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TORINO 32 - La chambre bleue, di Mathieu Amalric

22/11/2014

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L'amore che non muore. Quello che ti resta dentro, ti consuma e ti devasta, al punto di commettere gesti insensati che potrebbero disintegrare la tua vita. L'amore passionale, estremo, radicale, che scavalca ogni confine etico e ti precipita nel vuoto. L'amore che non finisce, per il quale sei disposto a puntare tutto sulla giocata più pericolosa, oltre la quale non c'è più alcuna via di ritorno.
Siamo in un piccolo paese della provincia francese; uno di quei luoghi ristretti in cui tutti fanno finta di non vedere ma in fondo osservano, spiano, sanno. Un imprenditore agricolo ritrova una donna con cui aveva avuto un principio di relazione alcuni anni prima; tra i due scoppia l'incendio carnale, morboso e inarrestabile, una droga di cui in breve tempo non si può più fare a meno. Entrambi sono sposati, ma iniziano a tradire i rispettivi consorti, incontrandosi regolarmente nella stanza di un hotel; lì, in quella camera dalle pareti azzurre, si tuffano in amplessi goderecci e rabbiosi. Dopodiché tornano a casa, nascondendo sotto lo zerbino l'odore del sesso appena consumato. Il meccanismo pare funzionare senza troppi intoppi, ma dopo un po' la lussuria non basta più; chi sta loro intorno diventa un ostacolo fastidioso, troppo fastidioso; un qualcosa che bisogna eliminare.
Come forse ormai saprete chi scrive considera Mathieu Amalric un attore di livello eccelso, con pochissimi eguali nell'intero panorama europeo. Non contento di fornire prove recitative sempre ai limiti della perfezione, Amalric conferma una volta ancora di avere ottime doti anche in veste di regista, grazie a La chambre bleue, sua quarta prova dietro la macchina da presa, tratta da un romanzo di Georges Simenon e presentata al Torino Film Festival dopo il soddisfacente passaggio a Cannes.
Scritto insieme a Stéphanie Cléau, anche co-protagonista del film nonché sua compagna nella vita, e girato in sole tre settimane, con budget e troupe ai minimi termini, il lavoro di Amalric compie la non facile impresa di trasportare ai giorni nostri un romanzo pubblicato nel 1963, mantenendo intatte le peculiarità dell'opera narrativa. Un po' come accade in Diplomacy di Schlöndorff (derivato da una pièce teatrale), anch'esso in programma al TFF, ci troviamo di fronte a un lavoro filmico che rispetta la materia d'origine e la rimodella senza pretendere di reinventarla, affidandosi a una messinscena puntuale e ben sintonizzata con le connotazioni linguistiche e sociali da cui prende spunto.
Amalric costruisce la sua regia come un meccanismo a incastro, in cui i tempi  si alternano e si contraggono, giustapponendo il presente, ovvero il pressante interrogatorio a cui sono sottoposti i due amanti, arrestati con l'accusa di aver assassinato i rispettivi compagni, con il recente passato, ovvero i fatti (realmente?) accaduti. Di fronte al commissario di polizia il protagonista Julien Gahyde ricostruisce giorno per giorno e parola per parola la sua relazione fedifraga, cercando di divincolarsi di fronte alle sempre più evidenti prove che pendono sulla sua testa; nel contempo noi vediamo le stesse scene declamate durante la testimonianza, scivolando a piene mani nel racconto per soppesare fatti e probabilità, bugie e verità. La sentenza finale del giudice accoglie senza troppe sorprese i due amanti, ma ciò che più (ci) interessa è rivivere il prima e provare a capire il perché, affinché ognuno di noi possa formare il proprio parere, senza condizionamenti in un senso o nell'altro.
Amalric compie un delicato ed efficace lavoro di sintesi, mantenendo la giusta equidistanza da ogni orpello stilistico e da ogni eventuale giudizio morale. La sua messinscena sa essere elegante e raffinata, ma al contempo riesce a trovare spunti originali, soffermandosi su primi piani, segmenti e lievi particolari, escludendo quasi totalmente i campi totali e focalizzandosi sui contrasti che nascono all'interno di ogni inquadratura.
Il regista/attore, a proprio agio nel doppio ruolo, esibisce senza alcuna remora il suo corpo nudo, così come quello della sua compagna nella finzione e nella realtà, azzardando perfino un paio di coraggiosi dettagli anatomici; l'amour fou che domina il racconto è visualizzato fin dentro le viscere, nel sangue di un morso e nei caldi liquidi dell'eccitazione. Le differenti tonalità cromatiche, tra il blu della camera, il rosso della passione e il grigio dell'interrogatorio, accompagnano inoltre gli stati d'animo sempre più incerti del personaggio, fino a che Gahyde, borioso e scaltro all'inizio, diventa un pulcino bagnato, schiacciato dal peso di una situazione impazzita a cui non può più porre rimedio.
Il suo sguardo perso nel vuoto, attonito, nudo come il corpo, testimonia e sigilla con esemplare efficacia lo smarrimento di chi ha spinto troppo oltre una temeraria sfida con il destino, cercando i gemiti dell'amore e trovando invece i sospiri della rovina.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Torino 32


Scheda tecnica

Regia: Mathieu Amalric
Sceneggiatura: Mathieu Amalric, Stéphanie Cléau (dal romanzo “La camera azzurra” di Georges Simenon)
Attori: Mathieu Amalric, Léa Drucker, Stéphanie Cléau, Laurent Poitrenaux
Fotografia: Christophe Beaucarne
Musiche: Grégoire Hetzel
Montaggio: François Gédigier
Anno: 2014
Durata: 75'

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TORINO 32 - Il programma ufficiale

12/11/2014

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Nel segno della qualità e della ricerca, sempre e comunque. Il Torino Film Festival non si smentisce, non ci abbandona, e anche quest'anno propone un programma ricchissimo di contenuti e suggestioni, in cui perdersi tra i numerosi sentieri tematici messi a disposizione di spettatori e addetti ai lavori.
Nonostante i continui tagli al budget, e la concorrenza di altri Festival (pardon, Feste) sempre più inutili, la manifestazione piemontese, diretta quest'anno finalmente in via ufficiale da Emanuela Martini, ha saputo rendersi ancora una volta indispensabile, assemblando un cartellone che offre al pubblico solo l'imbarazzo della scelta. Nove giorni di festival, dal 21 al 29 novembre, con 197 film, comprensivi di 70 anteprime italiane e 45 anteprime mondiali; undici sale dedicate, contro le tredici degli scorsi anni: si punta per quanto possibile al risparmio, dal punto di vista logistico, ma senza intaccare l'eccellente qualità del lavoro compiuto dai selezionati, come sempre abili a comporre un programma estremamente eterogeneo. 
In questo magnifico marasma indicare i cosiddetti titoli “imperdibili” diventa un'operazione ai limiti dell'impossibile, perché tanti e troppi sono i potenziali cavalli di battaglia del festival, disseminati tra la sezione Torino 32 (ovvero i film in concorso, come sempre opere prime, seconde e terze) e le tante sezioni collaterali, dalla pantagruelica Festa Mobile all'oscura After Hours, dalla raffinata e sperimentale Onde ai TFF Doc, passando per la seconda parte della retrospettiva dedicata alla New Hollywood, senza dimenticare omaggi, restauri e ulteriori mini-sezioni non prive di interesse. 
Dando dunque per scontato che le sale torinese saranno piene in ogni ordine di posto per tutte le proiezioni di titoli “forti” come Magic in the Moonlight di Woody Allen, A Second Chance di Susanne Bier, The Disappearance of Eleanor Rigby di Ned Benson (con Jessica Chastain, due film “gemelli” in cui la stessa storia è raccontata da due diverse prospettive), The Rover di David Michod (con Robert Pattinson), The Theory of Everything di James Marsh (possibile candidato all'Oscar), The Drop di Michael R. Roskam (con l'ultima interpretazione di James Galdolfini), Wild di Jean-Marc Vallée (con Resee Witherspoon) e Cold in July di Jim Mickle (tratto da un romanzo di Joe R. Lansdale), proviamo a segnalare anche film alternativi, forse non di primo impatto per il grande pubblico ma sicuramente di altissimo interesse.
Nel concorso, tra le 15 opere provenienti da tutto il mondo, ci balzano subito all'occhio l'erotismo al femminile di The Duke of Burgundy di Peter Strickland, già autore dell'ottimo Berberian Sound Studio e The Babadook, curioso horror fiabesco di matrice australiana. Sempre tra i titoli in concorso non mancheremo di visionare con curiosità lo svedese Gentlemen di Mikail Marcimain, regista del notevole Call Girl, passato in concorso lo scorso anno, e il belga Violet, indicato come un incrocio tra Van Sant e il primo Egoyan. 
Passando alla Festa Mobile, la teorica selezione diventa ancora più probante: da non perdere ad esempio La Chambre Bleue di Mathieu Amalric (da un romanzo di Simenon), la mini-serie P'tit Quinquin di Bruno Dumont, il bizzarro thriller scandinavo Turist (candidato all'Oscar per la Svezia), il bellissimo western The Homesman di Tommy Lee Jones e Diplomacy di Volker Schlöndorff, con due giganti come André Dussollier e Niels Arestrup. I cinefili potranno inoltre gioire ed esaltarsi con Tokyo Tribe, ennesima delirante follia di Sion Sono, e con il documentario Storm Children – Book 1 del sempre più amato Lav Diaz. Molti gli horror presenti, su tutti It Follows, già applaudito a Cannes, The Guest di Adam Wingard e l'inglese The Canal, oltre alla mini-retrospettiva dedicata a Jim Mickle. Tanti i film italiani disseminati in tutte le sezioni, alcuni significativi altri molto meno, e per fortuna piuttosto folta la presenza del cinema francese, con due titoli in concorso (Mange tes morts e Mercuriales) e altri fuori concorso (i già citati Amalric e Dumont, ma anche Gemma Bovery di Anne Fontaine, La Sapienza di Eugene Green, L'enlèvement de Michel Houllebecq di Nicloux e Inupiluk di Sebastien Betbeder, premiato lo scorso anno per 2 automnes 3 hivers).
Infine una citazione per la New Hollywood, con la possibilità di rivedere tra gli altri grandi classici come La ballata di Cable Hogue di Peckinpah, Il laureato di Nichols, Duel e Lo Squalo di Spielberg, La conversazione di Coppola, Il fantasma del palcoscenico di De Palma, Il grande freddo di Kasdan, e un'ultima sottolineatura per immortali capolavori che saranno presentati in versione restaurata: Via col vento, Profondo rosso e Il gabinetto del dottor Caligari.
Siamo stati esaustivi? No, sicuramente no. Abbiamo solo lanciato qualche sassolino, lasciato qualche indizio, disegnato qualche traccia: a voi scoprire tutto il resto, scegliendo il percorso che più vi aggrada. Orizzonti di Gloria sarà presente al festival con una cospicua rappresentanza di redattori e vi offrirà un'ampia copertura dell'evento. 

Alessio Gradogna

Tutto il programma dettagliato sul sito ufficiale.

Sezione di riferimento: Torino 32

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    TORINO 32

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    Mange Tes Morts
    Mathieu Amalric
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    Sion Sono
    The Babadook
    The Disappearance Of Eleanor Rigby
    The Drop
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