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WHITE GOD - Sinfonia per Hagen

11/4/2015

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Il sesto lungometraggio di Kornél Mundruczó ipotizza un mondo in cui, per la protezione della razza (i riferimenti all'avanzata elettorale del partito Jobbik – con le relative accuse di neonazismo, fascismo ed antisemitismo – non saranno casuali), il Governo impone una tassa sui cani bastardi, provocandone spesso l'abbandono: questa è la sorte che tocca ad Hagen, incrocio tra un Labrador e uno Shar Pei, quando il padre della tredicenne Lili lo abbandona per strada. 
Mentre la ragazza tenta di tutto per ritrovarlo, Hagen ci mostra tutte le realtà che affronta un animale abbandonato: una via crucis di sanguinari combattimenti tra simili, disagianti situazioni dei canili e altre persecuzioni cinofobe che sproneranno i cani alla violenza fino al punto in cui non saranno più animali, bensì ribelli che reagiscono e contrastano gli uomini. È la rivolta della massa guidata da Mundruczó.

«Questi sono i momenti in cui le masse si ribellano, l’attuale paura dell’Europa: la rivoluzione delle masse. Hanno ragione ad aver paura. Ho cercato delle immagini simboliche per rappresentare tutto questo – ha spiegato il regista – in modo che si veda la direzione che si prende quando ci si rifiuta di mettersi nei panni di un’altra specie, dell’avversario o delle minoranze. Ma sul set tutto è stato molto più pacifico, poiché i cani provenivano tutti da canili e alla fine della lavorazione sono stati adottati tutti, trovando finalmente una famiglia. Il film è più una critica dell’Ungheria di una volta e di quella del futuro, dove un’esigua minoranza domina su una massa più estesa. Questo sta diventando sempre più vero anche per l’Europa: un gruppo dell’élite si riserva il diritto al potere mentre, come in un Reality Show, i politici sono stelle che noi decidiamo di eleggere o meno.»

Con scene corali di cani che rendono Budapest una città fantasma, sulle note belliche della Rapsodia Ungherese n° 2, resa attuale da una tromba ipnotica, Mundruczó raggiunge alte vette di coerenza e perfezione audiovisiva. La macchina da presa, talvolta instabile quanto la situazione, avvolge i 200 cani scritturati per un film che riesce a fare di loro dei veri attori.
Accanto alla conflittualità generazionale, delineata dalla piccola Lili e dal mondo adulto che la sente ma non la ascolta, si affianca ora uno scontro tra specie (uomini e cani) corroborato da scelte registiche che immergono lo spettatore negli strati più profondi della coscienza individuale. L’uomo umilia l’animale, lo sfrutta con le sue tecniche. Al momento della rivolta dei cani, White God diventa quasi un horror che riecheggia il cinema post-impressionista russo, denso di scene di violenza piuttosto esplicite e spesso incensurate.
Vincitore della sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes del 2014, Mundruczó dedica il film a Miklós Jancsó, uno dei maggiori registi ungheresi di cinema politico, in quanto White God è essenzialmente una forte critica di stampo sociale. Quest’ultima è palesata ulteriormente dal titolo, citazione di un altro film a protagonista canino, White Dog, 1982, di Samuel Fuller.

«Ho voluto collocare il film in una prospettiva in cui si capisca che il cane è il simbolo dell’eterno emarginato per cui il padrone è il suo Dio. […] Mi hanno sempre interessato le peculiarità di Dio. È davvero bianco? Oppure ogni persona ha il suo Dio? L’uomo bianco ha dimostrato innumerevoli volte che è solo capace di dominare e colonizzare. Le due parole collegate del titolo nascondono molte contraddizioni, per questo l’ho trovato così accattivante.»

Se è vero che la ribellione canina ci ricorda le scene finali de L’alba del pianeta delle scimmie, che il setting della città notturna e deturpata dal passaggio dei ribelli rimanda la mente a Io sono leggenda e che l’impetuosità improvvisa ed imprevista degli animali può essere accostata a quella dell'hitchcockiano Gli uccelli, il film risulta anche un prodotto estremamente originale e sorprendente, tanto nella forma quanto nel contenuto. Spesso, inoltre, i personaggi sembrano costruiti sull’impronta dei film d’animazione Disney: stereotipati e caricaturali come gli accalappiacani imbranati e goffi di Lilly e il Vagabondo, o in coppia come Gaspare e Orazio de La carica dei 101; la dispotica direttrice del canile che considera i cani beni materiali come una Crudelia De Mon senza pelliccia; l’homeless derelitto che raccoglie gli animali per strada al fine di rimediare qualche soldo sulle orme distorte di Fagin di Oliver & Company. 
A conti fatti siamo di fronte a un grido di allarme nei confronti della crescente intolleranza verso la diversità, ispirato all’autore dall’incontro con la letteratura di J.M. Coetzee, scrittore sudafricano vincitore del Premio Nobel.

Beatrice Paris

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Titolo originale: Fehér isten
Uscita italiana: 09 aprile 2015
Regia: Kornél Mundruczó
Attori: Zsófia Psotta, Sándor Zsótér, Lili Horváth, Szabolcs Thuroczy, Lili Monori
Montaggio: Dávid Jancsó
Musiche: Asher Goldschmidt
Anno: 2014
Durata: 119'

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