folletti nel regno della natura e forse beneficiari di un primo silente tuffo nella passione.
Hans guida l’escursione bucolica prendendosi più di una libertà: consente ai protagonisti di guardare verso la macchina da presa, inquadra un ciak rompendo la parete della finzione, cambia stile e velocità di montaggio. Sceglie i volti giusti, in particolare quello di Alva Schäfer (berlinese classe 2002), i cui capelli in tinta eccentrica e il cui considerevole magnetismo riportano alla mente la Léa Seydoux di La vie d’Adèle. E quando i contorni di fiaba finiscono e i ragazzi si ricongiungono alla compagnia, rimangono la stanchezza e qualche foto sfocata e imbranata, testimonianze dell’episodio che potrebbe aver decretato la nascita di una relazione e/o un rito di passaggio.
Però se anche così non fosse poco importa; c’è stato il momento. Uno di quelli che non si dimenticano mai.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno 77
Schede tecniche
Olivia & Las Nubes (Olivia & the Clouds)
Regia e sceneggiatura: Tomás Pichardo-Espaillat
Voc: Héctor Aníbal, Olga Valdez, Elsa Núñez, Dominique Goris, Fery Cordero
Musica: Cem Misirlioğlu
Anno: 2024
Durata: 84’
Der Fleck (Skill Issue)
Regia e sceneggiatura: Willy Hans
Attori: Leo Kuhn, Alva Schäfer, Shadi Eck, Felix Maria Zeppenfeld
Fotografia: Paul Spengemann
Montaggio: Willy Hans, Matthias Graatz
Musica: Isolée, Daniel Hobi, Christoph Blawert
Anno: 2024
Durata: 94’
Da un lato lo stile, dall’altro il racconto. La prima faccia della medaglia ci regala un’opera in cui la creatività domina la scena in ogni istante, grazie a un caleidoscopio di linee, spirali, segmenti e colori in grado di ammaliare lo sguardo attimo dopo attimo. Senza sosta si passa da tratti semplici, stilizzati, persino "infantili" (termine tutt’altro che limitativo) a figure più complesse, da inserti metaforici a invenzioni visive in perenne movimento che transitano da un soggetto e da un materiale all’altro. Il regista e i collaboratori non si risparmiano, amalgamano l’animazione classica con stop motion e immagini live action di stampo documentaristico, dividono spesso lo schermo in quadretti e danno vita a un mondo magico, poetico, surreale, ricchissimo di stimoli per l’occhio oltreché per l’udito.
Poi c’è la scrittura, aspetto non certo secondario, estesa in più storie che si intersecano. Abbiamo Olivia, prigioniera di un vecchio amante perduto che vive sotto il suo letto e si nutre di fiori ricambiando con nuvole di pioggia; Barbara, trattata male dall’uomo che vorrebbe al suo fianco; Mauricio, avvolto dalla tristezza fino a sperare di essere ingoiato dalla terra; Ramon, sbalordito di fronte a una pianta che assume le fattezze di una donna innamorata (e parecchio gelosa). Temi dunque adulti, sviluppati nel segno di una riflessione sui traumi del sentimento, il dolore della lontananza, i rimorsi non curabili, i ricordi che non se ne vanno e sopravvivono alla corrosione del tempo, come marionette in valigia.
L’unione di idee e sostanza è di prima qualità. Una scatola da cui fuoriescono matite, pastelli, nastri e infiniti coriandoli di seta, talmente stipata da rendere quasi impossibile l’eventualità di riuscire a coglierne tutti i dettagli. C’è davvero molta bellezza in Olivia & Las Nubes, lavoro onirico, maturo, eclettico e prezioso.
Maturo, nonostante l’età acerba dei suoi interpreti; aggettivo che ben si presta per introdurre Der Fleck, del tedesco Willy Hans, inserito (come il titolo precedente) nella sezione Cineasti del presente, a conti fatti, un po’ come tutti gli anni, la più interessante del festival. Dagli eventi dell’età adulta passiamo alla dimensione complessa dell’adolescenza. Al centro della scena Simon, annoiato ragazzo che un giorno raggiunge un gruppo di coetanei per una giornata di "relax" al fiume. Minuti e ore scorrono nella placida noia; effusioni tra partner, giochi di rapida dissoluzione, sigarette, scherzi, piccoli imbarazzi. Un languido dolce far niente da cui Simon si sente escluso. Sempre in disparte, a incrociare con timidezza e vergogna gli sguardi altrui ed essere più volte sul punto di andarsene. La situazione di stallo muta però all’arrivo di Maria, ragazza dall’apparente scudo forte sotto il quale però si percepisce una certa fragilità e tenerezza. Simon e Maria si allontanano dagli altri, trovando senza bisogno di parole o di chissà quali gesti una spontanea complicità che li porta ad avventurarsi nel bosco. Ha inizio un viaggio incantato, durante il quale i due ragazzi si fondono con gli alberi, le pietre, l’acqua, limitandosi a minimi approcci fisici tra loro ma vivendo un’esperienza speciale che probabilmente rimarrà impressa nella memoria.
Il paradosso di Der Fleck è la sostanziale immobilità, in contrasto con una sorta di ipnosi che ammanta lo spettatore senza sforzo. Non accade quasi nulla, nella prima parte e pure nella seconda. Nonostante ciò la mano dell’autore ci trasporta in una realtà sospesa, rarefatta, in cui sembra non esserci né un prima né un dopo. Siamo dentro le viscere di una bolla panica che elimina le maschere, gli obblighi della scuola, le pressioni sociali, i sogni del futuro. Siamo nell’attimo, lì e ora, un attimo da consumare con lentezza, folletti nel regno della natura e forse beneficiari di un primo silente tuffo nella passione.
Hans guida l’escursione bucolica prendendosi più di una libertà: consente ai protagonisti di guardare verso la macchina da presa, inquadra un ciak rompendo la parete della finzione, cambia stile e velocità di montaggio. Sceglie i volti giusti, in particolare quello di Alva Schäfer (berlinese classe 2002), i cui capelli in tinta eccentrica e il cui considerevole magnetismo riportano alla mente la Léa Seydoux di La vie d’Adèle. E quando i contorni di fiaba finiscono e i ragazzi si ricongiungono alla compagnia, rimangono la stanchezza e qualche foto sfocata e imbranata, testimonianze dell’episodio che potrebbe aver decretato la nascita di una relazione e/o un rito di passaggio.
Però se anche così non fosse poco importa; c’è stato il momento. Uno di quelli che non si dimenticano mai.
Alessio Gradogna
Sezione di riferimento: Locarno 77
Schede tecniche
Olivia & Las Nubes (Olivia & the Clouds)
Regia e sceneggiatura: Tomás Pichardo-Espaillat
Voc: Héctor Aníbal, Olga Valdez, Elsa Núñez, Dominique Goris, Fery Cordero
Musica: Cem Misirlioğlu
Anno: 2024
Durata: 84’
Der Fleck (Skill Issue)
Regia e sceneggiatura: Willy Hans
Attori: Leo Kuhn, Alva Schäfer, Shadi Eck, Felix Maria Zeppenfeld
Fotografia: Paul Spengemann
Montaggio: Willy Hans, Matthias Graatz
Musica: Isolée, Daniel Hobi, Christoph Blawert
Anno: 2024
Durata: 94’