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OLIVER TWIST - Lo stereotipo di Dickens

5/11/2013

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Charles Dickens è stato saccheggiato dal mondo del cinema e della televisione. Eppure, la sua opera letteraria continua a trovare nuove e rinnovate trasposizioni, tra piccolo e grande schermo, come se tutti noi avessimo bisogno permanente di piccole grandi storie di umanità.
Oliver Twist giunge nella filmografia di Roman Polanski a poca distanza dai fasti de Il pianista, una scelta solo in apparenza incongrua rispetto al percorso artistico del regista, in quanto arriva a chiudere idealmente il cerchio attorno alla povera gente, buona e gravata dal destino. Personaggi in cerca di riscatto e di speranza.
È così che i piccoli eroi di Dickens diventano, nelle mani di Polanski, la materia e il soggetto di un dramma che punta sulla narrazione, sull’ensemble, sul contesto storico, insomma sull’insieme piuttosto che sui singoli personaggi. Oliver Twist è lo straordinario protagonista di una delle storie più famose di Charles Dickens, quasi la summa della sua poetica, del suo pensiero, del suo mondo letterario. Oliver (Barney Clarke), povero orfanello nell’Inghilterra ottocentesca, affronta ogni sorta di eventi, sfide e difficoltà. Cresciuto in orfanotrofio (come tutti gli orfani dal sistema, afferma J. Ain-Krupa), passa di mano in mano come un pacchetto di poco conto, scappa, viene ripreso, trova conforto, poi viene nuovamente rapito, sottratto continuamente a un destino di felicità che ritarda soltanto il suo compimento.
Sulla strada di questo magnifico ed emozionante racconto di formazione, Oliver cade tra le grinfie del vecchio Fagin (Ben Kingsley), che gli insegna –si fa per dire- l’arte di arrangiarsi e vivere di espedienti, e poi viene fagocitato dall’anima nera di Bill Sykes (Jamie Foreman). Bill è il cattivo per antonomasia nella narrativa dickensiana, un losco figuro cui non si concede il dono della redenzione, ma solo la compassione per la cecità di non saper cogliere neppure l’affetto della giovane Nancy (Leanne Rowe). Ma il mondo è fondamentalmente buono, e le persone sono votate al bene. Le difficoltà della vita rendono più dolce e duratura la felicità.
Roman Polanski segue fedelmente il romanzo, non guarda nemmeno ai precedenti e illustri adattamenti dell’opera, e di certo non ha alcun interesse nel ripercorrere le note musicali dell’Oliver! di Lionel Bart, la cui trasposizione cinematografica fruttò nel 1968 al film una cascata di Oscar e un premio anche al regista Carol Reed. Rimane impareggiabile per tocco, cultura, atmosfere e rievocazione letteraria la riduzione diretta da David Lean nel 1948; quasi sessant’anni dopo, comunque, questa nuova versione, non indispensabile ma interessante, ci riporta a confronto con un testo immortale e ahinoi ancora attuale. Il mondo vissuto – più che visto – dai bambini, in una prospettiva che l’occhio cinematografico dell'autore fotografa spogliandolo di qualsiasi leggerezza, di qualsiasi intonazione fiabesca. 
Polanski ci mostra l’altra parte di mondo, quello diviso in classi, quello dei poveri e dei borghesi, quel sottobosco di povera gente che non è nata cattiva ma è stata forzata dagli eventi e dalla mancanza di speranza a trovare il modo di arrangiarsi. In mezzo al caos di una società sulla via dell’industrializzazione, metà rurale metà urbana, di gente con i calli alle mani e gli abiti rammendati, i bambini abbandonati non hanno il tempo di crescere. Niente favole della buonanotte, biscotti caldi, abiti puliti. Niente scuola, nessuna educazione. La strada ti educa, è in essa e ad essa che devi sopravvivere e farti uomo. Solo, non come Bill. Prendi un po’ dell’amore di Nancy, creatura sfortunata ma non perduta. Cerca la tua casa, cogli il buono che trovi dagli incontri del destino e dall’aiuto amorevole degli sconosciuti, e guarda al futuro. Sopravvivi, cresci, spera.
Il film di Polanski si distingue dalle tradizionali trasposizioni di Dickens per il fatto di rendere Oliver Twist un dramma vero, quasi sociale, quello dei piccoli che avrebbero diritto a crescere bene e a contare sul calore di una famiglia, non importa quale. La ricerca d’affetto, con o senza esito, è un tema attorno al quale il film ricama senza mai diventare sentimentale. Nancy non canterà mai «As long as he needs me», e lo spettatore non deve pensare di aspettarsi gli equilibri tra commedia e dramma, che sono invece una costante della letteratura dickensiana e dei suoi adattamenti per il cinema e la televisione. È caratteristica peculiare di Polanski trattare i soggetti cinematografici e rappresentarli in modo realistico, anche se non attraverso la lente del realismo. 
In questa cornice meno dickensiana e più storica ha quindi valore l’impeccabile allestimento, e assume un senso la scelta di affidare ad attori più teatrali che cinematografici (con l’eccezione di Ben Kingsley, ben nascosto dietro la maschera di Fagin) una galleria di personaggi già resi indelebili dalla penna del loro creatore. Non ci sono stelle. Solo la storia. 

Francesca Borrione

Sezione di riferimento: Special Roman Polanski


Scheda tecnica

Titolo originale: Oliver Twist
Regia: Roman Polanski
Attori: Ben Kingsley, Jamie Foreman, Barney Clark, Harry Eden, Leanne Rowe, Edward Hardwicke, Mark Strong
Sceneggiatura: Ronald Harwood
Colonna sonora: Rachel Portman
Fotografia: Pawel Edelman
Scenografia: Allan Starski
Durata: 130'
Anno: 2005

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