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BEKET - Presentazione e intervista a Davide Manuli

19/5/2013

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È un film che nasce dalla frustrazione, Beket. Ed è un malessere che si respira tutto, fotogramma per fotogramma. “Dovevo dirigere un film sul doping, ho fatto anni di tentativi. Poi mi sono detto che dovevo provare a realizzare un film nel modo più veloce possibile, a costo zero. E a quel punto mi è venuto in mente Beckett. Conosco il suo lavoro, vengo dal teatro. Ho posto due persone in un deserto, girando una pellicola in una decina di giorni in Sardegna.” 
Un’opera in bianco e nero, metafisica e mefitica, fuori dal tempo. “I miei tre film li ho fatti in bianco e nero, è vero, ma i prossimi credo proprio che saranno a colori. Qui volevo restituire il senso di un'attesa, la stanchezza di aspettare; è da lì che il mio film vuole partire. Una specie di road movie appiedato che colga l’atmosfera e il mood di Beckett. La sua cupezza dark doveva dare un senso di modernità, e ne volevo catturare il colore. Un colore che per me corrisponde assolutamente col bianco e nero. Il suo colore vero è quello lì.” 
Un film che costituisce un vero e proprio dittico con La leggenda di Kaspar Hauser, lavoro che Davide Manuli ha realizzato riunendo un cast importante (addirittura Vincent Gallo in un doppio ruolo) e che si pone anche in quel caso come una libera re-interpretazione, nella fattispecie del celeberrimo capolavoro di Werner Herzog. “Montato in venti giorni, è passato all’ultimo Locarno. I produttori volevano che bissassi l’esperienza e io ho accettato. Ho proposto la mia idea, volevo che fosse una versione più arcaica della storia, a differenza del film di Herzog. Doveva essere incentrato sul nulla, il vuoto senso, quella totale assenza di comunicazione che contraddistingue il nostro tempo e la sua assurdità. Mi interessava indagare la socialità di Hauser, comprendere se qualcuno l’aveva veramente ascoltato. Vi ho voluto nuovamente Fabrizio Gifuni, che in Beket interpreta una specie di Caronte, al fianco di Claudia Gerini, Vincent Gallo e Silvia Calderoli.” 
E sono proprio i suoi attori per primi a spendere parole lusinghiere su Manuli, ad esempio Simona Caramelli: “Davide non improvvisa sul set; a differenza di quello che si potrebbe credere è molto lucido, sa quello che vuole. I suoi set sono tremolanti e vibranti e per giunta ti dà una chiave di lettura interessante per il tuo ruolo d’attrice. Io per il mio personaggio mi sono ispirata a delle creazioni di Salvador Dalì, su sua indicazione”.
Entusiasta di Manuli anche il bravo Luciano Curreli, attore poco noto ma anche nome di punta di un certo sommerso cinema di qualità nostrano, visto di recente nel ruolo del padre respingente, trasandato ed erotomane delle Bellas Mariposas di Salvatore Mereu. “Con Davide siamo amici, ho trovato molte cose in comune con lui, siamo molto più che colleghi e le nostre vite sono entrare in relazione. I suoi set vanno sempre al di là dell’esperienza lavorativa fine a se stessa. I suoi film hanno una longevità rara e differente, non certo come la roba di oggi che la vedi due settimane nei multisala e poi sparisce dalla tua vista. E la cosa bella di lui è che con Davide puoi fare film liberi, privi di mediazione”

Il resoconto è tratto dalla conferenza di presentazione del film, avvenuta a Roma alla Casa del Cinema il 9 maggio 2013.

Davide Eustachio Stanzione

Sezione di riferimento: Interviste

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