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LOCARNO 66 - Exhibition, di Joanna Hogg

10/8/2013

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Una casa. Le sue forme. Le sue pareti. Angoli, infissi, finestre. Aperture, chiusure, sfumature. Suoni familiari, sempre uguali e sempre diversi. Un micromondo unico, indescrivibile, incastonato nel cuore e nell'anima. Il luogo che si conosce come e più del proprio corpo, da cui però è giunto il momento di separarsi, dopo 18 anni di vita, crescita, sorrisi, pianti, amore. Restano pochi giorni per toccare ancora quel legno, stendersi sul pavimento, rotolare nel tepore del nido, abbracciare ogni piccolo mistero nascosto al riparo dalla confusione esterna. La casa respira, si muove nella sua immobilità, protegge il senso primordiale dei ricordi; il tempo dell'addio colora di grigio la notte, le ore scorrono, il domani non ha sapore: resta soltanto l'attimo, ultimo e infinito, da godere tra le coperte ovattate della malinconia.
Exhibition, presentato venerdì 9 in concorso a Locarno 66, è scritto e diretto dall'inglese Joanna Hogg, ex fotografa e regista televisiva, qui al suo terzo lungometraggio per il cinema. Un'opera complessa, sinestetica, a tratti ostica e dunque non d'immediato impatto, eppure ricchissima di fascino, per come sa dipingere la primaria componente scenografica rendendola strumento indispensabile di riflessione e contrasto.
I protagonisti del racconto non hanno nome, soltanto un'iniziale: D. e H. Due persone non comuni, entrambi artisti. Lavorano in casa, uno al piano di sopra l'altra al piano di sotto. Comunicano con un telefono da cui si scambiano commenti e saluti durante la giornata. Così vicini eppure così lontani. Dopo 18 anni H. ha deciso di vendere la casa, per motivi non ben definiti. D. non vorrebbe, perché la sua affezione per il luogo travalica i confini dell'ossessione. La nostalgia per l'imminente perdita del proprio regno, di cui si conosce a memoria ogni infinitesimale dettaglio, viaggia di pari passo con la preoccupazione per un rapporto matrimoniale ormai per molti versi logoro, macchiato dalle incrostazioni dell'abitudine. Eppure, per paradosso, se da un lato si vorrebbe ravvivare ciò che non ha più sostanza, dall'altro sono proprio loro, le consuetudini millimetriche che accompagnano ogni sussulto della/nella casa, a provocare la più ampia e dolorosa sensazione di perdita. Quelle mura sono (state) straordinarie compagne di vita, lavoro, creazione, sesso, libertà, maturazione: dopo, tutto sarà diverso.
In questa brillante dicotomia Exhibition si dipana prendendosi i giusti tempi, raccontando una storia originale, stordente, a tratti perfino surreale, in cui la consequenzialità logica delle azioni e delle reazioni si fa da parte per lasciare spazio all''inconoscibile istintualità. La Hogg utilizza con invidiabile accortezza il sonoro, rendendoci partecipi di ogni rumore che sovrasta il silenzio all'interno dell'abitazione; al contempo, senza timore, azzarda inserti audaci, trasformando la sua attrice (una bravissima Viv Albertine, musicista prestata al cinema) in una maschera pronta a fondersi nelle radici stesse della casa, e regalandole anche una scena di masturbazione senza dubbio eccitante e ben riuscita. 
Tra umori, distacchi, sussurri, passi, contorsioni e lacerazioni, si prepara così l'ultimo saluto al focolare domestico, cullati dalle ombre di un film intelligente e prezioso.

Alessio Gradogna

Sezione di riferimento: Locarno


Scheda tecnica

Titolo originale: Exhibition
Regia: Joanna Hogg
Anno: 2013
Durata: 105'
Interpreti: Viv Albertine,  Liam Gillick,  Tom Hiddleston
Decorazioni: Stéphane Collonge
Sceneggiatura: Joanna Hogg
Sonoro: Jovan Ajder

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