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LA SIGNORA SCOMPARE - Rebus sulle rotaie

26/2/2014

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L’ultimo disguido che mi è capitato a bordo di un treno è finito sul giornale. Il modesto e arrancante regionale è andato a sbattere contro un camion fermo al passaggio a livello e abbiamo passato quaranta minuti in un campo, in agosto, sotto il sole.
Quello era il mese dell’afa, questo è il mese del freddo. Con i piedi al calduccio e gli occhi ben aperti non ci resta che perderci in un gioiellino firmato da Afred Hitchcock. A tal fine, dobbiamo spostarci tutti a Brandika, ma non affannatevi a localizzarla sulle cartine. Brandika non esiste, è uno scenario freddissimo fatto di lanterne, casupole e piccole locande, definito sin dalle prime scene “uno dei posti più sperduti d’Europa”.
Ci accoglie una locanda, l’idioma sconosciuto del paese e una gran ressa nella hall, mentre il goffo locandiere Boris cerca di trovare una stanza per tutti. Colti di sorpresa da una tormenta di neve, i più disparati turisti inglesi si accalcano nelle antiquate stanze in attesa di prendere un treno e ripartire. “Quando nevica tutto scompare, anche i treni” afferma Boris gesticolando in modo profetico a pochi minuti dall’inizio del film. Ben presto la notte scende sulle comiche vicissitudini dei turisti.
C’è una coppia di noiosi amici londinesi fissati col cricket. C’è la giovane Iris (Margaret Lockwood), splendida fanciulla in procinto di raggiungere il suo “riccone londinese” e sposarlo. Vera nota di colore è poi Gilbert (Michael Redgrave), musicista esuberante con la faccia da schiaffi e il sorriso contagioso. Più ombrosa è una coppia di poche parole, amanti clandestini. Vero perno delle scene, tuttavia, è Miss Froy, burrosa e cinguettante governante inglese impersonata da una tenera e irresistibile Dame May Whitty. Mentre un cantore si aggira sotto le finestre intonando una vecchia ballata, la luna fa scintillare il manto nevoso e precipitiamo nel minuscolo paesaggio, ne odoriamo il legno antico, saggiamo il tepore delle vecchie coperte, divoriamo la nostra razione di zuppa. Le luci si spengono su una notte gelida nel paese che non c’è.
L’indomani i turisti si avvicinano all’unico treno superstite diretto a Londra. Mentre la giovane Iris è intenta ad aiutare Miss Froy, un vaso di fiori spinto da un cornicione la colpisce in testa. Salite a bordo, perché il treno per Londra è in partenza e ha in serbo molte altre brutte sorprese per voi.
Fra i ritmici sbuffi della locomotiva, Miss Froy soccorre la futura sposina e fa amicizia con lei. Le due si mettono a chiacchierare nel vagone ristorante. Un pacchetto di tè inglese, il paesaggio innevato che scorre al finestrino, un ambiente raccolto e foderato di velluto dove gli attimi scorrono confortanti. Ci si affeziona a questo treno e a quella cara Miss Froy chiacchierona e gentile; è ciò che avviene anche a Iris, che di lì a poco decide di mettersi comoda sul sedile e prendere sonno. Quando la ragazza si sveglia, nota che il sedile di fronte a lei, dove sedeva Miss Froy intenta a risolvere una sciarada sulla rivista, è vuoto. Qualche occhiata, qualche domanda ai grotteschi compagni di scompartimento, un prestigiatore dall’aria inquietante e la sua lugubre famiglia. Ben presto cresce in Iris l’agitazione. La ragazza si alza e vaga sul treno, rivolge a tutti una domanda che si ritroverà a ripetere spesso: “Dov'è Miss Froy?”.
Già. La signora è scomparsa e da quell’attimo di disattenzione (il tempo di un sonnellino) si dipana un film capace di scuotere e lasciare col fiato sospeso, in un crescendo suggestivo e ben orchestrato dal maestro del brivido.
Ripercorrendo gli istanti passati con la vecchia signora, Iris sta per interrogare i passeggeri uno per uno. Nessuno di loro affermerà di aver visto Miss Froy, alcuni negheranno l’evidenza. C’è chi accusa Iris di aver preso un forte colpo in testa che la porta a sragionare, c’è chi sembra essere invischiato in un complotto, c’è addirittura il legittimo dubbio dello spettatore: la cara governante inglese esisteva realmente o era una visione?
Ad aiutare Iris in questa corsa a perdifiato su e giù per il claustrofobico microcosmo del treno troveremo Gilbert, il musicista sfacciato e buontempone che crede all’impossibile. E forse questo insospettabile eroe romantico inizia a guardare Iris con occhi diversi.
Uno dei lavori minori dell'autore, ma uno dei migliori. Scoppiettante, energico, amaro e comico al tempo stesso, in pieno stile hitchcockiano. Un caotico serraglio di caricature che affollano il treno con i propri capricci, le proprie paure e una notevole quantità di bugie che fanno girare Iris e Gilbert come trottole impazzite. Perfidi trabocchetti e scambi di persona, mentre le tracce del passaggio di Miss Froy alimentano i sospetti dei due giovani detective. Chi ha fatto sparire l’innocua vecchietta? Si può nascondere un corpo a bordo di un treno?
Un dolce e accurato film che punta dritto al finale, senza cali di tensione.
Di tutte le avventure che i treni ci riservano, questa è la più emozionante.

Maria Silvia Avanzato

Sezione di riferimento: Vintage Collection


Scheda tecnica

Titolo originale: The Lady Vanishes
Anno: 1938
Durata: 97'
Regia: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: Sidney Gilliat, Frank Launder (dal romanzo The Wheel Spins di Ethel Lina White)
Fotografia: Jack E. Cox
Musiche: Louis Levy, Charles Williams
Attori: Michael Redgrave, Margaret Lockwood, Dame May Whitty, Paul Lukas, Cecil Parker

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BEDELIA - Quelle tremende miniature

2/1/2014

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Il mio modo di salutare il Natale è restare col naso schiacciato contro la vetrina di un negozietto. Lì, ogni anno in dicembre, rivivono minuscoli incanti meccanici. Sono palle di neve animate, piste per pattinatori in miniatura, un intero reame di statuette che si muovono al suono dei campanelli. Quella vetrina è tutto il Natale, condensato in bambole mignon capaci di muoversi.
Possiamo scegliere una sfera di vetro e scivolare al suo interno. Possiamo scegliere fra tutte la più malvagia e ritrovarci a contemplare un viso di donna dipinto. Da quel ritratto e per quella donna, ha inizio un lungo flash back che ci trascina nella cornice deliziosa di una Monte Carlo da cartolina. È il 1913: Ben Chaney, uno spigoloso e ambiguo Barry K. Barnes, sta dipingendo una scena di strada. Quindi si incammina con le sue tele sottobraccio fino a giungere a una gioielleria dove una donna dal vistoso cappellino sta contrattando per far incastonare una rara perla nera su un anello. Chaney non può fare a meno di fissarla. Di lei scopriamo qualcosa, più tardi.
Scopriamo che è felicemente sposata, sta trascorrendo a Monte Carlo la sua luna di miele e si chiama Bedelia: pur godendo della bellezza seducente di una giovanissima Margaret Lockwood, non ama essere fotografata perché “non si sente fotogenica”. Nella stanza d’hotel assieme al marito, Bedelia è distesa sul letto accarezzando un gatto e rivela un temperamento bambino, capriccioso e sornione quanto quello del suo famiglio. Charlie Carrington (Ian Hunter) è il premuroso marito dai modi paterni e nulla può scalfire la spensieratezza di questa coppia innamorata. Ma mentre sorseggiano un drink, c’è un uomo che li tiene d’occhio ed è quel pittore, Chaney, ansioso di conoscerli con un pretesto. 
L'artista da subito ricopre la giovane sposa di domande e la infastidisce cercando di farle il ritratto. Impossibile non notare la perla nera alle mani della donna: “è bigiotteria, un gingillo da due soldi che ho comprato a Parigi” spiegherà lei. Ora sappiamo una cosa in più sul conto di Bedelia: è una bugiarda.
Qui, in un sottovuoto perfetto di minute creature animate, la nostra sfera di vetro inizia a scuotersi e quella ridente Monte Carlo sullo sfondo sbiadisce scena dopo scena. Bedelia, via via più sfuggente, non è certamente chi dice di essere e il pittore Chaney lo sa. Potrebbe essere la Madame Du Lac che un passante ritiene di aver riconosciuto in lei? Non ci è dato il tempo di scoprirlo perché il regista capovolge la sfera e lo scenario cambia di colpo.
Ora siamo a casa dei Carrington, in un delizioso anfratto dello Yorkshire. La coppia è appena rientrata dal viaggio di nozze in quella dimora delle meraviglie, tutta camini accesi e divanetti. Il paese, spesso inquadrato dall’esterno durante le nevicate, è una graziosa miniatura inglese dal retrogusto piacevolmente natalizio. Tetti spioventi, campanili e piccole luci accese nel candore del manto nevoso; uno scrigno di morbida e calda sicurezza dove i personaggi fluttuano come figurine ritagliate nella carta, versandosi generose tazze di tè. I cantori annunciano un sereno Natale dagli angoli delle strade; il cenone Natalizio, fra musiche e candele, ha tutto il sapore della tradizione. Bedelia, magnifica statuetta vestita di nero, è un’amorevole padrona di casa pronta ad accogliere i suoi invitati. 
Peccato che fra quelli ci sia anche il pittore Chaney, stranamente capitato in quello stesso villaggio per terminare un ritratto, in un cottage poco distante. Naturalmente si tratta del ritratto di Bedelia e l’intento del pittore non è soltanto imprigionarla sulla tela, ma far saltare per aria attraverso un gioco di sottili pressioni psicologiche quel suo coperchio di rispettabilità. Perché Bedelia, la donna che coccola il gatto nella palla di vetro della felicità, è capace di sguardi arcigni, irreprimibili scoppi d’ira e piani perfidi. Bedelia, che colleziona bamboline nel suo piccolo mondo d’oro e di seta, è una grande menzogna costruita a regola d’arte, ma si è premurata di celarlo sotto una cipria color pesca e un nuovo colore di capelli.
Incantevole B-Movie firmato da un ingiustamente poco conosciuto Lance Comfort, questo film respira attraverso i suoi villaggi in miniatura. Con il sottofondo romantico del Natale (e dell’affascinante melodia che i Carrington hanno eletto “musica del loro amore”), colpisce lo spettatore per l’attento dosaggio di tensione. Gli abitanti di queste palle di neve sono sintesi di un dualismo oscuro e l’indagine psicologica è la grande matrigna sullo sfondo. Cosa si nasconde sotto lo smalto brillante della gioia coniugale? Quali demoni si agitano nel corpo di libellula della tormentata Bedelia? Molti più di quelli che possiate immaginare. Basta capovolgere la palla di vetro e il paesaggio assumerà un aspetto nuovo.
Un po’ come quell’eroico negozietto che diffonde un Jingle Bells mentre, poco distante, le auto congestionate fanno delle città una giungla.

Maria Silvia Avanzato

Sezione di riferimento: Vintage Collection


Scheda tecnica

Regia: Lance Comfort
Sceneggiatura: Vera Caspary, Herbert Victor, Isadore Goldsmith (dal racconto di Vera Caspary)
Fotografia: Freddie Young
Montaggio: Michael Truman
Musiche: Hans May
Anno: 1946
Durata: 90'
Attori: Margaret Lockwood, Ian Hunter, Barry K. Barnes , Anne Crawford

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