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PASSION - Il marchio di un vecchio leone

19/7/2013

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Negli ultimi anni assistiamo alla tendenza, diffusa sempre più di frequente da parte di una certa critica, di dare per morti e sepolti grandi cineasti che ormai da decenni sono entrati di diritto nell’immaginario collettivo con le loro opere. Ogni volta che autori del calibro di Spielberg, Scorsese e Coppola firmano un nuovo film ecco che arrivano a raffica stroncature da chi si compiace di constatare il loro presunto impasse creativo e l’inesorabile declino che spesso e volentieri è tutt’altro che dimostrato. Non fa eccezione Brian De Palma che all’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia è stato sbeffeggiato da molti per Passion, la sua personalissima rilettura di Crime d’Amour di Alain Corneau, l’ultimo film realizzato dal compianto regista francese.
Per buona parte della sua durata la trama segue pedissequamente quella dell’opera a cui s’ispira. In una multinazionale Isabelle viene presa sotto l’ala protettrice di Christine, sua diretta responsabile, determinata a scalare le gerarchie aziendali nel più breve tempo possibile ricorrendo a ogni espediente lecito ed illecito. Quando Isabelle ha un’idea geniale per una campagna pubblicitaria, Christine non esita a prendersene tutto il merito davanti ai suoi superiori. È l'inizio di una lotta senza esclusione di colpi, resa ancor più spietata e letale da una naturale attrazione/repulsione che unisce morbosamente le due donne.
Nell’ultimo lavoro di De Palma, realizzato con capitali francesi e tedeschi, giocano un ruolo fondamentale le varie fonti di ripresa, dalle telecamere di sicurezza a circuito chiuso alle videocamere dei telefonini, esattamente come accadeva in Redacted, penultima fatica del regista italoamericano presentata sempre a Venezia nel 2007. È l'ennesima riflessione sull’immagine (e sulle sue manipolazioni) in un’epoca in cui siamo tutti costantemente ripresi, di volta in volta spettatori, registi e attori delle nostre esistenze videosorvegliate.
Se nel film di Corneau le due protagoniste, le bravissime Ludivine Sagnier e Kristin Scott Thomas, erano distanti da un punto di vista anagrafico, in De Palma viene meno questo scarto generazionale – la Rapace e Rachel McAdams sono di fatto coetanee – ma si accentua la componente erotica e passionale. Ne viene fuori un’opera più torbida e intricata rispetto a Crime d’Amour, con delle sostanziali modifiche apportate allo script di partenza da De Palma, che come di consueto ha curato in prima persona la sceneggiatura. Troviamo così un terzo personaggio femminile, assente nella pellicola di Corneau, destinato a giocare un ruolo chiave nell’economia narrativa del film e a soppiantare un’altra figura, stavolta maschile, presente in Crime d’Amour. Passion è tutto declinato al femminile con le presenze maschili ridotte quasi a silhouette monodimensionali, niente più che fantocci in balia di donne in carriera machiavelliche e manipolatrici.
Per questa sua nuova incursione nel genere thriller De Palma rinnova, a distanza di vent’anni dall’ultima collaborazione per Doppia Personalità, il sodalizio artistico con il celebre compositore italiano Pino Donaggio, autore delle musiche di diversi suoi film, da Carrie a Vestito per uccidere, da Blow Out a Omicidio a luci rosse.
Passion è attraversato da una costante dimensione onirica che lo differenzia nettamente dall’originale francese, che nel suo insieme era forse più solido e impreziosito dalle ottime interpretazioni della Sagnier e della Scott Thomas, assai più efficaci e credibili rispetto alle protagoniste del remake, specie per quanto riguarda la prova di Noomi Rapace, caratterizzata da una fissità di sguardo a tratti irritante. Ha ragione d’esistere dunque questo remake che arriva a distanza di appena due anni dal film di Corneau? La risposta è affermativa ed è data principalmente dal nome del regista, un autore enorme che nella sua lunga, prestigiosa e troppo spesso sottostimata carriera ha attraversato, manipolato e piegato al suo volere i diversi generi cinematografici.
In una delle scene madri del film De Palma utilizza l’amato split screen sfoggiando tutto il suo virtuosismo ed il suo talento registico, capace di stordire lo spettatore con soggettive vertiginose. Non è da meno l’epilogo, beffardo, cinico e crudele, in cui il cineasta italoamericano ha un’intuizione geniale, assente in Crime d’Amour, e riconducibile alla sua filmografia passata contraddistinta in gran parte da omaggi sentiti e spudorati al cinema di Alfred Hitchcock. Un finale in puro stile depalmiano, con la tensione in crescendo fino all’esasperazione come in tanti suoi memorabili thriller.
Sequenze che dimostrano come il vecchio leone sia ancora in grado di graffiare e di apporre il suo inconfondibile marchio di fabbrica ad un film tuttora inedito nelle nostre sale, nonostante sia trascorso quasi un anno dal suo passaggio a Venezia, come del resto lo è anche Crime d’Amour. Speriamo che qualche distributore lungimirante provveda al più presto a colmare questa grave lacuna.

Boris Schumacher

Sezione di riferimento: America Oggi


Scheda tecnica

Titolo originale: Passion
Anno: 2012
Regia: Brian De Palma
Sceneggiatura: Brian De Palma (ispirato allo script di Crime d’amour firmato da Alain Corneau e Natalie Carter)
Fotografia: José Luis Alcaine
Musiche: Pino Donaggio
Durata: 105’
Interpreti: Rachel McAdams, Noomi Rapace, Karoline Herfurth

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