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IL VOLTO DI UN'ALTRA - L'apparenza sfigurata

10/4/2013

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A quattro anni di distanza da Il seme della discordia, il regista napoletano Pappi Corsicato torna dietro la macchina da presa con un’opera che ne conferma l’originalità del tratto grafico e la capacità rara, oltre che la volontà, di non sedersi su schemi narrativi ed estetici convenzionali o mutuati da un immaginario televisivo stracotto. Tutt’altro: nell’ultimo film dell’Almodòvar di Posillipo è proprio la patina di superficialità e apparenza che il piccolo schermo porta con sé ad essere presa di mira, con i suoi tic e le sue manie, le sue miserevoli debolezze e l’aspirazione al successo selvaggia e un po’ cafona, colma di arrivismo e sciatteria.
Corsicato ha stile ed è talentuoso, è brillante e visionario, fa della tv quel che in ambito cinematografico non può non essere: uno specchio deformante, che nella dimensione del parossismo e della caricatura fornisce dettagli illuminanti sulla realtà iperrealista di una società sempre più avvezza alla cura levigata delle superfici piuttosto che al culto recondito della sostanza delle cose. Il volto di un’altra insegue il lampo dell’invenzione, la leggerezza e lo sberleffo surreale, il kitsch e l’inserto cinefilo: gli omaggi al muto e all’horror classico non sono nient’altro che degli intarsi compositivi in un tessuto all’insegna del più puro e sconsiderato piacere della regia, primizie gustose di un cinema malfermo ma conscio a tal punto dei rischi e delle derive a cui può andare incontro da poterle cavalcare con smaniosa vitalità. La deriva credulona e abietta del tubo catodico, ben più conformista e normalizzato del gioioso campionario di invenzioni del regista, viene a coincidere con il parallelo imbarbarimento del suo pubblico divenendo così metafora di una massa di ipovedenti che pur guardandosi allo specchio, anestetizzata com’è, non riesce più neanche a cogliere i propri tratti riflessi.
In tal senso, i personaggi di Bella e René, interpretati da Laura Chiatti e Alessandro Preziosi, sono il perfetto iper-strato di un universo di doppiogiochismo in cui la realtà fino all’ultimo non è mai quella che sembra, in cui il twist e il ribaltamento sono sempre in agguato anche quando tutto pare andare in una sola, inequivocabile direzione. La scelta dei volti degli attori, fondamentale in un film in cui il volto è marchio di riconoscibilità e unica base identitaria, si muove anch’essa nell’ottica dello stesso immaginario pop e televisivo che nel film di Corsicato è ridicolizzato con sagace irriverenza. Le tonalità laccate si sposano a meraviglia con le abbaglianti bugie di una realtà in provetta, asettica e formalista nei suoi interni concepiti chirurgicamente a mo’ di confetti, abituata a bearsi della propria scorza caramellosa e a rimuovere l’anima viscida che ad essa è sottesa.
I rimandi della trama fanno pensare ancora una volta ad Almodòvar e a La pelle che abito tanto quanto Il seme della discordia, anche se in chiave estremamente camp e fumettosa, e fanno tornare alla mente alcuni ritratti femminili corali del regista spagnolo: quasi come se dopo la collaborazione col cineasta iberico - fu assistente alla regia sul set di Legami! - Corsicato si ritrovasse di fatto più o meno consciamente a riprodurre in chiave comunque molto personale la poetica e perfino le fasi tematiche del percorso almodovariano. E Il volto di un’altra, ripensato oggi a qualche mese di distanza dal suo passaggio al Festival del Film di Roma e dopo aver visto anche l’ultimo Almodòvar (Gli amanti passeggeri), acquista curiosamente un’analoga valenza: sembra un film che sfida il ridicolo a viso aperto e che nonostante rischi di affondare nel trash finisce col fare un uso strumentale della sua stessa bruttezza, servendosene di fatto come chiave di lettura eminentemente estetica dei nostri tempi. 
Un’operazione teorica caustica e liberatoria al contempo, in cui i riflettori non illuminano ma abbacinano a tal punto che i connotati del reale si riescono a scorgere sempre meno. La plasticità delle invenzioni, tra cinefilia e calligrafismo da fumetto hi-tech, ha qualcosa in comune col Gipi de L’ultimo terrestre, col quale condivide il gusto per l’evasione e la tensione alla fuga impossibile da una realtà imprigionante, in cui le famigliole s’appostano per un contatto effimero con la fama e i lustrini mediatici ma non s’accorgono della realtà manco ammazzati. L’unica metafora possibile, dunque, è un’eloquente pioggia escrementizia sulla borghesia di bocca buona. Il volto di un’altra vuole insomma far credere di muoversi in punta di fioretto, ma sta dalle parti del bisturi impietoso. 

Davide Eustachio Stanzione

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Anno: 2012
Regia: Pappi Corsicato
Sceneggiatura: Pappi Corsicato, Monica Rametta e Gianni Romoli
Fotografia: Italo Petriccione
Durata: 83’
Uscita in Italia: 11 Aprile 2013
Interpreti principali: Laura Chiatti, Alessandro Preziosi, Lino Guanciale, Iaia Forte.

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