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UBRIACO D'AMORE - La cornice degli opposti

31/5/2013

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Immagine
Paul Thomas Anderson ha costruito la propria filmografia tra originalità, indipendenza dalle majors e una forte ambizione. Tra la grandiosità di Magnolia (1999) e l’epica de Il petroliere (2006), si pone Ubriaco d’amore. Un film piccolo, estremamente personale, che si allontana dalla coralità di Magnolia per raccontare quanto di più particolare esista: una porzione di vita, quella del timido Barry (Adam Sandler), tra minimalismo ed eccentricità, personaggi tragici e situazioni paradossali. Il confine tra commedia e tragedia è labile, come stretta, minima, impercettibile è la linea della follia percorsa dai personaggi.
Barry è un tipo come tanti altri, addirittura anonimo, schiacciato da una famiglia invadente e afflitto dal desiderio di essere amato, considerato, apprezzato, voluto. Un uomo che vive come un ragazzino, vittima della repressione, del desiderio, della vergogna. Una mente non meravigliosa ma ansiosa di liberarsi, di vivere le proprie illusioni. Un’anima fragile e sola, disperata per il desiderio di farsi ascoltare. Un giovane nevrotico che compra valanghe di yogurt per poter accumulare miglia aeree che non utilizzerà mai, al solo fine di darsi un obiettivo. Uno che rischia di strozzarsi con il cordone ombelicale della famiglia, solo per non avere il coraggio di imporsi. 
Poi, come spesso accade in questi casi, l'incontro d’amore con Lena (Emily Watson) è la molla che convincerà Barry a cambiare se stesso e la propria vita, a intravedere oltre la realtà e finalmente cominciare a lottare, tagliando i lacci che lo imprigionano.
È una storia d’amore con un solo personaggio, scriveva «The Nation» all’uscita del film, nel 2002. E perché no, dopotutto. Ubriaco d’amore è un viaggio nella vita, nella mente e nel cuore del protagonista, nelle sue manie, nelle sue nevrosi, nell’isteria della normalità. L’inadeguatezza di Barry alle convenzioni del microcosmo sociale in cui vive si rivela sin da subito, ma monta come il tarlo della ribellione man mano che l’amore per Lena (e di Lena) si insinua nella monotonia della sua vita.
Non si tratta certo di un film minore nella filmografia di Paul Thomas Anderson; casomai è un’anomalia nella ricerca stilistica compiuta dal regista. È più vicino ad essere considerato un oggetto d’arte post-moderna, con l’estrema ricercatezza visiva, i contrasti, la scelta cromatica fatta di colori netti – in corrispondenza con la grande forza espressiva dei personaggi, come rapiti dal flusso di incontrollabili emozioni - e i movimenti della macchina da presa, che inquadrano la storia di Barry e Lena come un’inaspettata magia sullo sfondo delle illusioni.
A intrecciare alla perfezione la cornice degli opposti, una scelta musicale azzeccata – nello stile di successo già provato con Magnolia – mette insieme l’alternative composer Jon Brion con la canzone He needs me, cantata da Shelley Duvall, ossessivamente ripetuta nel corso del film come ossessionata, pulsante e compressa sembra la mente di Barry.
L’artista Jeremy Blake ha curato gli artworks introduttivi delle diverse scene (che rappresentano “la parte terrorizzante dell’innamorarsi”, afferma l’artista), ancora una volta confermando l’importanza delle immagini, svincolate dalla loro natura cinematografica ma in qualche modo a essa intimamente legate. Astrazione e realtà del film. Sogno e verità. Amore e sesso. Silenzio e rabbia. La storia di Barry Egan, l’imprevedibilità delle sue azioni, l’altalena emozionale che vibra tra stati d’animo e azione, silenzi e grandiose spinte di rabbia, somiglia in tutto a una partitura in cui nessuna nota è fuori posto, e tutte si legano per chiudere il cerchio.
Il racconto delle anime sensibili ha sempre trovato consensi nel cinema americano. I personaggi timidi che si riscattano da una situazione di costrizione e sofferenza sono i piccoli grandi eroi della nostra epoca, coloro nei quali sembriamo riporre fiducia e speranza, perché così diversi dalla norma eppure così simili a noi. Barry Egan, interpretato con straordinaria intensità e sottile furore da Adam Sandler, rispecchia forse la nevrosi americana dell’11 settembre, l’americano meno-che-medio che si barcamena tra insoddisfazioni, solitudini e disagi affettivi. La catarsi del sopravvissuto si manifesta in una spasmodica ricerca di senso, in un andivieni sconnesso tra strade vuote, personaggi abulici, familiari distaccati. Un viaggiare in cerca di pathos. Un’isola felice. Ubriachezza di sensazioni rosse, elettriche, amorose, feroci. La trasformazione di una imminente tragedia in un'atipica favola rock, vagamente sboccata e romantica. L’amore inebriante. Il sogno, la purezza, la speranza.

Francesca Borrione

Sezione di riferimento: Film in Tv


Scheda tecnica

Titolo originale: Punch Drunk Love
Regia: Paul Thomas Anderson
Sceneggiatura. Paul Thomas Anderson
Anno: 2002
Durata: 90'
Interpreti: Adam Sandler, Emily Watson, Philip Seymour Hoffman
Musica: Jon Brion
Fotografia: Robert Elswitt

In onda su Rai Movie, Domenica 2 Giugno, ore 23.15

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