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LA STORIA DELLA PRINCIPESSA SPLENDENTE - Incanto e Magia

9/4/2015

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Presentato lo scorso anno al Festival di Cannes e approdato nei nostri cinema come evento speciale a inizio novembre, La storia della principessa splendente è uscito finalmente in home video a fine marzo. C’è solo da augurarsi che raggiunga il pubblico che purtroppo è mancato a novembre, quando venne distribuito sul grande schermo per appena tre giorni. A differenza di Si alza il vento, l’ultimo film di Hayao Miyazaki distribuito sempre per pochi giorni da Lucky Red, il recente capolavoro di Isao Takahata non ha infatti ottenuto lo stesso riscontro di pubblico. 
Ispirato a Taketori monogatari (Il racconto di un tagliabambù), uno dei racconti giapponesi più antichi e popolari risalente al X° secolo, il film ruota attorno alla figura di Kaguya, minuscola creatura dalle sembianze di una principessa ritrovata all’interno di una canna di bambù da Okina, un anziano taglialegna. Una volta arrivato a casa la piccola creatura si trasforma improvvisamente in una neonata davanti agli occhi di Okina e di sua moglie; i due decidono quindi di tenerla e di allevarla come fosse figlia loro, scoprendo presto che Kaguya cresce con una rapidità davvero incredibile e sorprendente, tanto da essere soprannominata "Gemma di bambù" dai ragazzi del villaggio. Qualche tempo dopo Okina trova nel bosco, sempre all’interno di una canna di bambù, vesti preziose e regali insieme a una considerevole quantità d’oro, con cui si convince della natura divina della bimba. L’uomo decide quindi di farle costruire un palazzo in città e di trasferirvisi in modo da introdurla alla vita di società, affinché possa conoscere pretendenti di un certo lignaggio, degni di lei. Per Kaguya, strappata dall’amata e semplice vita di montagna, è l’inizio di un percorso difficile e doloroso in cui si imbatterà in uomini nobili e potenti ma arroganti e poveri di spirito. 

La storia della principessa splendente, progetto inseguito a lungo da Takahata, ha richiesto ben otto anni di lavorazione, con un incredibile sforzo produttivo (pari a cinque miliardi di yen) che purtroppo non è stato premiato dal pubblico, nemmeno nel paese del Sol Levante dove l’ultima opera di Miyazaki aveva registrato incassi stellari. Un destino triste e beffardo per quello che rischia seriamente di essere l’ultimo film d’animazione del cofondatore dello Studio Ghibli, che il prossimo ottobre compirà ottant’anni. 
In questo suo nuovo lavoro il maestro giapponese adotta uno stile in parte già sperimentato nel precedente My Neighbors the Yamadas, tuttora inedito in Italia sebbene siano già passati quindici anni dalla sua realizzazione. Il tratto del disegno è grezzo ed essenziale, i contorni sembrano fatti a carboncino mentre per i colori si fa ricorso agli acquerelli. Una scelta stilistica lontana dalla maggior parte dei lavori dello Studio Ghibli, in grado di conferire grande fluidità, dinamicità e plasticità alle immagini e di rendere al meglio i cambi d’umore della protagonista. A tal proposito è impossibile non citare l’incredibile scena della fuga – immaginaria – di Kaguya dal banchetto di nominazione, organizzato per festeggiare il suo ingresso in società, resa attraverso un brusco cambio del tratto di matita che diviene secco e nervoso, a sottolineare il repentino cambio di stato d’animo della giovane principessa, sconvolta e rattristata dai commenti stupidi e volgari di alcuni uomini presenti alla festa. 
L’incanto e la magia di un’antica fiaba emergono con forza dai disegni di Takahata, che descrive il passare delle stagioni con un tocco unico e sorprendente; la tavolozza cromatica, con i suoi colori intensi e luminosi ma al contempo lievi e delicati, rende al meglio l’arrivo della primavera in uno scenario puro, semplice e incontaminato che fa da sfondo ai primi anni di vita della principessa splendente, costretta poi ad abbandonare la vita di montagna per quella di città, scandita da regole rigide e complesse. 
Istruita alle buone maniere, alla calligrafia e all’arte della musica, chiusa in una sorta di gabbia dorata dal padre adottivo che sogna per lei una vita da nobildonna, Kaguya si rinchiude in se stessa, diviene sempre più silenziosa e solitaria, avvinta e sacrificata a una vita che non ha scelto. Nel frattempo la sua fama si estende, la sua bellezza diviene leggendaria e i pretendenti aumentano a dismisura, così come cresce il rimpianto e la nostalgia per la vita di un tempo, passata in compagnia dei ragazzi della montagna. Solo il meraviglioso spettacolo della natura, elemento da sempre ricorrente e caro allo Studio Ghibli, sinonimo di vita, gioia e serenità, nel suo mutare, fiorire e sbocciare può mitigare la tristezza della principessa, che si ritrova suo malgrado a essere circondata e desiderata da uomini ottusi, subdoli e lascivi. Un mondo a lei estraneo, lontano dal suo animo puro, nobile e dolente, che anela a una felicità perduta e ormai lontana. 
Nel finale, poetico e fiabesco, si raggiungono vette sublimi esaltate dalle note soavi composte dal maestro Joe Hisaishi, che alla sua prima collaborazione con Takahata realizza una partitura incantevole e ispiratissima. Immagini evocative, di una bellezza abbacinante, per un epilogo lirico e straziante come raramente capita di vedere di questi tempi.

Boris Schumacher

Sezione di riferimento: Animazione


Scheda tecnica

Titolo originale: Kaguyahime no monogatar
Anno: 2013
Regia: Isao Takahata
Sceneggiatura: Isao Takahata, Riko Sakaguchi
Musiche: Joe Hisaishi
Durata: 137’
Uscita italiana: 3 novembre 2014

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ARRUGAS (RUGHE) - Amicizia tra anzianità e malattia

27/9/2013

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Un direttore di banca sta leggendo con attenzione dei documenti; si rivolge poi a una giovane coppia e con fermezza nega loro la concessione di un mutuo. All'improvviso, l'ufficio del dirigente diventa una stanza da letto e le scartoffie riposte sulla sua scrivania si tramutano in un piatto di minestra. Emilio non è più un cinico contabile dalla chioma scura, bensì un canuto signore che si rifiuta di consumare la cena che gli è stata servita. Il figlio e la nuora attendono impazienti che l'anziano termini il proprio pasto per poter finalmente uscire.
Emilio non lo sa ancora, ma è malato di Alzheimer, e dato che la sua famiglia fatica a prendersi cura di lui, viene trasferito in una casa di riposo.
Inizia così il film di animazione in 2D Arrugas (2011), opera prima del regista spagnolo Ignacio Ferreras nonché adattamento dell’omonimo fumetto di Paco Roca (edito in Italia da Tunué). La sceneggiatura di Arrugas è stata scritta dallo stesso Roca in collaborazione con Ferreras, Ángel de Cruz e Rosanna Cecchini (moglie del regista, conosciuta durante le fasi di lavorazione de L’illusionista di Chomet).
Lo stile pregevole e pulito del fumetto caratterizza anche la trasposizione cinematografica della storia di Emilio, che è raccontata senza retorica: a momenti di intensa ilarità si mescolano episodi di sincera disperazione. Arrugas è un'opera che fa riflettere sul potere straordinario dell’amicizia, come quella che lega il protagonista all’intraprendente Miguel, un vivace argentino che si prodiga per rendere interessanti e movimentate le altrimenti tristi e monotone giornate all’interno dell’ospizio. Sarà infatti Miguel ad aiutare Emilio nel (maldestro) tentativo di salvarsi dal passaggio al piano superiore, luogo di non ritorno per coloro che non sono più autosufficienti.
Il film colpisce per la sobrietà e il realismo con i quali vengono trattate la malattia e la vecchiaia, problematiche che fanno parte della quotidianità, ma di cui si preferisce non parlare apertamente. Non a caso l'opera è “dedicata a tutti, anziani di oggi, anziani di domani”. La pacatezza narrativa elude quindi facili e banali sentimentalismi, sebbene sia inevitabile che lo spettatore nutra un'istintiva tenerezza per i protagonisti e, in un certo qual modo, si senta direttamente coinvolto. Gli stratagemmi studiati da Emilio e Miguel per combattere l’invecchiamento e il dolore commuovono perché sono il simbolo di un’esistenza che non si vuole arrendere e che fa di tutto per aggrapparsi alla vita. Non potendo guardare al futuro, gli ospiti della casa di cura hanno soltanto due scelte: vivere appieno il presente o rifugiarsi in un mondo parallelo, correndo però il rischio di smarrire del tutto la lucidità e il contatto con la realtà circostante.
Distribuito in poche sale in tutta Italia grazie a EXIT Media, Arrugas ha ricevuto consensi e premi in molti Paesi, tanto da destare l'interesse dello studio Ghibli, che ne ha curato la distribuzione in Giappone nel giugno di quest'anno. Il lavoro di Ferreras (per esempio l'uso del piano sequenza) deve molto ai maestri Miyazaki e Takahata, verso i quali lo stesso regista ha espresso una profonda ammirazione. Ammirazione ricambiata, vista la dichiarazione di Isao Takahata: «Arrugas ha aperto nuovi orizzonti al cinema d’animazione. Sia il graphic novel che il film trattano con grande intelligenza un tema che nessuno può ignorare, anche se tutti preferiamo non pensarci: la vecchiaia».
In Giappone difficilmente si offre spazio alla cinematografia animata straniera: Ferreras ha dunque raggiunto probabilmente l’obiettivo massimo al quale può aspirare un regista non nipponico. Dispiace pertanto ancor di più che Arrugas sia tuttora immeritatamente semisconosciuto in Italia.

Serena Casagrande

Sezione di riferimento: Animazione


Scheda tecnica 

Titolo originale: Arrugas
Anno: 2011
Regia: Ignacio Ferreras
Sceneggiatura: Ángel de la Cruz, Paco Roca, Ignacio Ferreras e Rosanna Cecchini.
Disegno personaggi: Paco Roca
Musiche: Nani García
Fotografia: David Cubero
Durata: 89'
Distribuzione in Italia: EXIT Media

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UNA TOMBA PER LE LUCCIOLE - Contro la guerra

22/4/2013

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In Occidente esiste da sempre un pregiudizio molto forte nei confronti dell’animazione, un genere che spesso si è portati a ritenere, in modo affrettato e superficiale, come rivolto esclusivamente ai più piccoli. 
Chi è di quest’idea farebbe bene a recuperare al più presto Una tomba per le lucciole di Isao Takahata (cofondatore dello Studio Ghibli nel 1985 insieme ad Hayao Miyazaki), titolo distribuito direttamente in homevideo dalla Yamato e soltanto adesso, finalmente, approdato anche nelle nostre sale (con il titolo modificato in La tomba delle lucciole). Il regista del Sol Levante sceglie uno stile a tratti fortemente poetico ma al contempo saldamente ancorato alla realtà, per rappresentare tutto l’orrore della guerra in quello che è senz’altro il suo capolavoro, uscito nei cinema giapponesi nel lontano 1988 in contemporanea con Il mio vicino Totoro di Miyazaki.
Il film, tratto dall'omonimo romanzo semi-autobiografico di Akiyuki Nosaka, è ambientato nella città di Kōbe agli sgoccioli della seconda guerra mondiale. Siamo nel giugno del 1945, con la popolazione giapponese sottoposta a continui ed estenuanti bombardamenti da parte dell’aviazione americana. Durante uno di questi la madre del giovane  Seita e della sua sorellina Setsuko  viene ferita mortalmente, mentre il loro padre si trova lontano, impegnato  come ufficiale nella Marina imperiale giapponese. I due giovanissimi protagonisti vengono così accolti in casa di alcuni parenti, ma ben presto devono imparare a cavarsela da soli, per cercare di sopravvivere in mezzo a mille difficoltà, alla cronica mancanza di cibo e ai bombardamenti che proseguono incessanti, incuranti delle vite umane spezzate. 
Non era certo un’impresa semplice rappresentare tutto l’orrore e la follia della guerra attraverso un lungometraggio animato. Per riuscirci Takahata ricorre a una precisa cifra stilistica che alterna un crudo realismo a momenti toccanti e poetici di grande intensità, come nella scena in cui Seita e Setsuko catturano alcune lucciole per illuminare l’antro della caverna in cui si sono rifugiati. Il regista dimostra tutta la sua maturità e maestria nel mantenersi il più possibile sobrio e asciutto nonostante il tema trattato, senza voler indurre a tutti i costi alla lacrima facile. 
In Una Tomba per le lucciole emerge la vera natura umana che in tempo di guerra viene spogliata da ipocrisie e falsità per mostrare il suo lato peggiore fatto di crudeltà, egoismo e indifferenza. Solo i bambini, anime pure e incontaminate, si salvano da questo scenario desolante, misero e meschino conservando, nonostante tutto, la loro voglia di vivere, ridere e giocare. Davvero ispirato e struggente il modo in cui Takahata porta sullo schermo il forte legame che unisce Setsuko e Seita, col primo che si dimostra fino alla fine un fratello maggiore dall’ammirevole e ostinato istinto protettivo nei confronti della sorellina. È un ragazzo costretto a crescere troppo in fretta, con una forte dignità messa a dura prova dal tragico scenario che lo circonda. 
Una Tomba per le lucciole è un film di rara bellezza, capace di sconvolgere totalmente le nostre coscienze e di ricordarci ancora una volta l’assurdità di ogni guerra e il pesante carico di morte e distruzione che si porta dietro. Un film d’animazione giustamente privo di un finale consolatorio, probabilmente non adatto ai più piccoli ma rivolto a un pubblico adulto e a ragazzi che possano comprendere il nobile messaggio contenuto in esso, per sensibilizzarli da subito alla condanna di tutte le guerre. Non è certo casuale in quest’ottica che i protagonisti della vicenda siano giovanissimi, come avviene nella stragrande maggioranza dei film prodotti in questi quasi trent’anni di attività dallo Studio Ghibli, rinomato, ammirato e stimato a livello internazionale. 
Resta dunque la soddisfazione per il fatto che finalmente il film di Takahata faccia capolino nelle nostre sale, così com’è avvenuto negli ultimi anni con diversi altri titoli targati Ghibli, ad esempio Porco Rosso, Il mio vicino Totoro, Il castello nel cielo e Kiki consegne a domicilio.

Boris Schumacher

Sezione di riferimento: Animazione


Scheda tecnica

Titolo originale: Hotaru no haka
Anno: 1988
Regia: Isao Takahata
Sceneggiatura: Isao Takahata
Fotografia: Nobuo Koyama
Musiche: Michio Mamiya
Durata: 89’
Uscita italiana: 10-11 novembre 2015

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