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GRÂCE À DIEU (Grazie a Dio) – Liberare la paura

20/10/2019

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​Le luci del presente, le ombre del passato. Fantasmi oscuri che si aggirano nella mente, spettri irrequieti che ancora danzano confusi senza aver trovato pace. La vita, gli impegni, il lavoro, la famiglia. Ma poi la notte, il silenzio, i ricordi, il dolore. Tormenti che incalzano Alexandre Guérin, quarantenne capace di costruire nel tempo un’esistenza ricca di gioie e certezze: una moglie affezionata, cinque figli in crescita secondo dettami di fede e rispetto, un’occupazione solida in banca. Dietro alla cortina lieta del quotidiano, ci sono però i residui tossici di un’infanzia complicata, durante la quale Alexandre ha subito abusi sessuali da parte del parroco Bernard Preynat. Attenzioni che hanno lasciato un marchio indelebile nello spirito di quel bambino ora diventato uomo. 
Sono passati una trentina d’anni da allora, ma in fondo nulla è mai cambiato. Con vivo sconcerto, Alexandre scopre che Preynat ancora opera a stretto contatto con i bimbi. Disgustato e sconvolto, contatta il Cardinale Barbarin, responsabile della diocesi di Lione. Espone il suo caso, rievoca i fatti accaduti, chiede che il prete sia allontanato. Da quel momento inizia un lungo viaggio tra ricerca di giustizia e insabbiamenti, tentativi di salvare altre reali e potenziali vittime e sporche omissioni da parte dello stesso Barbarin e di tutta la Chiesa. 
Alexandre è la scintilla, la miccia che accende la bomba; dopo di lui altri vengono allo scoperto, trovando finalmente il coraggio di parlare: tra loro, tra i tanti, François Debord ed Emmanuel Thomassin, anch’essi destinatari delle “affettuose carezze” di Preynat al tempo dei campi scout. Nasce un’associazione, La parole libérée, destinata a fornire sostegno alle prede a cui il parroco ha violato l’innocenza; le denunce abbandonano il campo prettamente religioso e si inseriscono nel contesto giudiziario; i protagonisti rivelano i maltrattamenti subiti, coinvolgono i mass media, si battono affinché giustizia sia finalmente fatta. Affinché Preynat, Barbarin e tutti i responsabili degli scempi paghino per le colpe di cui si sono macchiati. Un percorso arduo, ma portato avanti con determinazione e coraggio.
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Dopo numerose opere di alto livello, legate comunque alla finzione narrativa, François Ozon torna nelle sale con un film questa volta basato su eventi reali. Premiato con l’Orso d’Argento a Berlino e accolto con grandi applausi e pressoché unanimi lodi da parte del pubblico e della stampa francese, Grâce à Dieu (Grazie a Dio) arriva finalmente anche da noi, trainando con sé il suo carico di aspra e necessaria denuncia. 
Se si studia un momento la genesi della lavorazione, si scoprono cose per le quali non c’è purtroppo di che sorprendersi. Il film è stato realizzato in segreto, con un titolo fittizio e una trama fasulla, così da evitare interferenze da parte della Chiesa. Sebbene la vicenda sia ambientata a Lione, gran parte delle scene sono state girate in Belgio e in Lussemburgo, o nella regione parigina, sempre per scartare le ingerenze del potere cattolico lionese. Inoltre, una volta rivelati trailer e vera sinossi del film, nel quale sono persino utilizzati i veri nomi dei soggetti coinvolti (il parroco peraltro è ancora oggi un “presunto innocente” in attesa di processo), gli avvocati di Preynat hanno tentato di bloccarne l’uscita, chiedendo un provvedimento d’urgenza a tale scopo; un attacco per fortuna fallito, in quanto i giudici hanno deliberato a favore della libertà di espressione artistica (e chissà se in Italia il verdetto sarebbe stato lo stesso; ci si permetta qualche dubbio in merito).
Nonostante gli ostacoli, possiamo dunque ammirare senza impedimenti un’opera da molti accomunata al recente Il caso Spotlight, di Tom McCarthy, anche se i contatti tra le due pellicole sono in verità soltanto superficiali. Mentre infatti il film americano puntava su coordinate piuttosto definite, legate al giornalismo d’inchiesta, il lavoro di Ozon, di ben altro spessore, si concentra sull’emotività delle vittime, sulla loro interiorità, sui rapporti familiari, cercando di scavare all’interno di anime e cuori le cui ferite mai si potranno del tutto rimarginare. 
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Da sempre cantore di una sessualità disinibita, fremente, trasgressiva, multiforme, dipinta in varie tonalità di affermazione di sé, il regista di Swimming Pool, Potiche, Jeune et Jolie, Une nouvelle amie e L’amant double si pone ora al lato opposto, andando a indagare le pieghe non totalmente cicatrizzabili di contatti fisici squallidi, patologici, coercitivi, privi di volontà di scelta. Una strada d’analisi tortuosa, che facilmente sarebbe potuta scadere nel sensazionalismo e/o nella caccia alla tiepida lacrima. Ozon, invece, con estrema abilità, respinge questi rischi, mettendo in scena un film sorprendentemente costruito quasi come un thriller, teso e dal gran ritmo, a tratti perfino concitato, in cui lo spettatore è scaraventato nel torbido mare della vicenda subito, senza preamboli, senza avere la possibilità di immergere prima i piedi in acqua per acclimatarsi. Grâce à Dieu parte spedito e non si ferma più; rari i momenti di stasi, poche le sequenze topiche. L’impasto è compatto, fluido, efficace, sempre lucido. 
In costante e brillantissimo stato di forma ormai da oltre un decennio, Ozon rifugge pure i tranelli della rappresentazione a tesi: la condanna alle ignominie pedofile di Preynat e all’omertà di Barbarin è forte e conclamata, ma la sceneggiatura non ricatta il pubblico costringendolo solo a una crociata ideologica. L’autore riesce invece a mantenersi in equilibrio tra precisa descrizione dei fatti e analisi psicologica di uomini che combattono per una causa giusta, giustissima, cercando al contempo di trovare così o lo scopo di un’intera vita o una maturazione della vita stessa, oltreché l’approdo tanto agognato a una minima serenità interiore. 
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Accompagnato dalla bravura dei suoi principali attori, Melvil Poupaud (indimenticato protagonista, tra gli altri, di Laurence Anyways di Dolan), Denis Ménochet (visto in Jusqu’à la garde – L’affido) e l’ottimo Swann Arlaud, e da uno stuolo di “comprimari” di gran livello (Frédéric Pierrot, Hélène Vincent, Josiane Balasko), Grâce à Dieu sfrutta i dettami della denuncia sociale per farsi strumento di emancipazione e liberazione. Il senso dell’opera sta infatti (anche) proprio qui: liberare la paura, liberarsi dalla paura, affrancarsi dalla schiavitù del silenzio, svincolarsi dalla sedimentazione di una sofferenza per la quale non esiste alcuna prescrizione.
Il compimento dell’atto cinematografico in quanto tale, e della missione di tutte le vittime che oggi combattono per impedire che simili orrori restino impuniti e si ripetano in Francia come altrove, risiede nelle profondità di questo concetto: alzare lo sguardo, comunicare, aprirsi, ascoltare, comprendere, agire. Per non avere più paura.

Alessio Gradogna

Sezioni di riferimento: Film al cinema, La vie en rose

Recensioni film di François Ozon: Dans la maison (Nella casa) – Jeune et Jolie (Giovane e bella) – Une nouvelle amie (Una nuova amica) – Frantz – L’amant double (Doppio amore)

Scheda tecnica

Titolo originale: Grâce à Dieu
Anno: 2019
Durata: 127’
Regia e sceneggiatura: François Ozon
Fotografia: Manuel Dacosse
Montaggio: Laure Gardette
Attori: Melvil Poupaud, Denis Ménochet, Swann Arlaud, François Marthouret, Bernard Verley, Josiane Balasko, Frédéric Pierrot, Hélène Vincent

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