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P.O.E. - Presentazione e tavola rotonda

8/6/2013

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La presentazione alla stampa di P.O.E. – Poetry of Eerie presso la Casa del Cinema ha dato luogo a un dibattito di indubbio interesse, utile per far luce anche sullo stato di salute attuale dell’horror italiano e delle direzioni verso cui esso si rivolge. Un cinema spesso osteggiato dalle istituzioni ufficiali con motivazioni e prese di posizione a dir poco risibili, non ultimo il castrante e quanto mai anacronistico esercizio della censura che qualche longevo esponente delle alte sfere continua a ritenere perfino un’operazione salutare e necessaria.
P.O.E. sarà vietato ai minori di 18 anni in maniera un po’ inspiegabile, cosa che di sicuro gli precluderà una discreta fetta di mercato. Il regista Domiziano Cristopharo, uno dei principali e decisivi artefici del progetto, di fatto una specie di caposquadra in termini pragmatici, a tal proposito ha le idee molto chiare. “In P.O.E. non ci sono droghe, non c’è volgarità, non ci sono scene di nudo, c’è poco sangue e quasi nessuna violenza. Cioè, passano film come i vari Vacanze di Natale e il nostro film no? Per carità, vanno bene anche quei film là, però il nostro evidentemente dà fastidio a qualcuno. Come fai infatti a trovare una giustificazione per continuare a dare i soldi ai raccomandati, se puoi arrivare in sala anche solo con le idee?” Approfittando della presenza di Raffele Picchio, regista dell’horror gladiatorio Morituris chiamato a partecipare alla tavola rotonda sull’horror italiano successiva alla conferenza stampa di P.O.E., Cristopharo scherza e sdrammatizza: “Entrare con Picchio alla commissione censura è stata una scelta di marketing; lui ormai lì è una star, il suo film è stato bannato del tutto dalla commissione censura, solo Pasolini c’era riuscito”.
Il presidente di Distribuzione Indipendente Giovanni Costantino, dietro l’ironia, lascia invece trapelare una rabbia ben più tagliente, assai comprensibile e condivisibile: “La leggerezza degli uffici ministeriali nei riguardi di certi temi e situazioni è scandalosa. Vista la decisione presa, a questo punto giochiamo sporco anche noi rispondendo a tono e lo spacceremo, per l’evidente delusione dei veri fan dell’horror, come il più grande film di paura del 2013. D’altronde, siamo riusciti dove neanche Rob Zombie ce l’aveva fatta”. Costantino parla anche delle scelte fatte a proposito degli episodi che poi sono effettivamente andati a comporre l’organigramma del film: “Abbiamo preso quelli che, vuoi per tempo, ritmi e via dicendo, erano più vicini l'uno all'altro, che si amalgamavano meglio tra loro. In alcuni degli altri c'era uno stacco stilistico più evidente, che avrebbe portato nel tutto una certa disarmonia. Abbiamo deciso di distribuire la versione integrale solo in seguito, per creare anche una sorta di attesa (il film intero sarà disponibile on demand su www.ownair.it dal 14 Giugno 2013, ndr).
Un progetto, quello di P.O.E., che sbarca in sala due anni dopo il suo effettivo concepimento. “La cosa è nata due anni fa in un festival indipendente - continua Cristopharo - ed il bello con gli altri è stato proprio vedere che c’eravamo, che eravamo tutti sulla stessa barca. Allora, ci siamo detti, perché non provare a fare qualcosa tutti insieme? Abbiamo deciso di fare questo film insieme per avere maggiori possibilità di farci conoscere e di promuovere il nostro lavoro, pur avendo a disposizione budget e tempi di realizzazione in verità molto limitati. Così abbiamo deciso di trovare un argomento comune per far sì che i cortometraggi fossero omogenei. Poe, che è lo scrittore dell'incubo per eccellenza, ci è sembrata la scelta ottimale. Poi ci siamo posti un limite di tre giorni per le riprese, in modo che partissimo tutti dalla stessa condizione e che non ci fossero dislivelli troppo evidenti tra un episodio e un altro. L'idea era anche unirsi per dire che ci siamo: stando insieme si è sempre più forti. Si parla sempre molto di rinascita dell'horror italiano, ma la verità è che l'horror italiano non è mai morto: i film in realtà si continuano a fare, il problema è che il più delle volte non escono qui ma vanno solo all'estero, anche direttamente in Dvd. Bisognerebbe ridare al genere una visibilità che al momento non ha”.
A proposito della genesi creativa del film, Cristopharo chiarisce che l’approccio non è stato, com’è evidente, in alcun modo filologico. “Volevamo evitare il Poe abusato e ci siamo detti tassativamente di non inserire castelli gotici alla Corman; volevamo qualcosa che profumasse di nuovo, mantenendo il senso di base del racconto e attualizzandolo. Edo (Edo Tagliavini, il regista dell’episodio La verità sul caso Valdemar) è entrato in contatto con noi sul web e ha voluto partecipare. L’ultimo episodio di matrice nipponica, Canto, è chiaramente fittizio, l’ho girato io stesso, non esiste nessun Yumiko Satura Itou. Avere tredici episodi faceva figo, anche per il mercato americano, alla luce di ciò che il numero tredici suggerisce in un contesto horror…”.
P.O.E., tra l’altro, ha già un sequel, che paradossalmente ha maturato un ciclo vitale in festival e dintorni quasi appaiato al primo capitolo. “È già stato presentato e ha vinto un premio a Torino. Il seguito è proprio un horror a tutti gli effetti, sarà bannato a vita di questo passo. Uno degli episodi in Australia è già stato bandito”. Tagliavini, sul suo segmento, rivela: “Non nascondo che ho cercato l’episodio con meno personaggi, visto il poco tempo a disposizione.” Paolo Gaudio, invece, che ha diretto il corto in stop motion forse più vicino allo spirito reale di Poe, Il gatto nero, pone l’accento sulla volontà di giocare sul personaggio: “Ho voluto puntare tutto sull’aspetto di Poe e per farlo ho dovuto in qualche modo tramutarlo, alterando i suoi connotati, rendendolo divertente e sottolineando l’aspetto buffo della sua fisicità”. 

Davide Eustachio Stanzione

Sezione di riferimento: Interviste

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BEKET - Presentazione e intervista a Davide Manuli

19/5/2013

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È un film che nasce dalla frustrazione, Beket. Ed è un malessere che si respira tutto, fotogramma per fotogramma. “Dovevo dirigere un film sul doping, ho fatto anni di tentativi. Poi mi sono detto che dovevo provare a realizzare un film nel modo più veloce possibile, a costo zero. E a quel punto mi è venuto in mente Beckett. Conosco il suo lavoro, vengo dal teatro. Ho posto due persone in un deserto, girando una pellicola in una decina di giorni in Sardegna.” 
Un’opera in bianco e nero, metafisica e mefitica, fuori dal tempo. “I miei tre film li ho fatti in bianco e nero, è vero, ma i prossimi credo proprio che saranno a colori. Qui volevo restituire il senso di un'attesa, la stanchezza di aspettare; è da lì che il mio film vuole partire. Una specie di road movie appiedato che colga l’atmosfera e il mood di Beckett. La sua cupezza dark doveva dare un senso di modernità, e ne volevo catturare il colore. Un colore che per me corrisponde assolutamente col bianco e nero. Il suo colore vero è quello lì.” 
Un film che costituisce un vero e proprio dittico con La leggenda di Kaspar Hauser, lavoro che Davide Manuli ha realizzato riunendo un cast importante (addirittura Vincent Gallo in un doppio ruolo) e che si pone anche in quel caso come una libera re-interpretazione, nella fattispecie del celeberrimo capolavoro di Werner Herzog. “Montato in venti giorni, è passato all’ultimo Locarno. I produttori volevano che bissassi l’esperienza e io ho accettato. Ho proposto la mia idea, volevo che fosse una versione più arcaica della storia, a differenza del film di Herzog. Doveva essere incentrato sul nulla, il vuoto senso, quella totale assenza di comunicazione che contraddistingue il nostro tempo e la sua assurdità. Mi interessava indagare la socialità di Hauser, comprendere se qualcuno l’aveva veramente ascoltato. Vi ho voluto nuovamente Fabrizio Gifuni, che in Beket interpreta una specie di Caronte, al fianco di Claudia Gerini, Vincent Gallo e Silvia Calderoli.” 
E sono proprio i suoi attori per primi a spendere parole lusinghiere su Manuli, ad esempio Simona Caramelli: “Davide non improvvisa sul set; a differenza di quello che si potrebbe credere è molto lucido, sa quello che vuole. I suoi set sono tremolanti e vibranti e per giunta ti dà una chiave di lettura interessante per il tuo ruolo d’attrice. Io per il mio personaggio mi sono ispirata a delle creazioni di Salvador Dalì, su sua indicazione”.
Entusiasta di Manuli anche il bravo Luciano Curreli, attore poco noto ma anche nome di punta di un certo sommerso cinema di qualità nostrano, visto di recente nel ruolo del padre respingente, trasandato ed erotomane delle Bellas Mariposas di Salvatore Mereu. “Con Davide siamo amici, ho trovato molte cose in comune con lui, siamo molto più che colleghi e le nostre vite sono entrare in relazione. I suoi set vanno sempre al di là dell’esperienza lavorativa fine a se stessa. I suoi film hanno una longevità rara e differente, non certo come la roba di oggi che la vedi due settimane nei multisala e poi sparisce dalla tua vista. E la cosa bella di lui è che con Davide puoi fare film liberi, privi di mediazione”

Il resoconto è tratto dalla conferenza di presentazione del film, avvenuta a Roma alla Casa del Cinema il 9 maggio 2013.

Davide Eustachio Stanzione

Sezione di riferimento: Interviste

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