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BFM 35 - Il chirurgo ribelle, di Erik Gandini

14/3/2017

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Foto
​Il chirurgo Erik Erichsen, specializzato in ortopedia, lavora per trent'anni in Svezia. Stanco dell'enorme burocrazia che appesantisce la quotidianità della sua professione, decide di lasciare tutto, agi compresi, per trasferirsi, insieme alla moglie Sennait, nella remota regione del Wollega, in Etiopia, dove i mezzi a disposizione per curare le persone non sono neanche minimamente paragonabili alle ricchezze e alla modernità del paese scandinavo. Erichsen diventa responsabile del piccolo ospedale da campo del paese di Aira, e lì inizia ogni giorno ad assistere decine e decine di pazienti, trasformandosi in “chirurgo generico” e operando tutte le parti del corpo, in tutti i modi e con tutti i mezzi di fortuna possibili e immaginabili, pur di aiutare i malati.
La fama di Erichsen si diffonde nel paese. Presto il diroccato ospedale si affolla di un'infinita moltitudine di infermi che vengono a chiedere un consulto. Lui, pur con metodi talvolta anche bruschi, non rifiuta una mano a nessuno. Insieme alla compagna interviene su tutti i pazienti nel tentativo di curare ogni tipo di patologia, senza mai prendersi pause né giorni di ferie, portando avanti la sua “missione” per ben dieci anni. 

Erik Gandini, autore bergamasco da tempo realizzato professionalmente in Svezia e già apparso di recente sui nostri schermi con La teoria svedese dell'amore, ha presentato in anteprima mondiale, durante il sempre splendido Bergamo Film Meeting, il suo nuovo documentario, Rebellkirurgen (Il chirurgo ribelle). In sala, con lui, anche i protagonisti del suo lavoro, Erik Erichsen e la dolcissima compagna Sennait, accolti al termine della proiezione da una vera e propria standing ovation. Un omaggio meritato, per un film che mette in luce la straordinaria storia di un uomo che ha abbandonato le comodità della vita occidentale per aiutare migliaia di persone prive di efficienti sostegni economici e medici. 
Nonostante il minutaggio limitato (50 minuti), il doc di Gandini, prossimamente in uscita anche al cinema grazie a Lab 80, sa essere forte, intenso, ipnotico. Si resta a bocca aperta, durante la visione, nell'atto di scoprire gli incredibili mezzi con cui Erichsen svolge ogni giorno il suo lavoro in Etiopia, ovviando alla mancanza di strumentazioni decenti con illimitata fantasia. Raggi di bicicletta, fascette, viti da ferramenta, lenze da pesca, trapani elettrici comprati per 15 euro al supermercato locale: ogni supporto può essere utile per suturare, rattoppare, aggiustare, provare a curare qualsiasi tipo di malattia, anche le più gravi ed estreme. Lance da caccia infilate nello stomaco da parte a parte, impressionanti tumori alla lingua, fratture scomposte, piedi equini, ferite infette, arti in cancrena: niente è impossibile, ogni operazione può essere tentata, leggendone le modalità sui libri se non la si è mai provata prima, scavalcando la teorica deontologia professionale e utilizzando qualsiasi oggetto disponibile pur di provare a salvare chi necessita di cure.
Non chiamatelo eroe, però. Il dottor Erichsen, convinto del fatto che il sistema sanitario occidentale sia destinato a collassare a causa della troppa burocrazia, può essere considerato allo stesso tempo un rivoluzionario, un pioniere o un genio non privo di un pizzico di follia, ma rifiuta in qualsiasi caso etichette di valore. I veri eroi, secondo lui, sono i chirurghi che rimangono in Svezia, ad affogare nei cavilli amministrativi e a occuparsi di persone che spesso non mostrano la minima riconoscenza. Lì in Etiopia, invece, tutti affrontano le più terribili malattie con un coraggio spaventoso e, se sopravvivono, aprono il cuore al sentimento dell'eterna gratitudine. Per cui si combatte con e per loro, si tenta di intervenire sempre e velocemente, affrontando qualsiasi ostacolo; e se proprio non ci sono speranze resta almeno la consolazione che, a differenza di ciò che sovente accade nel mondo ricco, ad Aira nessuno muore solo.

Il documentario di Erik Gandini, comunque non privo anche di momenti lievi, può non essere semplice alla visione: molti infatti sono i momenti duri e numerose sono le immagini piuttosto sconvolgenti per chi è impressionabile. La macchina da presa non esita a mostrare anche in dettaglio orribili tumori in avanzato stato di progresso, scioccanti deformazioni e ferite aperte con tanto di vermi brulicanti al loro interno. Eppure, anche se talvolta si ha la tentazione di chiudere gli occhi, è invece utile provare a tenerli ben aperti, per rendersi conto di quanta forza e dignità ci possa essere nella sofferenza, e di quanto importante sia il lavoro di un personaggio come Erichsen: un grande uomo, affiancato da una grande donna, pronto a donare l'anima e ogni attimo del suo tempo per mettersi al servizio di chiunque ne abbia necessità. Pensando solo e soltanto al fine ultimo: l'uso della medicina come atto di amore e salvezza. 
Ma non chiamatelo eroe. 

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Festival Reportage

​
Scheda tecnica

Titolo originale: Rebellkirurgen
Regia: Erik Gandini
Interpreti: Erik Erichsen, Sennait Erichsen
Anno: 2016
Durata: 51'

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