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INTO DARKNESS - STAR TREK - Tra blockbuster e mitopoiesi

16/6/2013

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Star Trek su Orizzonti di gloria? Perché no. Al di là degli oltranzismi più beceri, quelli da fan per intenderci, cioè quelli volti soprattutto ad annichilire una legittima passione per trasformarla in religione, oppure ad instaurare diverbi di rara inutilità (Star Trek è superiore a Star Wars? Vola più velocemente l’Enterprise o il Millennium Falcon?), Into Darkness - Star Trek appartiene di diritto ad una categoria di cinema alla quale nessuno dovrebbe mai rinunciare: quella di puro intrattenimento, realizzato senza mai mettere in secondo piano lo stile e la qualità. Del resto sarebbe sufficiente scorgere il nome del regista dietro la macchina da presa, quel J.J. Abrams che ormai è sulla bocca di tutti, per ottenere la tranquilla garanzia che queste due ore impiegate al cinema non saranno affatto tempo perso.
Già nel 2009 il creatore di Lost era riuscito in un’impresa che sembrava disperata, prendendo in mano il franchising di una saga che, dopo Star Trek – La nemesi, era ormai giunta al capolinea (a causa di una serie di film sbagliati che non erano riusciti a convincere il pubblico né la critica): il suo Star Trek si rivelò il perfetto connubio tra esigenze artistiche e commerciali, il punto di intersezione ideale tra le aspettative degli appassionati di vecchia data e le nuove generazioni. Un film che era un reboot, un sequel e un prequel allo stesso tempo, grazie a una freschezza narrativa in grado di proiettare l’intera serie verso il cinema del nuovo millennio. 
Ad Into Darkness spetta quindi il compito di raccogliere questa eredità, ricominciando da dove ci eravamo fermati qualche anno fa; per fare ciò, Abrams pesca a piene mani dall’enorme immaginario del cinema popolare, a partire dalla sequenza iniziale, slegata – in termini di trama pura e semplice – da quanto avverrà poi; un omaggio alla lunga tradizione dei film di James Bond, ad esempio, ma anche e soprattutto a quelli di Indiana Jones. Ecco, questo non è certamente un caso, considerando anche la portata del bellissimo Super 8. Oggi J.J. Abrams è forse l’unico cineasta americano (o quantomeno il più dotato) in grado di proseguire il lavoro dei suoi due numi tutelari, George Lucas e Steven Spielberg: in termini strettamente cinematografici, forse, due tra i più grandi narratori del Novecento. A riprova di ciò sta poi il fatto che sia stato lo stesso Lucas ad indicare Abrams come l’uomo adatto per proseguire la saga di Star Wars: un cerchio si chiude, mentre si apre un altro che (ci auguriamo) ne proseguirà l’opera, raccogliendo il difficile testimone di far sognare una nuova generazione di spettatori.
Into Darkness - Star Trek sembra inserirsi in una precisa tendenza del cinema seriale hollywoodiano, secondo la quale i capitoli numero due devono necessariamente abbracciare tonalità più oscure e drammatiche (qui è evidente sin dal titolo), mettendo i propri personaggi dinanzi a situazioni che ne comprometteranno l’integrità fisica o psicologica; è successo in tempi recenti con Christopher Nolan e Il cavaliere oscuro, così come accadde in passato con L’impero colpisce ancora e Batman – Il ritorno. Come lo stesso Lucas con il mastodontico Episodio III - La vendetta dei Sith, anche J.J. Abrams è ben consapevole che uno straordinario immaginario fantastico non deve necessariamente fare a meno di un rapporto con il reale, ma anzi può utilizzare tutti gli strumenti a propria disposizione per amplificare un’idea, un pensiero, una visione del mondo. 
In questo modo il film racconta (ancora) un’America nascosta dai controluce dei pianeti e delle astronavi, ma perfettamente riconoscibile: un’America sofferta e dolorosa, divisa tra la minaccia terroristica (impersonata dal magnetico villain John Harrison) e un’innata tendenza giustizialista (la missione “punitiva” dell’Enterprise e il conseguente rischio di una guerra intergalattica, osteggiata da alcuni personaggi che ben rappresentano il pensiero del regista). Nel mezzo, diverse sfumature di grigi che contribuiscono a rendere la vicenda più complessa e sfaccettata di quel che sembri, andando addirittura a rileggere un capitolo molto amato dagli appassionati della saga: L’ira di Khan.
Qui risiede dunque la forza del film, ma allo stesso tempo anche la sua debolezza: Abrams è abilissimo nell’affrontare questa materia narrativa con invidiabile spirito filologico, non limitandosi a citare personaggi o situazioni dal film del 1982 ma reinterpretando quella vicenda in maniera personale, arrivando addirittura ad invertire tra loro i ruoli del capitano Kirk e del primo ufficiale Spock. In più, Into Darkness contiene una lunga serie di omaggi e rimandi (il popolo Klingon, i Triboli), che però finiscono per rivolgersi unicamente ai profondi conoscitori di questo immenso universo filmico e televisivo: è questa la differenza più grande con il film del 2009, che si rivolgeva invece in egual misura a qualsiasi tipologia di spettatore grazie a uno sbalorditivo lavoro sugli intertesti.
Privo della straordinaria inventiva del capostipite, questo sequel sembra quindi arrancare nel tentativo di rilanciare la saga in maniera compiuta, finendo per rinchiudersi in un autocelebrazionismo elegante ma freddo: detto questo, però, non si può fare a meno di ammirare l’incredibile capacità di Abrams nel lavorare su un immaginario con lo scopo primario di rifondarlo, sprigionando così un’incontenibile sense of wonder pronto ad esplodere ad ogni sequenza, ad ogni inquadratura, ad ogni stacco di montaggio. Nonostante il tocco lievemente cerebrale, Into Darkness – Star Trek rimane ugualmente il blockbuster che vorremmo sempre vedere al cinema; non necessariamente in 3D però, di ottima qualità ma che davvero nulla aggiunge alla profondità già insita nelle immagini.

Giacomo Calzoni

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Titolo originale: Into Darkness – Star Trek
Regia: J.J. Abrams
Sceneggiatura: Roberto Orci, Alex Kurtzman, Damon Lindelof
Fotografia: Daniel Mindel
Musiche: Michael Giacchino
Attori: Chris Pine, Zachary Quinto, Zoe Saldana, Karl Urban, Simon Pegg, Bruce Greenwood, Peter Weller
Anno: 2013
Durata: 133’
Uscita italiana: 12 giugno 2013

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