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PUSSY RIOT - Una preghiera punk per la libertà

7/12/2015

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Nel febbraio 2012 il collettivo russo Pussy Riot organizza un'incursione nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca per recitare una “preghiera punk” che contiene slogan come: “Madre di Dio diventa femminista” e “Madre di Dio liberaci da Putin”. La performance però dura soltanto trenta secondi, poiché la polizia interviene all'istante.
​Tre attiviste, Maria Alyokhina, Nadezhda Tolokonnikova e Yekaterina Samutsevich, sono accusate di atti di teppismo e istigazione all'odio religioso. Pochi giorni dopo vengono arrestate e condotte in carcere. Le autorità non vogliono concedere sconti. Anzi, va inflitta loro una condanna esemplare per non creare pericolosi precedenti. Anche perché il clero russo non ha affatto gradito, per usare un eufemismo. 
Durissima è pure la reazione del popolo, offeso perché considera un sacrilegio e una blasfemia l'esibizione delle tre donne. Nonostante questo, Masha, Nadia e Katia continuano la loro battaglia e, durante l'intero corso del processo, osano sfidare, alla luce del sole e con ammirevole coraggio, il potere politico ed ecclesiastico. Spiegano che l'atto eversivo delle Pussy Riot non intendeva mancare di rispetto alla religione, ma denunciare l'alleanza tra Stato e Chiesa, di cui la Cattedrale è, secondo il loro punto di vista, la simbolica rappresentazione. Attaccano Putin su tutti i fronti, adottano un linguaggio esplicito, usando termini quali regime totalitario, repressione e processo farsa (che sa tanto di vendetta personale dello stesso Presidente). 
In effetti alle attiviste non è quasi mai concessa la parola e il verdetto (emesso nell'agosto del 2012) le condanna a due anni di reclusione da scontare in una colonia penale. Fuori dall'aula (e in Occidente) non mancano i sostenitori delle giovani. Chiedono a gran voce la loro scarcerazione e una Russia senza Putin, che dal canto suo dichiara di dover proteggere i sentimenti dei credenti, già così tanto provati dall'ateismo imposto dai bolscevichi (nel 1931 un ministro di Stalin fece abbattere la Cattedrale di Cristo Salvatore e in seguito sulla stessa area venne costruita un'enorme piscina).
Presentato nel 2013 al Sundance Festival, Pussy Riot – A Punk Prayer di Mike Lerner e  Maxim Pozdorovkin (Capital) è un documentario che regala un interessante spaccato della Federazione Russa dei giorni nostri. Un Paese, prigioniero della tradizione, dove sono tollerate frange estremiste ortodosse che indossano magliette con la scritta “Ortodossia o morte” e si considerano le tre Pussy Riot come peccatrici da punire se non, addirittura, come pericolosi demoni. 
Attraverso le interviste ai genitori delle ragazze, il pubblico ha l'occasione non solo di conoscere particolari dell'infanzia di Nadia, Masha e Katia, ma anche gli eventi storici che  hanno segnato e cambiato per sempre la vita del popolo russo. I parenti delle Pussy Riot rispecchiano quella parte di popolazione che si sta svegliando dopo un lungo torpore, trova inaccettabili i metodi putiniani e prende finalmente coscienza dell'intolleranza e del sessismo diffusi, nonché delle continue violazioni dei diritti umani.

Nell'ottobre 2012, Yekaterina Samutsevich è scarcerata dopo il processo d'appello. Le altre due attiviste, Maria Alyokhina e Nadezhda Tolokonnikova, sono invece rilasciate nel dicembre 2013, grazie a un'amnistia concessa dalla Duma (e nonostante il parere contrario di Vladimir Putin). 

Serena Casagrande

In onda su Laeffe, mercoledì 9 dicembre ore 00.10

​Sezione di riferimento: Film in Tv

 
Scheda tecnica

Titolo originale: Pussy Riot – A Punk Prayer
Anno: 2013
Regia: Mike Lerner, Maxim Pozdorovkin
Fotografia: Antony Butts
Genere: documentario
Durata: 88'
Interpreti principali: Maria Alyokhina, Nadezhda Tolokonnikova, Yekaterina Samutsevich

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