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DIETRO I CANDELABRI - Requiem for a Dream

17/12/2013

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Ci sono percorsi, sorprendentemente in salita, di registi in grado di stupire proprio quando non ci si sperava più. Come quello di Steven Soderbergh, ex enfant prodige del cinema americano, baciato troppo presto dall’autorializzazione precoce (la Palma d’oro nel 1989 per Sesso, bugie & videotape, a soli ventisei anni) e da tutti i rischi che ne sono conseguiti. Autore freddo e cerebrale, capace di convincere là dove le smisurate ambizioni lasciavano il passo a un’idea di intrattenimento intelligente (Out of Sight, Ocean’s Eleven), un po’ meno in tutti gli altri casi, almeno ad opinione personale ed opinabilissima di chi scrive.
Poi c’è il Soderbergh degli ultimi anni, almeno a partire da Contagion. Quello che sembra aver subordinato la sua intera idea di cinema al servizio di un elemento intorno al quale, ora, far ruotare tutto il resto: il corpo. Il corpo fisico, in senso prettamente attoriale. Anzi, ancora meglio: il corpo della star, delle celebrità, di quei tanti volti notissimi al grande pubblico che puntualmente si sono messi al suo servizio, a volte anche solo per apparizioni di pochi minuti. Con risultati altalenanti e non sempre in grado di andare fino in fondo (il già citato Contagion, ma anche un Magic Mike, ad esempio), ma sempre e comunque portatori di un pensiero di cinema intenzionato ad andare oltre il narrato, oltre l’apparenza immediata di ciò che veniva messo in scena. Come a voler continuamente spostare il proprio sguardo altrove, senza mai arrendersi alle coordinate di quella superficie patinata e luminosa che è e rimane, inevitabilmente, il biglietto da visita del proprio stile.
Se il bellissimo (e sottovalutatissimo) Knockout era la rabbiosa dichiarazione di indipendenza di un corpo – quello di Gina Carano - vivo e perennemente in lotta, perché il combattimento era l’unico strumento di sopravvivenza all’interno di un universo astratto e immateriale, fatto di continui spostamenti geografici e di traiettorie mancate, Dietro i candelabri è davvero il canto del cigno della Bellezza. Il suo requiem. In giro si fa un gran parlare che sia l’addio al cinema di Soderbergh: ammesso che questo sia vero (ma è così interessante, poi?), non potrebbe esserci una chiusa migliore.
In questa lucidissima autopsia dello star system hollywoodiano, in cui i costumi, i candelabri, le paillettes e i lustrini inondano l’inquadratura di luce solamente per evidenziarne e smascherarne il vuoto, i corpi di Michael Douglas e Matt Damon sono i bisturi attraverso i quali squarciare il velo delle ipocrisie fatte carne; quello che ne emerge è un grandissimo racconto di amore e morte, tanto sfavillante quanto inesorabilmente destinato a una fine. Tessuti di nervi e sangue intrappolati in una villa-mausoleo, sottoposti a qualsiasi forma di dipendenza (Effetti collaterali) e malattia (Contagion), ma sempre e comunque bisognosi di amore fino all’ultimo respiro. Un melò, quindi, in piena regola. Ma a Soderbergh tutto interessa fuorché realizzare l’ennesimo biopic su un protagonista della scena americana a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta: la vita e gli amori di Liberace sono piuttosto il pretesto per mettere in scena l’ennesimo horror sulla mostruosità e sulla possessione.
Un film in cui il desiderio si intreccia con la manipolazione e dove la relazione diventa metamorfosi, come se l’unico modo per riuscire davvero ad amare ed essere amati sia trasformarsi (fisicamente) nell’altro, alla stregua di un riflesso sullo specchio. Finalmente, e lo sottolineiamo, finalmente una felice contaminazione tra l’immaginario sottilmente ambiguo del Frankenstein di James Whale e il melodramma sempre sul punto di esplodere firmato Douglas Sirk, ma anche una rivisitazione colta e raffinata dell’immortale Occhi senza volto di Georges Franju, fosse anche solo per quelle sequenze di operazioni di chirurgia plastica così straordinariamente finte. E poi un cast in stato di grazia, nel quale persino le brevi e fugaci apparizioni di Rob Lowe (quasi nei panni del mostro cattivo: siamo in un horror, ricordate?) assumono una statura gigantesca.
Una grande opera degna dei tempi in cui viviamo, un affresco sulle menzogne di un mondo in rovina; un funerale messo in scena con tanta eleganza e patinatura da non sembrare neanche tale: ma la morte è sempre lì, dietro l’angolo, a smascherare parrucche e a mostrare pallidi visi scheletrici all’approssimarsi dell’ultima ora.

Giacomo Calzoni

Sezione di riferimento: Film al cinema


Scheda tecnica

Titolo originale: Behind the Candelabra
Regia: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: Richard LaGravenese
Musiche: Marvin Hamlisch
Fotografia: Peter Andrews (Steven Soderbergh)
Durata: 118’
Anno: 2013
Uscita in Italia: 5 dicembre 2013
Attori principali: Michael Douglas, Matt Damon, Dan Aykroyd, Rob Lowe, Scott Bakula, Debbie Reynolds

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