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CITTÀ DOLENTE - Epopea della sofferenza

11/12/2014

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Nel 1945, dopo la sconfitta degli invasori Giapponesi, Taiwan torna alla Cina. L’isola diventa il quartier generale del Kuomintang, partito anticomunista con a capo Chang Kai-shek, e in seguito sede del governo nazionalista, in fuga della Cina continentale (la futura  Repubblica Popolare Cinese) oramai in mano al partito di Mao Zedong. 
La condotta degli amministratori locali, corrotti e dispotici, provoca le proteste della popolazione taiwanese, soffocate nel sangue dall’esercito inviato da Chang Kai-shek. Il 28 febbraio 1947, una sommossa repressa con il massacro di migliaia di civili dà inizio al periodo noto come il “Terrore bianco”.
L’analisi storica è una premessa imprescindibile per comprendere l’intensa opera di
Hou Hsiao-hsien, affresco epico imperniato sulle vicende della famiglia Lin, il cui inesorabile destino dipenderà dagli avvenimenti politico-sociali sopravvenuti nell’isola dal 1945 al 1949. Città dolente inizia nel 1945, nell’immediato dopoguerra. Dei quattro fratelli Lin, soltanto tre sono sopravvissuti al conflitto: Wen-heung (Chen Sown-yung), Wen-leung (Jack Kao) e Wen-ching (Tony Leung, attore di Hong Kong magnifico protagonista di In the Mood for Love).
Wen-heung gestisce il ristorante Little Shanghai e si mette in affari con la mafia, che non esiterà ad assassinarlo senza pietà. Wen-leung, traumatizzato dalla guerra, trascorre un periodo di degenza in un ospedale psichiatrico. Una volta guarito verrà arrestato come collaborazionista e torturato. Lo shock subito in prigione gli farà perdere per sempre la ragione. Wen-Ching, il fratello più giovane sordomuto dalla nascita, fa il fotografo. Vicino agli ambienti della resistenza, viene incarcerato con l’amico Hinoe. Appena  rilasciato, Hinoe si rifugia in montagna, dove Wen-ching lo raggiunge per unirsi ai ribelli. Hinoe però non gli permette di rimanere e gli fa promettere di prendersi cura della  sorella Hinomi, che Wen-ching sposerà e dalla quale avrà un figlio. In una delle ultime scene la nipote di Hinomi riceve una lettera dalla zia, la cui voce fuori campo racconta che il marito è stato di nuovo arrestato e che di lui non si sa più nulla. 
Hou Hsiao-hsien ha raccontato con coraggio una delle pagine più tragiche della storia di Taiwan, abbattendo il muro di omertà dietro il quale per lunghi anni si sono nascoste le istituzioni locali, rifiutandosi di ammettere pubblicamente gli omicidi di massa come il massacro del 28 febbraio 1947 (non esistono dati ufficiali, ma pare che siano state trucidate tra le 18.000 e le 28.000 persone). I drammatici eventi che sconvolgono l’isola, appena accennati, restano comunque sempre sullo sfondo e lo spettatore li coglie soltanto tramite la disperata prospettiva della famiglia Lin, che assiste impotente alla propria disfatta. Attraverso una narrazione stratificata che può risultare complessa, il cineasta denuncia le devastanti ripercussioni dei cambiamenti storici sulla popolazione. Nonostante lo stile puro ed essenziale, con macchina fissa e campi lunghi, sembri condurre a una regia fredda e distaccata, in realtà ogni inquadratura svela una profonda umanità. 
Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia del 1989, Città dolente ha fatto conoscere al grande pubblico europeo il talento di Hou Hsiao-hsien. Primo capitolo della cosiddetta “Trilogia di Taiwan”, che comprende inoltre Il maestro burattinaio (1993) e Good men, Good women (1995), è noto anche con il titolo A City of Sadness.


Serena Casagrande

Sezione di riferimento: Cinema dal mondo


Scheda tecnica


Titolo originale: Beiqing chengshi
Anno: Taiwan, 1989
Regia: Hou Hsiao-hsien
Sceneggiatura: Chu T'ien-wen, Wu Nien-jen
Fotografia: Chen Huai-en
Durata: 157'
Interpreti principali: Tony Leung, Hsin Shu-fen, Chen Sown-yung, Jack Kao, Li Tien-lu, Wu Yi-fang. 


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