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TORINO 32 - The Disappearance of Eleanor Rigby, di Ned Benson

1/12/2014

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“La storia di tutte le storie d’amore”, recitava la frase di lancio di un famoso film italiano di successo, diversi anni fa. E senza azzardare paragoni o confronti, che porterebbero il prodotto nostrano a dissolversi nel nulla come una bolla di sapone, questa tagline potrebbe adattarsi benissimo anche al film di Ned Benson. Anzi, ai film.
Perché The Disappearance of Eleanor Rigby è costituito da due parti, ovvero Him e Her, per un totale di oltre tre ore di durata, ma che convenzionalmente considereremo come un prodotto unico e indivisibile: anche e soprattutto in virtù del fatto che entrambi i suoi capitoli vivono in perfetta simbiosi l’uno con l’altro, completandosi e tracciando alla fine le coordinate generali di una vicenda osservata (anzi, vissuta) attraverso i punti di vista dell’uomo e della donna. Esiste poi una terza versione (Them), non approvata dal regista e messa a punto dal produttore Harvey Weinstein, presentata al Festival di Cannes, che riunisce l’intero plot all’interno di un film unico: plausibilmente sarà proprio questa la versione che verrà distribuita nelle sale italiane, andando però a snaturare il significato dell’intera operazione.
The Disappearance of Eleanor Rigby racconta la fine della storia d’amore tra Conor e Eleanor, dopo la scomparsa del loro bambino di appena due mesi; attraverso Him e Her assistiamo al tentativo da parte di entrambi di andare avanti con le rispettive vite: la rottura del rapporto, il rifiuto della separazione, il tentativo di ricominciare da capo, i successi e i fallimenti. Insomma, una storia comune a qualsiasi spettatore che l’abbia già vissuta sulla propria pelle, messa in scena da Benson con la grazia e la leggerezza di chi non vuole stupire attraverso risvolti narrativi inediti, ma lavorando piuttosto sulla delicatezza del racconto e sul mantenimento – necessario – di alcune zone d’ombra.
È così che tutta la potenza dimessa del film si rivela e colpisce nel profondo, al cuore, senza mai alzare la voce: nei gesti che sembrano non significare nulla, nelle parole non dette, nelle lacrime versate in silenzio. Nei racconti dei personaggi di contorno (tutti bellissimi e fondamentali, a partire dai genitori), che vanno a costituire un poco alla volta i tasselli di un mosaico che è grande quanto il mondo, perché la sofferenza è di tutti, e nessuno può esimersi dal portarne il peso delle conseguenze sulle spalle.
Solamente alla luce del secondo capitolo (l’ordine di visione Him/Her è tassativo per abbracciarne compiutamente il senso) The Disappearance of Eleanor Rigby si rivela quindi per quello che è: un film di fantasmi, di corpi che si inseguono senza mai riuscire a sfiorarsi, perché la vita ha compiuto ormai il suo corso e quello che è stato mai più sarà. Corpi che corrono e si cercano, che ridono e che piangono, che soffrono e si amano, e che in questa sorta di simmetria narrativa distorta e incompleta raccontano una storia, la propria, che non potrà mai coincidere fino in fondo con quella dell’altro.
Un film estremamente pudico nella messa in scena del dolore eppure mai freddo o cerebrale, e che, piuttosto, si dimostra commovente fino alle lacrime; una love story post mortem che, come il viaggio a ritroso di 5x2 di Ozon (ma anche come la dilatazione del tempo reale di Boyhood di Linklater), azzarda un esperimento narrativo alla ricerca di un significato per ciò che mette in scena, e non il contrario. Aiutato da un cast in stato di grazia (tutti, nessuno escluso) e da una colonna sonora sublime e fondamentale come accompagnamento alle immagini, l’esordio di Ned Benson è un film piccolo e grande allo stesso tempo, che sembra raccontare solamente qualcosa di già visto ma che rimane dentro, e cresce nel cuore dello spettatore lasciando dietro di sé il ricordo di un’esperienza. Quasi come la vita di tutti i giorni. 

Giacomo Calzoni

Sezione di riferimento: Torino 32


Scheda tecnica  

Regia: Ned Benson
Sceneggiatura: Ned Benson
Montaggio: Kristina Boden
Musiche: Son Lux
Fotografia: Christopher Blauvelt
Anno: 2013
Durata: 190’
Interpreti: Jessica Chastain, James McAvoy, Viola Davis, William Hurt, Isabelle Huppert, Ciaràn Hinds, Jess Weixler

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TORINO 32 - Il programma ufficiale

12/11/2014

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Nel segno della qualità e della ricerca, sempre e comunque. Il Torino Film Festival non si smentisce, non ci abbandona, e anche quest'anno propone un programma ricchissimo di contenuti e suggestioni, in cui perdersi tra i numerosi sentieri tematici messi a disposizione di spettatori e addetti ai lavori.
Nonostante i continui tagli al budget, e la concorrenza di altri Festival (pardon, Feste) sempre più inutili, la manifestazione piemontese, diretta quest'anno finalmente in via ufficiale da Emanuela Martini, ha saputo rendersi ancora una volta indispensabile, assemblando un cartellone che offre al pubblico solo l'imbarazzo della scelta. Nove giorni di festival, dal 21 al 29 novembre, con 197 film, comprensivi di 70 anteprime italiane e 45 anteprime mondiali; undici sale dedicate, contro le tredici degli scorsi anni: si punta per quanto possibile al risparmio, dal punto di vista logistico, ma senza intaccare l'eccellente qualità del lavoro compiuto dai selezionati, come sempre abili a comporre un programma estremamente eterogeneo. 
In questo magnifico marasma indicare i cosiddetti titoli “imperdibili” diventa un'operazione ai limiti dell'impossibile, perché tanti e troppi sono i potenziali cavalli di battaglia del festival, disseminati tra la sezione Torino 32 (ovvero i film in concorso, come sempre opere prime, seconde e terze) e le tante sezioni collaterali, dalla pantagruelica Festa Mobile all'oscura After Hours, dalla raffinata e sperimentale Onde ai TFF Doc, passando per la seconda parte della retrospettiva dedicata alla New Hollywood, senza dimenticare omaggi, restauri e ulteriori mini-sezioni non prive di interesse. 
Dando dunque per scontato che le sale torinese saranno piene in ogni ordine di posto per tutte le proiezioni di titoli “forti” come Magic in the Moonlight di Woody Allen, A Second Chance di Susanne Bier, The Disappearance of Eleanor Rigby di Ned Benson (con Jessica Chastain, due film “gemelli” in cui la stessa storia è raccontata da due diverse prospettive), The Rover di David Michod (con Robert Pattinson), The Theory of Everything di James Marsh (possibile candidato all'Oscar), The Drop di Michael R. Roskam (con l'ultima interpretazione di James Galdolfini), Wild di Jean-Marc Vallée (con Resee Witherspoon) e Cold in July di Jim Mickle (tratto da un romanzo di Joe R. Lansdale), proviamo a segnalare anche film alternativi, forse non di primo impatto per il grande pubblico ma sicuramente di altissimo interesse.
Nel concorso, tra le 15 opere provenienti da tutto il mondo, ci balzano subito all'occhio l'erotismo al femminile di The Duke of Burgundy di Peter Strickland, già autore dell'ottimo Berberian Sound Studio e The Babadook, curioso horror fiabesco di matrice australiana. Sempre tra i titoli in concorso non mancheremo di visionare con curiosità lo svedese Gentlemen di Mikail Marcimain, regista del notevole Call Girl, passato in concorso lo scorso anno, e il belga Violet, indicato come un incrocio tra Van Sant e il primo Egoyan. 
Passando alla Festa Mobile, la teorica selezione diventa ancora più probante: da non perdere ad esempio La Chambre Bleue di Mathieu Amalric (da un romanzo di Simenon), la mini-serie P'tit Quinquin di Bruno Dumont, il bizzarro thriller scandinavo Turist (candidato all'Oscar per la Svezia), il bellissimo western The Homesman di Tommy Lee Jones e Diplomacy di Volker Schlöndorff, con due giganti come André Dussollier e Niels Arestrup. I cinefili potranno inoltre gioire ed esaltarsi con Tokyo Tribe, ennesima delirante follia di Sion Sono, e con il documentario Storm Children – Book 1 del sempre più amato Lav Diaz. Molti gli horror presenti, su tutti It Follows, già applaudito a Cannes, The Guest di Adam Wingard e l'inglese The Canal, oltre alla mini-retrospettiva dedicata a Jim Mickle. Tanti i film italiani disseminati in tutte le sezioni, alcuni significativi altri molto meno, e per fortuna piuttosto folta la presenza del cinema francese, con due titoli in concorso (Mange tes morts e Mercuriales) e altri fuori concorso (i già citati Amalric e Dumont, ma anche Gemma Bovery di Anne Fontaine, La Sapienza di Eugene Green, L'enlèvement de Michel Houllebecq di Nicloux e Inupiluk di Sebastien Betbeder, premiato lo scorso anno per 2 automnes 3 hivers).
Infine una citazione per la New Hollywood, con la possibilità di rivedere tra gli altri grandi classici come La ballata di Cable Hogue di Peckinpah, Il laureato di Nichols, Duel e Lo Squalo di Spielberg, La conversazione di Coppola, Il fantasma del palcoscenico di De Palma, Il grande freddo di Kasdan, e un'ultima sottolineatura per immortali capolavori che saranno presentati in versione restaurata: Via col vento, Profondo rosso e Il gabinetto del dottor Caligari.
Siamo stati esaustivi? No, sicuramente no. Abbiamo solo lanciato qualche sassolino, lasciato qualche indizio, disegnato qualche traccia: a voi scoprire tutto il resto, scegliendo il percorso che più vi aggrada. Orizzonti di Gloria sarà presente al festival con una cospicua rappresentanza di redattori e vi offrirà un'ampia copertura dell'evento. 

Alessio Gradogna

Tutto il programma dettagliato sul sito ufficiale.

Sezione di riferimento: Torino 32

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    TORINO 32

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