ORIZZONTI DI GLORIA - La sfida del cinema di qualità
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BFM 31 - Chaika, il treno della speranza

6/4/2013

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C'è un treno che parte, ogni giorno, da una landa remota situata in mezzo al niente. Chi sono le persone che salgono sui quei vagoni? Dove vanno? Scappano verso una nuova vita? Oppure fuggono per poi ritornare? E' quanto si chiede Ahysa, la protagonista di Chaika, il migliore tra i film in concorso visti nella trentunesima edizione del Bergamo Film Meeting.
Diretto dallo spagnolo Miguel Angel Jimenez, il film racconta la storia di una prostituta di origine kazaka. Abbandonata la casa paterna, la ragazza s'imbarca su una nave, in mancanza di alternative migliori, e per intere settimane è costretta a soddisfare le voglie represse (e talvolta brutali) dei marinai. 
Terminata la navigazione Ahysa, nel frattempo diventata madre, non sa dove andare: accetta così l'invito di Asylbeck, marinaio dall'animo buono, innamorato di lei e disposto a offrirle un tetto pur di averla vicino. Negli anni seguenti Ahysa e il figlio, Tursyn, vivono con Asylbeck e la sua famiglia in una casupola gelida in Siberia, per poi trasferirsi tra le steppe del Kazakistan. Più avanti nel tempo, Tursyn torna nei luoghi in cui ha trascorso la sua infanzia, per rievocare il passato.
La lavorazione di Chaika è stata una difficilissima sfida. Così l'hanno definita i produttori del film, tramite un video-messaggio recapitato agli spettatori di Bergamo per ovviare all'assenza del regista, impossibilitato a recarsi nella città lombarda. Tre anni di riprese, con pericoli di non poco conto e ostacoli di tutti i tipi messi in atto dalle autorità kazake, mal disposte a tollerare nel loro territorio la lavorazione di un film con protagonista una prostituta musulmana. Divieti, visti poi ritirati, ingerenze e aggressioni, a causa delle quali la troupe ha dovuto raccogliere il materiale e terminare le riprese altrove, in Siberia, con temperature mai sopra i -20 gradi. 
Un'avventura estrema, verrebbe da dire herzoghiana, per fortuna portata a termine con pieno successo. Chaika è infatti un lavoro doloroso, intimo, lacerante, e non privo di poesia. Un'opera diretta con attenzione e umiltà, in cui la natura toglie spazio alla parola, e il silenzio riesce a spiegare più di mille frasi. Penetrata dai rudi marinai prima, dal freddo inclemente poi, Ahysa è un'anima mite, sola, irrequieta: una donna cresciuta troppo in fretta, torturata dal destino, vogliosa di cullare sogni di mitiche fughe dirette verso un futuro radioso. Il suo compagno, Asylbeck, ne è l'esatto contrappunto: un uomo semplice, che niente ha e niente insegue, salvo la presenza di una donna che non lo ama, ma che, anche solo standogli accanto, gli regala quella felicità che mai potrebbe trovare in nessun altro angolo del mondo.
Ci sono persone che muoiono lì dove sono nate; altre invece cercano per tutta la vita il luogo giusto per loro, senza mai trovarlo. Ahysa (una bravissima Salome Demuria) fa parte della seconda categoria, come tanti di noi; stringendo i denti lei combatte, soffre, subisce, piange, resiste, sapendo che un giorno, forse, troverà finalmente il coraggio di salire su quel treno, correndo ad ampie falcate verso il domani. Qualunque esso sia.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Festival Reportage


Scheda tecnica

Titolo originale: Chaika
Anno: 2012
Regia: Miguel Angel Jimenez
Sceneggiatura: Miguel Angel Jimenez, Luis Moya
Fotografia: Gorza Gomez Andreu
Musiche: Pascal Gaigne
Durata: 100'
Uscita in Italia: --
Interpreti principali: Salome Demuria, Gio Gabunia, Bachi Lezhava, Aytuar Issayev

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BFM 31 - Guédiguian e il cinema di qualita'

6/4/2013

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Qualcuno tempo fa lo chiamò "il poeta dei sobborghi marsigliesi": una definizione forse limitativa, ma tutto sommato adeguata nel descrivere il cinema di Robert Guédiguian, protagonista dell'edizione 2013 del Bergamo Film Meeting, conclusa tra gli applausi del pubblico che per nove giorni ha affollato l'Auditorium di Piazza della Libertà, spesso esaurito in ogni ordine di posto, con gente addirittura accampata sugli scalini dei corridoi. 
L'idea di dedicare una retrospettiva integrale all'autore francese, purtroppo poco conosciuto in Italia, oltre a essere brillantissima sulla carta si è rivelata vincente anche al lato pratico: i 17 film di Guédiguian hanno appassionato gli spettatori, e sia lui che la compagna-attrice Ariane Ascaride, ospiti del festival, hanno ricevuto una meritata standing ovation quando sono apparsi sul palco, dimostrandosi poi persone umili, amabili, squisite, nei vari incontri in cui sono stati coinvolti nelle ore successive, intrattenendo la folla con aneddoti interessanti e spassosissimi 
Operai, disoccupati, giovani allo sbando, piccoli delinquenti. Gente povera ma piena di dignità. Storie di tutti di giorni, divise tra disillusioni e sconfitte, battaglie e vittorie, tenerezza e caparbietà. Trent'anni di cinema onesto, genuino, condotto con mano sicura, dall'esordio con Dernier Eté (1981) sino all'ultimo e bellissimo Le nevi del Kilimangiaro; tre decadi di lavoro appassionato, coerente, schierato dalla parte dei più deboli senza peraltro mai (s)cadere nel qualunquismo o nella mera lotta ideologica: Guédiguian, riportando le sue stesse parole, nella sua carriera ha voluto sempre "dare voce a chi non ce l'ha", e lo ha fatto con una purezza d'intenti libera da ogni sospetto. 
Il pubblico di Bergamo ha potuto così vivere un coinvolgente viaggio in un cinema di volta in volta dolente e divertito, straziante e risorgente, contrassegnato da tappe significative e in fondo tutte necessarie: la disperazione cocente di La ville est tranquille, forse il capolavoro di una vita; il sogno mai domo di A' la place du coeur; il laicismo tagliente del "quasi morettiano" L'argent fait le bonheur; lo scatenato divertissement metacinematografico di  A' l'attaque; tante storie per un unico cinema, sempre uguale a se stesso eppure sempre diverso, con un'intoccabile famiglia di attori ad accompagnare Guédiguian in ogni lavoro: la Ascaride, musa ispiratrice nella vita come nell'Arte; Jean-Pierre Darroussin, magnifico interprete che non ci si stancherebbe mai di guardar recitare; Gérard Meylan, impeccabile trasformista. Un po' come Kaurismaki, Guédiguian da trent'anni fa sempre lo stesso film, eppure ogni volta è capace di sorprenderci e rinnovarsi. Una virtù che appartiene solo ai grandi cineasti.
Il festival di Bergamo si è confermato ancora una volta uno degli appuntamenti più belli dell'intero panorama nazionale, e lo ha fatto attraverso un fattore tanto essenziale quanto (non) scontato: la qualità. Impossibile, tra gli ottanta e passa titoli presentati, trovare una pellicola di livello scadente. Numerosissime, invece, le suggestioni positive, sia nei film in concorso, sia nelle sezioni parallele, sia negli abbondanti omaggi rivolti al passato, in cui è stato possibile gustare, tra gli altri, F For Fake, testamento artistico del "ciarlatano" Orson Welles; Murder By Death, scatenata parodia del whodunit con clamorosa sfilata di star all british, da Peter Sellers ad Alec Guinness, da Maggie Smith a Peter Falk; House on Haunted Hill, leggendario horror di William Castle con il totemico Vincent Price; The Horse's Mouth, sottostimato lavoro del '58 con un Guinness pittore scapestrato più in forma che mai.
A conti fatti, quello di Bergamo resta un evento imprescindibile, per compiere un'immersione totale nel caldo abbraccio del cinema, senza limiti né confini.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Festival Reportage

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