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NARCISO NERO - Il velo, il vento, il male

8/4/2013

3 Comments

 
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Per una che ha studiato dalle suore, sacrificando la propria infanzia sull’altare delle buone maniere, parlare di veli bianchi mette a disagio. Così a disagio che, a motivarmi verso la visione del film, è stata una delle mie eroine preferite: Deborah Kerr. Ecco, se la pallida e aggraziata attrice scozzese non fosse stata il volto protagonista di questo kolossal, forse la repellenza di fronte ai veli bianchi avrebbe avuto il sopravvento. Altra perplessità è affiorata in me quando mi sono trovata di fronte a un’immagine colorizzata: un vero peccato per una smodata amante del bianco e nero. Ebbene, in questo caso, lunga vita ai colori sgargianti che trascinano in una terra lontanissima, creando riflessi e baluginii dorati, offrendo vivacità a terra e fiori. Superba e indicata cornice cangiante per una storia d’inquietudine sul ciglio di un burrone.
Narciso nero è la mia favola personale, il film che riguardo volentieri ogni volta che voglio sentirmi altrove, come se m’illudessi di poter assistere ciascuna volta a un nuovo finale. La storia non cambia mai, ma ipnotizza sempre.
C’è quel grande palazzo reale, antico harem, incastonato nel punto più ventoso dell’Himalaya: un principesco blocco di storia e di peccato arpionato alla roccia, arioso e azzurro, sporgente verso il nulla di un precipizio. Ogni volta che vedo quella immagine ho l’impressione di sentire freddo sino alla punta dei piedi. Forse è ciò che capita anche alla giovane e volonterosa suor Clodagh (Deborah Kerr), quando si ritrova a guidare le sorelle del suo ordine verso l’antico palazzo, in qualità di Madre Superiora. Clodagh è troppo inesperta e segretamente spaventata, messa in guardia da tutti circa il vecchio harem della montagna: non si può farne un convento, nel villaggio è detto “la casa delle donne” e il principe vi si intratteneva con le sue cento amanti. Ma Clodagh è un tipo determinato, e si sente responsabile per le sue giovani consorelle; così s’inerpica per l’ostile sentiero roccioso e scopre il palazzo delle meraviglie e delle ombre. 
I muri gridano ancora le antiche pitture erotiche e proibite, il vento e l’altitudine si prendono gioco dei sensi creando illusioni di vertigine, il colore azzurro è dilagante e una vecchia custode dal passato poco chiaro è rimasta lì a prendersi cura della voliera degli uccellini. Ci sono tutti gli elementi per una favola al contrario, dove il castello scintillante come una perla fra le nuvole altro non è che un vecchio rifugio di peccatori e piaceri. Scende in campo uno dei fili conduttori che preferisco in romanzi e film: la capacità dei luoghi di alterare il carattere dei personaggi. In altre parole, il coraggioso gruppetto di suore si ammala. 
Dapprima i danni dell’altitudine e dell’acqua scarsamente potabile intaccano i loro corpi. Poi sono le piccole, immacolate teste sotto il velo a ospitare la pazzia. Una dopo l’altra, le giovani suore si sentono minacciate dal richiamo della carne e della morte. Il palazzo diventa un crudele marionettista e le notti si fanno lunghe e angosciose per la stessa Clodagh, ossessionata dal ricordo di un suo antico fidanzato. Il misterioso Mr Dean, residente inglese, sembra incarnare i desideri repressi delle religiose. I fiori prendono il posto delle patate nell’orto, i profumi si fanno più intensi. Suor Ruth (una spaventosa Kathleen Byron) assume via via contorni sfocati e demoniaci, come se il male albergasse in lei. La spossata suor Clodagh cerca di fermarla, intuendo la catastrofe imminente. Ma questa favola folle schizza velocemente verso l’orizzonte della paura. Il nero e l’azzurro si mescolano, rendendo indimenticabile il ghigno del male sul viso di Ruth. Una vecchia campana affacciata sul burrone scandisce le terrificanti ore del palazzo. Gli abitanti del villaggio, talvolta ostili, abbandonano il convento dove avevano trovato cure e istruzione per tornare nel silenzio delle proprie capanne. Ecco, ora il palazzo è deserto e il male può arrampicarsi sui muri come un infestante, cercando di abbattere il corpo stremato della piccola suor Clodagh una volta per tutte.
Questo film rapisce per la sua distanza dal mondo: ci si sente appollaiati sullo sperone roccioso con Clodagh, al centro di una corona di montagne ghiacciate, fra sconosciuti che parlano un’altra lingua. Viene voglia di toccare ogni pianta bagnata dalle grandi piogge e scalare la montagna per vedere il santone che “non dorme mai”, voglia di sporgersi sul grande nulla ai piedi della monolitica roccia, di percorrere i corridoi del palazzo offrendosi in pasto al vento. Le voci femminili emergono decise in questo piccolo capolavoro di purezza e perversione, fedeltà e tradimento.
Anche noi, davanti allo schermo, respiriamo di colpo l’aria gelida delle pulsioni, ritrovandoci a sperare in un finale che dia sollievo al nostro cuore.
Ecco perché ho rivisto mille volte questo film. Sto ancora aspettando che il mio cuore si dia pace.

Maria Silvia Avanzato

Sezione di riferimento: Vintage Collection


Scheda tecnica

Titolo originale: Black Narcissus
Anno: 1947
Regia: Michael Powell, Emeric Pressburger
Sceneggiatura: Michael Powell, Emeric Pressburger (dal racconto di Rumer Godden)
Fotografia: Jack Cardiff
Musiche: Brian Easdale
Durata: 100'
Interpreti principali: Deborah Kerr, Flora Robson, Kathleen Byron, Esmond Knight

3 Comments
Mauro
26/1/2014 11:46:04 pm

Bellissimo il tuo commento, ti faccio solo un appunto, il film non è colorizzato ma in Glorioso Technicolor, e P&P con inumana capacità tecnica ricostruirono tutto in studio, con modellin e matte painting da virtuosi.
Grazie per Deborah, vedo che siamo almeno in due ad amarla

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M. Silvia Avanzato
2/2/2014 12:03:44 am

Grazie Mauro, una giustissima precisazione. Ho un amore speciale per la Kerr e conto di "raccontarla" presto per quanto riguarda il film "Un amore splendido" dove l'ho trovata straordinaria. Se hai segnalazioni da farmi o film che vorresti vedere trattati, non esitare a comunicarmelo. Mi fa piacere sapere che condividiamo questa passione. A presto.

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Mauro
6/2/2014 11:07:07 pm

Buon pomeriggio Sivia e grazie per il commento.
DK (ma sono terribilmente di parte) è la più sottovalutata, probabilmente la più brava e (almeno per me) la più bella delle attrici cinematografiche degli 'anni d'oro'. Ho appena rivisto "Un amore splendido" in lingua per godermi anche la morbida e femminile ed espressiva voce di DK, è un'esperienza lei era talmente brava da farti capire una pagina di copione con un lampo dei suoi occhi verdi, od un gesto delle mani... come nel finale, sai quando Grant le stringe freddamente la mano e lei resta lì a fissare la propria mano con l'agonia nello sguardo... E' un momento che non è come si dice troppo spesso 'strappalacrime', è puro dramma! Del resto tutto il film ha un fondo di drammaticità esistenziale, soprattutto da parte di Terry che è in fondo consapevole di essere all'ultima chiamata per giustificare una vita che non le ha offerto niente, almeno da un punto di vista dello spirito; sai la sua battuta sull ‘inverno che è freddo quando non ci sono ricordi a scaldarlo’… dice molto sulla persona che in quel momento è DK.
Per me abbiamo materiale da Oscar anche lì, nel ’57 le sarebbe stata bene la doppia nomination!
Poi abbiamo il fantastico bacio ‘suggerito’ sai quello sulla scala, per me vale quello di Notorius e di sicuro è più sensuale del ruzzolarsi sulla spiaggia in Da qui All’Eternità, e tra l’altro non è nel copione, come diversi punti del film è frutto dell’improvvisazione di CG&DK, DK che tra l’altro secondo me sarebbe stata bravissima anche nella commedia pura, è impagabile la gag con la pellicola del fotografo di bordo casualmente caduta in mare, o quella dello champagne spruzzato sulle pettegole in ascolto al bar (anch’essa improvvisata) od il dialogo silenzioso con CG alla banchina allorché arrivano i partner ‘ufficiali’… nota la verde perfidia nello sguardo quando riconosce Lois… Sul finale si è scritto e detto di tutto, ma se ci si concentra su DK, tra l’altro lei è in una posizione difficilissima per recitare, immobile con metà del corpo sotto una coperta, vediamo come riesce a trasmettere veramente la terribile sofferenza di Terry senza cadere nel melodrammatico o nel patetico (quante attrici riuscirebbero ad interpretare quella scena? A me viene in mente solo Cate Blanchett…). DK aveva una capacità che non c’è in alcuna altra attrice del ‘periodo classico’ e che solo poche attuali hanno (CB per non far nomi), vale a dire la capacità di scomparire nel personaggio che interpreta. Non abbiamo DK che ‘fa’ Flavia o Miss Giddens o Ida o Suor Angela o Terry e così via ma questi personaggi che per la durata del film sono persone vere, perché lei era così brava da scomparire nel personaggio.. E quale attrice accetterebbe di diventare la smorta e brutta e repressa Sybil di ‘Tavole separate’… L’anima del personaggio è così indossata da DK da far dimenticare la sua reale bellezza (se hai presente Flavia o Johnny Cannon sai cosa intendo dire).
Mia moglie resta sempre raggelata dalla scena di Narciso Nero allorché Clodagh esce di casa per andare dal fidanzato che presto l’abbandonerà e viene inghiottita dalla tenebra, forse simbolica dell’oscurità in cui sta per piombare il suo cuore… che geni Powell&Pressburger! Tra l’altro nelle sequenze dei ricordi DK è di una bellezza stupefacente… Capisco come sul set di ‘Colonel Blimp’ tutti quanti fossero innamorati perdutamente di lei! E sempre sugli sguardi di DK in ‘The Sundowners’ la breve scena in cui Ida arruffata ed impolverata e cotta dal sole vede su un treno una donna elegante, intenta ad incipriarsi… DK la fissa e si sfiora una guancia con le dita… Ci ha raccontato tutta la durezza e le privazioni ed il desiderio di normale femminilità di Ida… senza una parola, in pochi secondi…
Ok chiudiamo la lettera d’amore a DK, anche se non ami molto le suore mi piacerebbe la tua opinione su ‘L’anima e la carne’, Suor Angela è diversissima da Clodagh ma ugualmente intrigante, a DK forse piaceva la sfida di recitare con una tonaca indosso, niente corpo, solo volto ed occhi e mani? E per fare breve elenco anche ‘Tè e simpatia’ ‘The Sundowners’ appunto e ‘I See a Dark Stranger’. Tra l’altro tanti dei suoi film proprio non si trovano in Italia in DVD per non parlare del Bluray… Fa niente, con tutto il rispetto per le doppiatrici (bravissime) italiane la voce di DK è puro piacere da sentirsi.
Grazie per lo spazio e buon cinema

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