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DIAZ - La detonazione della vergogna

16/4/2013

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Immagine
È una delle opere più importanti degli ultimi vent’anni di cinema italiano, Diaz di Daniele Vicari. Perché al di là di tutto e tutti è un film che trasuda coraggio e suona necessario da qualsiasi lato lo si guardi; pesca l’episodio più vergognoso della nostra storia recente, e ne fa una ricostruzione magari non impeccabile ma appassionata, vigorosa, intimamente motivata da un impegno che suona come presa di posizione sferzante, sequenza dopo sequenza, momento dopo momento. 
Ben al di là dei confini asfittici del nostro cinema e poderoso per impegno produttivo e dispiegamento di mezzi, Diaz – Don’t Clean Up this Blood è un film civile nel senso più alto e destabilizzante del termine: è un detonatore di vergogna nel solco di Costa-Gavras e Petri, un pugno nello stomaco che parla alla pancia dello spettatore col preciso intento di suscitargli un disgustato fiotto di sdegno, un rigetto bilioso da sospensione democratica. Certe immagini sembrano congegnate al millimetro proprio per generare questa reazione viscerale e scomposta, un’indignazione che è tanto più profonda nella misura in cui, come di rado accade nel cinema di casa nostra, attecchisce più nella pancia che nella mente, più nell’impeto estemporaneo che nella riflessione ragionata degli eventi e dei loro orizzonti. 
Vive di immagini di rara forza e potenza, Diaz. È un film che non edulcora, non riduce, non frena le sue ambizioni: eccede perfino nel far sembrare, per un attimo, i poliziotti tutti cattivi e i black block (quasi) tutti buoni, con un lieve manicheismo che può far giustamente storcere il naso ma che non va visto con una cattiva fede eccessiva ed esacerbata. Piuttosto, è il rischio inevitabile cui un film così graffiante e caustico nei confronti della brutalità compiuta dall’uomo non poteva non andare incontro, magari anche scottandosi ma non per questo chinando il capo a semplificazioni di qualsiasi tipo. 
Diaz vive di assalti a muso duro a una ferita collettiva sanguinante e non sanatasi, è un film suburbano con la riuscita formale di un thriller a mano armata e con una coerenza estetica che va anche ben oltre: è semplicemente l’ibridazione più riuscita e funzionale che il cinema italiano ricordi – per lo meno in tempi moderni – tra fiction e documentario, per mano per altro di un regista che di tale commistione ha fatto uno dei marchi di fabbrica del suo stile incalzante ed elettrizzante. Diaz non scende a compromessi, non arretra, incappa in qualche grossolanità qua e là ma non se ne lascia mai sopraffare. Piuttosto, stordisce lì per lì ogni forma di elaborazione mentale e intellettuale (rimandata naturalmente a un cospicuo approfondimento dopo la visione, ça va sans dire) per stritolare il cuore in una morsa gelida. 
Spentesi le luci, si è lì ad asciugarsi le lacrime per il finale (bellissimo: se oggi può ancora esistere un cinema italiano sinestetico e lacerante, eccolo lì) e a convivere con un senso di impotenza, col sapore forte, fastidioso e sulfureo di un fallimento collettivo, di un’assenza governativa, di un black out istituzionale ingiustificato e inspiegabile, oggi come e più che allora.  

Davide Eustachio Stanzione

Sezione di riferimento: Dvd & Tv

In Programmazione: Martedì 16 aprile ore 21.10 (Sky Cinema 1), Martedì 16 aprile ore 22.10 (Sky Cinema +1), Mercoledì 17 aprile ore 21.10 (Sky Cinema +24), Lunedì 22 aprile ore 22.55 (Sky Cinema 1)

Scheda tecnica

Titolo originale: Diaz - Don't Clean Up This Blood
Anno: 2012:
Regia: Daniele Vicari
Sceneggiatura: Daniele Vicari, Laura Paolucci
Fotografia: Gherardo Gossi
Musiche: Teho Teardo
Durata: 125'
Uscita in Italia: 13 aprile 2012
Attori principali: Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Iacopini.

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