ORIZZONTI DI GLORIA - La sfida del cinema di qualità
  • HOME
  • REDAZIONE
  • LA VIE EN ROSE
  • FILM USCITI AL CINEMA
  • EUROCINEMA
  • CINEMA DAL MONDO
  • INTO THE PIT
  • VINTAGE COLLECTION
  • REVIVAL 60/70/80
  • ITALIA: TERZA VISIONE
  • AMERICA OGGI
  • ANIMAZIONE
  • TORINO FILM FESTIVAL
    • TORINO 31
    • TORINO 32
    • TORINO 33
    • TORINO 34-36-37
  • LOCARNO
    • LOCARNO 66-67-68
    • LOCARNO 69
    • LOCARNO 72-74-75
  • CANNES
    • CANNES 66
    • CANNES 67
    • CANNES 68
    • CANNES 69
  • VENEZIA
  • ALTRI FESTIVAL
  • SEZIONI VARIE
    • FILM IN TELEVISIONE
    • EXTRA
    • INTERVISTE
    • NEWS
    • ENGLISH/FRANÇAIS
  • SPECIAL WERNER HERZOG
  • SPECIAL ROMAN POLANSKI
  • ARCHIVIO DEI FILM RECENSITI
  • CONTATTI

LA ISLA MINIMA - Un killer tra le paludi

8/4/2016

0 Comments

 
Immagine
In una Spagna da poco uscita dal franchismo (siamo nel 1980) due detective della squadra omicidi di Madrid, Pedro (Raúl Arévalo) e Juan (Javier Gutiérrez), arrivano in un villaggio andaluso, sperduto tra le paludi del Guadalquivir, per indagare sulla sparizione di una coppia di sorelle, avvenuta nel corso di una festa paesana. Le forze dell'ordine del posto, che ancora godono e abusano del potere conferito loro dalla dittatura, brancolano nel buio e si dimostrano del tutto incapaci di affrontare un'inchiesta di tale portata.
​Gli investigatori si scontrato da subito con la mentalità gretta dei locali, poliziotti compresi, che anziché fornire informazioni si dilungano in considerazioni poco edificanti riguardo il comportamento, considerato oltremodo libertino, di Estrella e Carmen, le giovani scomparse. Quando però i corpi mutilati e stuprati delle sorelle vengono rinvenuti in un canale, Pedro e Juan comprendono di aver a che fare con un feroce assassino e pian piano, dal muro di omertà che avvolge il paese, emergono voci che riportano preziose testimonianze nonché elementi inediti da esaminare. Le due ragazze sono infatti soltanto le ultime vittime di una lista di povere donne svanite nel nulla. Lungo polverose strade sterrate, tra acquitrini, paludi e case abbandonate, scatta allora una serrata caccia all'uomo per stanare un serial killer che non conosce pietà.
​
Il regista spagnolo Alberto Rodríguez, ne La isla mínima anche co-sceneggiatore, confeziona un noir politico originale e ben girato, con una spettacolare fotografia (a cura di Alex Catalán) che immortala i paesaggi mozzafiato delle paludi della foce del Guadalquivir. Il merito di Rodriguez va comunque ben oltre i pregi stilistici dell'opera, perché La isla mínima non è solo un thriller ricco di colpi di scena dalla sceneggiatura puntuale, ma rappresenta un'analisi storica della Spagna post-franchista. La neonata democrazia spagnola fatica a scrollarsi di dosso la violenza e la corruzione del vecchio regime, dove militari incapaci, trafficanti di droga, rappresentati dello Stato venduti al miglior offerente la fanno ancora da padroni. 
In una società con scarsissima considerazione della donna, in cui le rivendicazioni per i diritti civili stentano a prendere piede, la relazione tra il nuovo che avanza e il passato che non vuole dissolversi si riflette nel rapporto tra Pedro e Juan. Il giovane Pedro è un uomo razionale e taciturno, che nutre un profondo odio per i fascisti e per tutti coloro che hanno tratto benefici dalla dittatura.
​Il suo distacco contrasta con l'atteggiamento gioviale di Juan, che attacca bottone con gli abitanti del villaggio, ama la buona cucina e le belle ragazze. Ma sotto un'indole bonaria si nasconde in realtà il “Corvo”, un membro della polizia segreta, torturatore e assassino. Juan diventa così la perfetta incarnazione del marcio di un sistema ormai sul viale del tramonto (anche il detective è malato e sta morendo), ma che non rinuncia a un ultimo colpo di coda. Emblematico in questo senso è il consiglio che un giudice dà a Pedro: “Tra poco sarà padre, dovrebbe fare attenzione a quello che fa”.
Magistrale la prova dei due protagonisti Raúl Arévalo e Javier Gutiérrez, novella coppia di investigatori del panorama cinematografico. Impossibile non cercare somiglianze e differenze con Matthew McConaughey e Woody Harrelson, superbi interpreti della prima stagione di True Detective. Anche perché le paludi del profondo sud della Spagna non sono poi tanto diverse dagli acquitrini della Louisiana. 
La pellicola ha trionfato ai Goya nel 2015, vincendo ben 10 premi, tra cui quello per il miglior film. 

Serena Casagrande

Sezione di riferimento: Eurocinema

​
Scheda tecnica

Titolo originale: La isla minima
Anno: 2014
Regia: Alberto Rodríguez
Sceneggiatura: Rafael Cobos, Alberto Rodríguez.
Fotografia: Alex Catalán
Montaggio: José M. G. Moyano
Musica: Julio de la Rosa
Durata: 105'
Uscita italiana: 30 novembre 2015
Interpreti principali: Raúl Arévalo, Javier Gutiérrez, Nerea Barros, Jesús Castro, Maria Varod, Antonio de la Torre

0 Comments

BLANCANIEVES - Fiabesco omaggio al cinema muto

15/4/2013

0 Comments

 
Immagine
Nel 2012 sono usciti sui nostri schermi due film ispirati a Biancaneve e i sette nani, la celebre fiaba dei fratelli Grimm, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro. Se Tarsem Singh in Biancaneve aveva dato sfogo a tutta la sua visionarietà unendola a toni brillanti e siparietti divertenti, Rupert Sanders in Biancaneve e il cacciatore aveva puntato su atmosfere dark e su un cast d’indubbio richiamo per gli adolescenti di mezzo mondo. Subito dopo l’uscita di queste due pellicole hollywoodiane ne è stata realizzata una terza dal regista spagnolo Pablo Berger, che ha deciso di ambientare la novella dei Grimm nell’Andalusia degli anni venti del secolo scorso. Se il privare la vicenda della sua tradizionale veste fiabesca dovesse sembrare un azzardo, il meglio deve ancora arrivare: Blancanieves, questo il titolo originale, è un film muto in bianco e nero girato in formato 4:3.
La piccola Carmen, rimasta orfana della madre morta dandola alla luce, viene allevata dalla nonna. Il padre è un ex torero famoso in tutta l’Andalusia, costretto su una sedia a rotelle in seguito a un tragico incidente avvenuto durante la sua ultima corrida, e risposatosi con una ex infermiera che lo ha voluto per marito solo per biechi interessi economici. Alla morte della nonna materna Carmencita viene ospitata nell’enorme e tetra magione del padre, che non ha mai conosciuto in precedenza, dove è sottoposta alle angherie della crudele matrigna. La ragazza recupera finalmente il rapporto col padre che in segreto le insegna l’antica arte della tauromachia, prima di essere eliminato dalla moglie che mira a sbarazzarsi anche dell’odiata figliastra, salvata appena in tempo da una compagnia girovaga di nani. Ben presto Carmen diviene un’abile e famosa torera ma i guai per lei non sono ancora finiti.
Pablo Berger, qui al suo secondo lungometraggio, prova a cavalcare il successo di critica e pubblico riscosso appena un anno prima da Michel Hazanavicius con The Artist, omaggio al cinema muto in parte sentito in parte studiato a tavolino con estrema furbizia, che ha permesso al regista francese di aggiudicarsi ben 5 Premi Oscar. L’operazione di Berger pare decisamente più genuina perché, sebbene coniughi le atmosfere fiabesche tornate prepotentemente di moda in questi ultimi anni a una certosina e accurata ricostruzione filologica delle produzioni cinematografiche antecedenti all’avvento del sonoro, ha l’ardire e l’intuizione di dare un’impronta fortemente autoctona al suo film, senza omaggiare e corteggiare il grande cinema hollywoodiano del passato come accadeva in The Artist dove Jean Dujardin evocava da subito la figura di Gene Kelly. Infatti, attraverso una fotografia calda e luminosa e una colonna sonora dove riecheggiano brani di flamenco e ritmi tradizionali andalusi, il cineasta iberico guarda in maniera romantica alla Spagna del passato, restituendo sullo schermo un’immagine quasi da cartolina che non stona e non infastidisce più di tanto, dato che si tratta pur sempre di una rivisitazione di una delle fiabe più conosciute al mondo, che quindi non deve attenersi ai rigidi schemi della verosimiglianza. 
L’estetica del cinema muto è ben riprodotta grazie al ricorso a una recitazione volutamente enfatica e a una musica d’accompagnamento finalizzata al coinvolgimento emotivo dello spettatore, con l’uso di temi cupi nei momenti più drammatici alternato a temi leggeri e brillanti nei momenti più distensivi. 
Nell’incipit di Blancanieves si apre un sipario rosso, unica concessione al colore, per lasciare spazio ai titoli di testa e a un prologo ambientato nell’arena che ritroveremo anche nella magnifica parte finale del film, con l’immancabile mela rossa avvelenata e l’aggiunta di uno dei nani del gruppo, che qui sono sei e non sette, invidioso e maligno, che saprà comunque riscattarsi prima che la vicenda arrivi alla sua conclusione.
Convince la scelta di Berger di mantenersi fedele allo spirito della fiaba a cui s’ispira, seppur in un contesto completamente diverso e con una sostanziale e coraggiosa modifica che non prevede un conciliatorio happy end ma un malinconico, struggente e intenso epilogo con una Biancaneve trasformata in uno spettacolo da baraccone dall’avidità del suo impresario. Un mondo crudele e senza principe azzurro, sostituito da un nano dolce e gentile, con lo sguardo intristito dal freak show a cui è costretto a prendere parte e che evoca un suggestivo rimando all’epocale Freaks di Tod Browning. 

Boris Schumacher

Sezione di riferimento: Eurocinema


Scheda tecnica

Titolo originale: Blancanieves
Anno: 2012
Regia: Pablo Berger
Sceneggiatura: Pablo Berger
Fotografia: Kiko de la Rica
Musiche: Alfonso de Vilallonga
Durata: 104’
Interpreti principali: Maribel Verdú, Daniel Giménez Cacho, Ángela Molina, Macarena García.

0 Comments

JESUS FRANCO - Un doloroso addio

10/4/2013

0 Comments

 
Immagine
Il 2 Aprile scorso, all’età di 83 anni, Jesús Franco (al secolo Jesús Franco Manera) si è spento in un ospedale di Málaga a causa di un ictus cerebrale, nel corso di una settimana nera per il mondo dello spettacolo e dell’arte (da Enzo Jannacci a Franco Califano fino ad arrivare a Bigas Luna, la Pasqua di quest’anno è stata a dir poco spietata). 
Nato a Madrid nel 1930, era un regista ormai di culto, estremamente prolifico (ben 199 i titoli al suo attivo, a volte firmati sotto pseudonimo), assai discusso e, in primo luogo, sottovalutato, al pari di altri grandi della cinematografia di genere come Lucio Fulci, ostacolati e attaccati per tutta la vita, per poi essere in seguito riscoperti dopo la loro morte: non è dato sapere se ora che Jess non c’è più, il suo cinema potrà finalmente godere della rivalutazione e dell’attenzione che merita, anche al di là della cerchia di estimatori che l’hanno sempre apprezzato. È stato spesso definito artefice di film scadenti e senza valore da una critica snob e sostanzialmente cieca, poiché le qualità delle sue opere vengono prepotentemente alla luce, al di là di facili accademismi e giudizi morali beceri e obsoleti. 
Jess Franco fu, in primo luogo, uno sperimentatore visivo; nel suo lavoro mise a frutto le svariate esperienze e collaborazioni che lo accompagnarono nell’arco della sua carriera: cinefilo accanito, cultore di autori come Orson Welles, Fritz Lang e John Ford, le radici della sua Arte affondano dunque in luoghi lontani dagli exploitation movies per i quali è maggiormente noto, nei quali ha saputo infondere una non comune attenzione per la forma, la fotografia, il lavoro sul colore. La musica è un'altra componente fondamentale nonché una sua grande passione, in quanto studiò come compositore e fu anche pianista e strumentista jazz: di questo genere musicale si ritrova il gusto per l’innovazione, gli accostamenti inediti e la raffinatezza delle scelte.
Collaborò con Orson Welles, uno dei suoi pilastri cinefili, per un cortometraggio, La Isla Del Tesoro (1966): l’incontro col genio statunitense fu determinante per il cineasta andaluso, poiché è proprio in quegli anni che la sua opera divenne più che mai personale, liberata e liberatoria. Delirium (1968) resta, a tutt’oggi, una della sue pellicole più rappresentative: in gran parte improvvisato sul set, dunque senza il nerbo della sceneggiatura, è il suo primo horror-erotico, onirico e visionario, uno dei manifesti di quell’incessante ricerca visiva che sarà una delle prerogative dei suoi lavori più felici.
Se si parla di Jesús Franco, non si possono non citare le sue due muse, Soledad Miranda e Lina Romay, sinistre icone erotiche dal fascino inquietante: la Miranda è stata protagonista del film più conosciuto del regista, per quanto da lui non troppo amato, Vampyros Lesbos (1971), trasposizione al femminile del Dracula di Stoker, nel quale l’attrice spagnola recitava la parte di una vampira ammaliante e aristocratica. Soledad morì tragicamente, a soli 27 anni, in un’incidente d’auto, e come sempre avviene con i trapassi prematuri e violenti, la scomparsa contribuì al suo status di personaggio di culto tra gli amanti di un certo cinema.
Lina Romay ebbe un ruolo assai importante sia nelle opere che nella vita di Franco, poiché ne fu la compagna per quasi quarant’anni, fino alla sua morte, avvenuta nel 2012  dopo una lunga malattia; impossibile non ricordarla in Un Caldo Corpo di Femmina (1973), anche lei vampira dalla carnalità irresistibilmente fatale.
Jess ci ha lasciati dunque, a poco più di un anno dalla scomparsa della donna che gli fu accanto per gran parte della sua vita, regalandoci un’eredità cinematografica numericamente monumentale, dai risultati discontinui, ma con alcuni picchi d’eccellenza, in cui eros, orrore e visionarietà sono stati amalgamati con sapienza. Un autore da riscoprire, per tutti coloro che l’hanno sempre liquidato come regista di poco conto, senza soffermarsi su quanto la sua opera sia stata, e sarà sempre, un punto di riferimento nella cinematografia di genere del Vecchio Continente.

Chiara Pani 

Sezione di riferimento: Eurocinema

0 Comments
    LE NOSTRE
    ​PAGINE UFFICIALI
    Picture
    Picture

    ​EUROCINEMA

    CATEGORIE DELLA SEZIONE

    Tutti
    Aki Kaurismaki
    Ananke
    Andy Serkis
    A War (krigen)
    Benedict Cumberbatch
    Bertrand Tavernier
    Blancanieves
    Bleeder
    Blind
    Bullhead
    Chloe Pirrie
    Cinema Britannico
    Cinema Italiano
    Cinema Scandinavo
    Cinema Spagnolo
    Cinema Tedesco
    Creation
    Death Of A Superhero
    Documentari
    Dogma 95
    Elio Petri
    Elle
    Elle Fanning
    Everyday
    Felix Van Groeningen
    Fucking Amal
    Gian Maria Volonté
    Ginger & Rosa
    Ida
    Il Caso Kerenes
    Il Grande Silenzio
    Il Mondo Sul Filo
    I Misteri Del Giardino Di Compton House
    Isabelle Huppert
    Italiano Per Principianti
    Jaco Van Dormael
    Jared Leto
    Jean-louis Trintignant
    Jennifer Connelly
    Jesus Franco
    Joachim Trier
    Kati Outinen
    King Of Devil's Island
    Klaus Kinski
    La Fiammiferaia
    La Isla Minima
    La Memoria Degli Ultimi
    La Morte In Diretta
    Lars Von Trier
    Laurence Anyways
    Leviathan
    Lina Romay
    Lotte Verbeek
    Lukas Moodysson
    Mads Mikkelsen
    Marcello Mastroianni
    Mariangela Melato
    Matthias Schoenaerts
    Melvil Poupaud
    Michael Winterbottom
    Mr Nobody
    My Nazi Legacy
    Nicolas Winding Refn
    Nina Hoss
    Nothing Personal
    Ombre Nel Paradiso
    Oslo 31 Agosto
    Pablo Berger
    Paul Bettany
    Paul Verhoeven
    Pawel Pawlikowski
    Peter Greenaway
    Rainer Werner Fassbinder
    Rams
    Romy Schneider
    Royal Affair
    Sally Potter
    Sergio Corbucci
    Shell
    Soledad Miranda
    Something Must Break
    Stellan Skarsgard
    Stephen Rea
    Submarino
    Suzanne Clement
    Tellurica
    The Bothersome Man
    The Broken Circle Breakdown
    The Guilty
    Thomas Vinterberg
    Todo Modo
    Tribeca Film Festival
    Turn Me On Dammit!
    When Animals Dream
    Xavier Dolan

    Feed RSS

Powered by Create your own unique website with customizable templates.