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ROYAL AFFAIR - Intrighi a corte

9/4/2014

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Ricco ed elegante, ma non per questo barocco e calligrafico, Royal Affair racconta uno degli episodi più sconcertanti e curiosi della storia danese. Il delizioso film del giovane regista Nikolaj Arcel, Orso d'argento per la migliore sceneggiatura al Festival di Berlino del 2012, trasferisce in immagini i moti rivoluzionari illuministici danesi che, vent'anni prima della ben più nota Rivoluzione Francese, sconvolsero la corte presieduta dal ventunenne Christian VII.
Il giovane sovrano, eterno fanciullo, si dedica ai suoi passatempi, delegando con noncuranza la gestione del potere ad alcuni consiglieri della corona, personaggi gretti e conservatori per interesse. Costretto a prendere in sposa la cugina britannica Caroline Mathilda (Alicia Vikander), Christian (Mikkel Boe Følsgaard) trascura la propria consorte e il proprio erede preferendo la lasciva compagnia di donne la cui dissolutezza non fa che peggiorare la sua situazione. Il giovane Re è infatti sempre più distaccato dalla realtà in cui vive e la sua fanciullezza, che presagisce un'incombente ebefrenia, è motivo di preoccupazione per i ministri. La decisione di affiancargli un dottore personale è lo strumento grazie al quale viene introdotto a corte Johann Friedrich Struensee (Mads Mikkelsen), uomo di medicina, ma in segreto uno dei più importanti divulgatori delle idee propugnate dagli illuminati Rousseau e Voltaire.
A terzetto formato, tra Christian, Caroline e Johann inizia una serie di liaisons dangereuses che costringe il già mentalmente labile sovrano a una pozione di progressiva subordinazione nei confronti di Struensee, il quale, con l'appoggio anche sentimentale di Caroline, fa di tutto per mettere in pratica le nuove teorie rivoluzionarie.
Una volta nominato ministro, infatti, egli è in grado di attuare una politica liberale e umanista, promuovendo riforme dall'importanza storica: l'abolizione della schiavitù, della tortura e del carcere per molti reati minori. Ma Struensee non può certo pensare di modificare con tanta radicalità le leggi e le abitudini di una nazione senza pagare un prezzo. Nella coralità che contraddistingue il lavoro di Arcel, con le sue dinamiche di potere in cui politica è sottomessa alla fede e al rigoroso rispetto dell'estrazione sociale, i malumori non possono che trovare in alcuni consiglieri e ministri i loro portabandiera. La decisione di questi ultimi non può essere che una sola: eliminare Struensee.
Royal Affair, ispirato alle grandi pellicole epiche americane degli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, è un film in costume girato in maniera estremamente moderna; proprio per questo non si esaurisce nel compiacimento scenografico e storico, ma trova la sua compiutezza nello scontro ideologico sui cui si fonda l'intreccio. Possiamo dare per assodato che l'impossibilità di accedere a un budget di grandi dimensioni abbia contribuito a convincere – anche se sarebbe più opportuno dire “costringere” – Arcel a concentrarsi su quelle scelte, peraltro azzeccate, che hanno potuto rendere Royal Affair un ottimo film e non un lavoro sofferente dal punto di vista spettacolare. 
Amori, idee e intrighi diventano, di conseguenza, i pilastri per una vicenda che fa del contagio ideologico la propria chiave di volta. Johann Friedrich Struensee è chiamato a seguire il giovane Christian, un incarico parzialmente tradito, poiché è l'intera società danese a “soffrire”. La cura? Non medicine, pillole o aghi, ma idee che possano “curare” tutte quelle ingiustizie sociali tipiche di una società iniqua e immobilista. Solo un matto come Christian può, quindi, permettere alle idee illuministe di propagarsi come un virus nella nazione da lui governata; è proprio in questo connubio pazzia/ideologia che si incontrano e si scontrano i due personaggi principali di questa equilibratissima opera filmica. 
Royal Affair, nelle sue due ore e quindici minuti di durata, affronta una delle vicende più importanti della storia danese, e lo fa contando su una sceneggiatura magistrale, in cui ogni momento è parte organica di un racconto teso a raccontare quei piccoli intrighi sottomessi alla grandezza della storia.

Emanuel Carlo Micali

Sezione di riferimento: Eurocinema


Scheda tecnica

Titolo originale: En kongelig affære 
Anno: 2012
Regia: Nikolaj Arcel
Sceneggiatura: Nikolaj Arcel, Rasmus Heisterberg 
Fotografia: Rasmus Videbæk
Musica: Cyrille Aufort, Gabriel Yared
Durata: 137’
Uscita in Italia: 29 Agosto 2013
Attori principali: Alicia Vikander, Mikkel Boe Følsgaard, Mads Mikkelsen

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BLEEDER - Il cinema ematico di Nicolas Winding Refn

16/5/2013

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“Adesso tutti fissano guardano osservano studiano la nuova candela e l’ombra che la fiamma vacillante getta, sempre parlando a bassa voce, sempre fumando, sempre succhiando caffè e gin; osservando l’estremità superiore che si fonde e la prima goccetta di cera che s’affaccia sul bordo e trabocca e corre giù per la candela, la fiammella debole che diventa luminosa e rossa al centro… poi un’altra goccia trabocca e segue la prima” ( Ultima fermata Brooklyn, di Hubert Selby jr.). 
Bleeder è il secondo lungometraggio di Nicolas Winding Refn e, nonostante sia considerato minore, in realtà è un’opera seminale in cui sono presenti, in maniera embrionale, le caratteristiche stilistiche, narrative e semantiche proprie del cinema dell'autore danese. In parallelo scorrono le vite di Leo (Kim Bodnia) e Lenny (Mads Mikkelsen), due personalità agli antipodi, l’uno il rovescio dell’altro, entrambi giunti a un punto di svolta nelle loro esistenze; da un lato un’inattesa e non voluta paternità e dall’altro un tenero amore inconfessato. Storie lontane, ma accomunate dall’incapacità di affrontare il cambiamento e dalla paura di dover rinunciare al proprio Io. 
“Alla caduta di Leo, annichilito e risucchiato dal vortice della violenza – un po’ come il Travis Bickle di Taxi driver – si contrappone l’accesso alla Grazia di Lenny che, “illetterato et idiota” (alla maniera del principe Myskin di Dostoevskij), riesce a far breccia nel cuore di Lea” (Luca Biscontini, La Vendetta degli anti-eroi. Il cinema di Nicolas Winding Refn). Sullo sfondo si muove un’umanità malata e povera di ideali: lo sguardo della mdp si sofferma sui relitti bordeline, piccoli criminali, vuoti a perdere, appartenenti alla stessa umanità dipinta da Huber Selby Jr, autore amatissimo da Refn, fino al punto di coinvolgerlo nella stesura della sceneggiatura di Fear X, e qui ricordato come lo scrittore preferito di Lea (interpretata da Liv Corfixen, moglie del regista). 
Bleeder è anche un’intensa dichiarazione d’amore verso il cinema, un amore puro e incondizionato, quasi cannibale e ossessivo, nei confronti della cinematografia che ha accompagnato la sua crescita, umana e professionale. Un omaggio alla settima arte, vissuta come ossessione, scorre fin dalle prime immagini del film; in una videoteca danese, che strizza l’occhio a quella smithiana di Clerks, vengono elencati in rassegna i nomi degli autori cinematografici più cari a Refn, da Peckinpah a Leone, da Morrissey a Siegel, passando per Jodorowsky, Meyer e Ferrara, fino ai nostri Fulci, Bava, Lenzi e Deodato. Bleeder sottrae all’oscurità e dona nuova luce a gioielli del cinema splatter ed exploitation, da Maniac e Vigilante di William Lustig, fino a Il mostro è in tavola…barone Frankenstein. 
È un film cupo, in bilico tra la vita e la morte, un’opera in cui il lato oscuro della mente umana impera, la codardia è il motore che governa le azioni, le buone intenzioni affogano nel sangue; ogni scena si chiude inghiottita dalla ferocia lavica e magmatica di un rosso vivido e pulsante, il colore predominante nel cinema di Refn. Più che nella trilogia di Pusher, qui la violenza altro non è che l’arte maldestra praticata dai vigliacchi, un’infinita serie di gesti infami perpetrati e consumati nei confronti di soggetti inermi per condizione o situazione. 
Il secondo film di Refn è selvaggio e furioso, mette in mostra un microcosmo nascosto di sopraffazione e lotta per la sopravvivenza, trasuda senso della catastrofe, dell'allarme e della tragedia come raramente è dato di vedere, attraverso un continuo gioco di specchi metafilmico e metatestuale accattivante e mai sovraesposto.

Mariangela Sansone

Sezione di riferimento: Eurocinema


Scheda tecnica

Titolo originale: Bleeder
Anno: 1999
Regia: Nicolas Winding Refn
Sceneggiatura: Nicolas Winding Refn
Fotografia: Morten Søborg
Musiche: Peter Peter
Durata: 98’
Uscita italiana: --
Interpreti principali: Kim Bodnia, Mads Mikkelsen, Zlatko Buric, Liv Corfixen, Levino Jensen.

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